Sequestri delle navi delle Ong in soccorso ai migranti, sbarchi selettivi e multe nelle mani dei prefetti, quindi del governo. Queste le prime indiscrezioni circa le norme che l’esecutivo intende varare per affrontare le criticità dovute allo sbarco di migranti sulle nostre coste. Misure che rispecchiano la posizione governativa palesata con gli ultimi accadimenti e con i decreti disposti contro la Geo Barents e la Sos Humanity. Non mancherebbe, infine, una ridefinizione dei flussi.

Il governo, dopo la relazione al Parlamento del ministro dell’Interno Matteo Piantedosi e l'incontro con i capigruppo di maggioranza, vuole ponderare le decisioni per non incorrere nell’incostituzionalità. L’intento rimane quello di porre drastici limiti alle Ong che, con le loro navi, violerebbero le misure in vigore contro gli ingressi in acque italiane.

Tutto in capo ai prefetti

La disposizione delle multe andrebbe in capo al prefetto competente e allo stesso il sequestro delle navi, se reiterano le loro operazioni. Quanto agli sbarchi, dovrebbe essere introdotto il distinguo tra viaggi a rischio (l’evento Sar, Search and Rescue) e non, sempre secondo le valutazioni delle autorità competenti: nel primo caso le navi Ong potrebbero soccorrere i migranti, nel secondo li dovrebbero lasciare al loro destino senza possibilità di approdo.

Solamente nella giornata di lunedì 14 novembre, ad esempio, oltre 1.000 persone in pericolo sono state soccorse dalla Guardia costiera italiana e sbarcate nei porti siciliani, anche con il coinvolgimento di navi mercantili, secondo quanto riferisce la Ong Mediterranea Saving Humans, ma con le nuove norme potrebbe non essere più possibile. In ogni caso sarebbe una misura che lascerebbe ampio spazio alla discrezionalità.  

Nulla di nuovo

Per gli operatori delle Ong i tentativi di fermare le operazioni delle loro navi non sono una novità. Ce lo ricorda Riccardo Gatti, responsabile di Medici senza frontiere, imbarcato sulla Geo Barents, sottolineando che dal 2014 c’è già uno “storico di azioni, decreti e provvedimenti, ma che alla fine quelli cui ci si deve sempre rifare sono gli obblighi internazionali normativi, le convenzioni di salvaguardia della vita umana in termini di recupero e soccorso, e le molteplici norme sui diritti umani”.

Il diritto internazionale

Secondo Gatti è presto per esprimere un giudizio su norme ancora non ufficiali, ma una certezza è incrollabile: “Il quadro normativo al quale autorità, governi e navi devono e dovranno sempre fare riferimento sviluppa l’obbligatorietà del soccorso in mare per le navi delle Ong e anche per quelle che non lo sono”.

Il responsabile di Medici senza frontiere rimarca che i mezzi di soccorso non governativi non si sono inventati nulla di anomalo, operano invece “secondo consuetudini nel rispetto delle regole, e tutte le azioni di soccorso rientrano in una serie di obblighi, limitazioni e legislazioni”.

Nell’agosto del 2017 era stato stilato un Codice di condotta redatto dal ministero dell’Interno per le Ong circa i salvataggi in mare e che Medici senza frontiere non aveva firmato proprio nell’assoluta convinzione che i quadri normativi devono rimanere quelli internazionali.

Parlare di ‘taxi del mare’ e di posizioni ideologiche delle Ong per Gatti è inaccettabile: “Noi operiamo in 71 Paesi in tutto il mondo, siamo dove ci sono crisi umanitarie, come anche in Italia durante la pandemia da Covid. Quella del Mediterraneo è un’altra emergenza, quindi si tratta di accuse riduttive, tendenziose e facili”.

Non esistono imbarcazioni sicure

Anche fare il distinguo tra navi sicure e non sicure vuole dire “mettere in discussione il fatto che le persone che soccorriamo sono in pericolo. L’obbligatorietà dei soccorsi in mare è basata su riscontri obiettivi e parte da diverse convenzioni e manuali di soccorso. Si tratta delle stesse linee guida previste anche in diversi assetti a livello internazionale, anche Frontex usa le stesse analisi di valutazione".

Riccardo Gatti così conclude: "Troviamo anche qui dichiarazioni false, perché il quadro normativo è chiaro ed è difficile evitare il principio dell’obbligatorietà. Noi operiamo nella quasi totalità d'imbarcazioni che costituiscono un pericolo per i migranti a causa di diverse caratteristiche redatte dalle convenzioni”.

Accuse quindi respinte al mittente, ricordando che l’obbligatorietà scatta anche quando a entrare in soccorso sono le Capitanerie di porto e che sarebbe importante che si avessero chiare le regole per la salvaguardia della vita umana.