Cinque titoli italiani vinti nel lancio del peso, dai 7 anni in Italia e una perfetta padronanza della lingua, con – persino – un qualche accento locale, nel suo caso pavese: eppure Danielle Frédérique Madam ha dovuto attendere il 2 giugno del 2021 per avere la cittadinanza del nostro paese. Lo aveva denunciato pubblicamente, Danielle, aveva manifestato sui social la propria rabbia proprio nei giorni del caso Suarez, giocatore che si pretendeva far diventare italiano senza alcuna ragione, ed erano seguiti gli insulti di un avventore nel bar in cui lavorava per mantenersi che le disse: “Tu non sarai mai italiana”. E invece, seppur con intollerabile ritardo, quella cittadinanza è arrivata. Ma a caro prezzo: “La mia carriera sportiva è stata molto danneggiata da questo ritardo – racconta a Collettiva –. Ho perso tante volte la possibilità di rappresentare l’Italia quando ne avevo l'opportunità e per una giovane come me è stato un sogno infranto”. 

Insomma, vincevi e in nazionale andavano le atlete che battevi…
Proprio così. È un po’ come frequentare l’università, dare tutti gli esami e poi sentirsi dire: mi dispiace ma non puoi laurearti. Quando sei giovane, una cosa così ti spezza le ali e infatti ha limitato gravemente il mio percorso sportivo. 

La mancanza della cittadinanza ti ha anche impedito di entrare nei Carabinieri, il cui gruppo sportivo ti avrebbe garantito la possibilità di allenarti senza troppe preoccupazioni…
Esatto. Per mantenermi ho dovuto fare diversi lavori, anzi tanti lavori spezzettati nel corso della giornata per potermi ritagliare del tempo per allenarmi. Ma un corpo che ha lavorato tutto il giorno, non è come un corpo che si è allenato e basta, ne risente. 

Ora che sei italiana potresti però riprovare…
Sì, ma i concorsi devono essere indetti, non dipende solo da me. 

In questi due anni è cambiato qualcosa rispetto alla questione cittadinanza?
Cambierà qualcosa quando si metterà mano alla legge sulla cittadinanza, che risale al ‘92,  e che assolutamente non rappresenta più le generazioni attuali. 

C’è però una proposta che riguarda lo ius scholae, vale a dire la possibilità del riconoscimento della cittadinanza italiana per i giovani con background migratorio nati in Italia o arrivati prima del compimento dei 12 anni che risiedano legalmente e che abbiano frequentato regolarmente almeno 5 anni di studio nel nostro Paese, in uno o più cicli scolastici. Cosa ne pensi?
Non mi occupo direttamente di politica, sono una cittadina come tante e però come tale giudico i risultati che si riflettono sulla mia vita e su quella di tante altre persone. Da questo punto di vista penso che lo ius scholae sarebbe un passo in avanti rispetto alla legge 91 del 92. Per le nuove generazioni rappresenterebbe già un cambiamento: poco o tanto, è bene che si cominci a fare qualcosa, visto che negli ultimi anni ci sono state solo tante chiacchiere, ma niente è stato messo in atto. 

Dal 2016 esiste lo ius soli sportivo che prevede la possibilità che giovani stranieri partecipino a competizioni per squadre italiane ma non permette loro di ottenere la cittadinanza escludendoli perciò dalle selezioni nazionali. Cosa ne pensi? È giusto o rappresenta una forma di discriminazione verso tutti gli altri e le altre?
Penso semplicemente che il mondo dello sport è più avanti della società, ma che per quanti sforzi faccia ovviamente non può “dare” la cittadinanza.

Come è stato in questi anni il tuo rapporto con la comunità di Pavia? Ti sei sentita inclusa o discriminata?
Pavia è sempre stata la mia comfort zone: sono cresciuta qui e qui ho cominciato a fare atletica. Non ho mai avuto alcuna difficoltà, anzi sono tante le persone che mi hanno supportato nei momenti più difficili, non avendo i genitori: dalla casa famiglia (dove Madam ha vissuto dall’età di 11 anni, in seguito alla morte dello zio, ndr) fino a tutti gli allenatori che ho avuto. 

Tuttavia sei nata a Douala, in Camerun. Ti  senti anche africana?
Certamente. Sono molto fiera delle mie origini e molto contenta di un percorso che mi ha portato a  riacquisire, seppur da adulta, le mie radici e la mia cultura natale. Tutto ciò mi rende più ricca: sono italiana e anche camerunense. Pienamente soddisfatta di una dualità che mi rende più forte in tanti momenti della mia vita.

Quindi torni in Camerum…
Sì, cerco di farlo spesso. Lì vivono mia mamma e mio fratello gemello. 

Anche lui un atleta?
No, aveva iniziato quando eravamo piccoli, ma poi l’ho battuto in una gara e non ha più voluto continuare!

E ora? Cosa stai facendo?
Mi sto allenando: a settembre ci saranno i campionati italiani di società. Ho lavorato duramente tutta l’estate: puntiamo allo scudetto. Tra poco avrò l'ultimo esame e poi mi laureerò in Comunicazione, innovazione e multimedialità.