“Il Tribunale di Chieti, nella sentenza del 16 giugno scorso, ha confermato la richiesta del lavoratore (D.F.) assistito dalla Fiom Cgil di Chieti attraverso il proprio legale Tommaso Troilo, posto in cassa integrazione ordinaria, senza nessun meccanismo di rotazione con i colleghi di lavoro”. Così Mirco Rota (Ufficio sindacale Fiom Cgil nazionale) e Andrea De Lutis (segreteria Fiom Cgil Chieti), rilevando che “il giudice ha sentenziato che, seppur il potere di scelta su quali lavoratori mettere in cassa integrazione spetti al datore di lavoro, tale potere non è incondizionato, ma sottoposto al limite di un rapporto di coerenza fra le scelte effettuate e le finalità specifiche cui è preordinata la cassa integrazione, con l’obbligo dell’osservanza dei principi di correttezza e buona fede”.

La norma di legge, anche anteriormente alla legge 223/’91, stabilisce “il principio della rotazione dei lavoratori sospesi in mancanza di elementi ostativi. In giudizio le prove testimoniali hanno confermato che il lavoratore ricorrente, oltre ad avere lo stesso inquadramento, aveva le analoghe capacità lavorative dei colleghi, pertanto la mancata applicazione del criterio di rotazione non trova nessuna giustificazione”.

Il giudice, proseguono i dirigenti Fiom, ha pertanto “condannato la società G.G.A. srl al pagamento dell’intera retribuzione a cui il lavoratore avrebbe avuto diritto di godere durante tutto il periodo nel quale in modo arbitrario non gli è stato consentito il rientro in servizio, costringendolo alla percezione del solo trattamento d'integrazione salariale”.

Per i metalmeccanici Cgil si tratta di “un’importante sentenza che ribadisce che, in caso di lavoratori coinvolti da sospensione per cassa integrazione, vale il principio della rotazione per distribuire nel modo più corretto ed equo possibile il sacrificio della cassa integrazione”.

La Fiom Cgil, in conclusione, esprime “soddisfazione per la conferma data dal Tribunale di Chieti e del prezioso contributo dato dall’avvocato Tommaso Troilo in tutte le fasi del ricorso, rispetto a questo importante principio antidiscriminatorio nei confronti dei lavoratori, in particolare in un periodo di forte ricorso agli ammortizzatori sociali”.