Era lo scorso autunno quando il Comitato di indirizzo e vigilanza dell’Inps (Civ) lanciò un vero e proprio allarme: oltre 1 milione e 300mila persone erano allora in attesa di essere visitate dalle commissioni mediche dell’Istituto o delle Asl per l’accertamento di invalidità civile. Stiamo parlando di uomini e donne fragilissime, spesso anziani ma anche bambini, colpiti da malattie assai gravi che avrebbero diritto a quel riconoscimento per aver accesso ad alcune prestazioni e servizi (insufficienti molto spesso ma comunque utili e necessari) dalle protesi, alle sedie a rotelle, all’assistenza.

E poi tutti i diritti, non privilegi, è bene ricordarlo, legati alla 104, dai permessi ai congedi per chi lavora, al contrassegno da apporre all’autoveicolo per accedere a parcheggi e zone a traffico limitato che, certo, non risolvono la vita ma ne migliorano la qualità. E ancora, il riconoscimento di invalidità porta con sé diversi diritti  come quello alla pensione di inabilità che all’indennità di accompagno per chi non è più autonomo.  

Un milione e trecentomila persone, esseri umani, cittadini, è una cifra enorme, che con l’emergenza Covid non c’entra nulla perché questi numeri erano gli arretrati prima che la pandemia arrivasse. Poi con il primo lockdown da marzo a maggio dello scorso anno tutto si è fermato e a quella cifra si aggiunto un trenta per cento in più di nuove domande. Non è un caso che Cgil Cisl e Uil il 30 aprile del 2020 scrissero alla Direzione generale dell’istituto chiedendo di capire cosa stesse succedendo e sollecitassero la necessità di garantire in ogni caso il servizio. La risposta arriva il 20 maggio, si spiega che laddove è possibile si esaminano i pazienti sulla documentazione medica ed anzi è stato dato un proficuo e nuovo impulso al Coordinamento generale medico legale dell’istituto e seguire questa strada. Ma gli effetti di tutto ciò non si sono visti.

Poi arriva l’autunno, i casi Covid aumentano nuovamente e con esso un nuovo lockdown, sebbene meno rigido di quello precedente. E se qualcosa per caso si era mosso, torna a fermarsi. Non è un caso che il 21 ottobre il Civ emanò una delibera con la quale “Si propone agli organi di gestione di elaborare, con urgenza, un piano straordinario per addivenire ad una contrazione dei tempi di erogazione delle prestazioni di invalidità civile”. La delibera suggeriva anche una serie di azioni, a cominciare da un reclutamento straordinario dei medici, la sospensione di altre attività mediche in modo da dedicare i sanitari agli accertamenti di invalidità e altro ancora.

Non sappiamo cosa sia successo da allora, il Piano straordinario non sembra essere stato approvato, così come non è partito il reclutamento straordinario di personale. È bene ricordare che la pianta organica dell’Istituto è talmente sottodimensionata che da oltre 10 anni a sottoporre a visita è un esercito di 1300 medici precari, lavorano con la partita Iva, senza diritti, ferie, malattie e permessi e – ovviamente – con uno stipendio assai basso. Diritti negati insomma, per chi aspetta di esser visitato e per chi quella visita dovrebbe erogarla.

Quel che è certo è che da ottobre la situazione non solo non si è sbloccata, ma si è ulteriormente aggravata. E quel che è incomprensibile è come sia possibile che tutto sia ripartito tranne le visite per l’accertamento di invalidità. Per altro, il personale sanitario, e quindi anche quello dell’Inps, è stato il primo ad avere accesso alla vaccinazione. La scorsa settimana, durante un incontro su temi previdenziali, Cgil Cisl e Uil sono tornati alla carica e hanno sollecitato i direttore generale dell'Istituto e il suo presidente Tridico a dare risposte concrete. Non tanto ai sindacati quanto ai quasi due milioni di cittadini e cittadine fragili e in difficoltà che attendono da mesi almeno una comunicazione con data certa della visita.