Braccianti agricoli sfruttati e costretti a lavorare anche 16 ore al giorno. E' quanto emerge dall'operazione 'Principi e caporali' eseguita dai carabinieri di Foggia che hanno eseguito 10 misure cautelari personali sequestrando e sottoponendo ad amministrazione giudiziaria 8 aziende. Il valore complessivo dei beni sequestrati è di circa 10 milioni mentre 6 milioni è il fatturato annuo delle aziende sottoposte a controllo giudiziario. Secondo l'accusa, tutti gli indagati "assumevano, utilizzavano o comunque impiegavano manodopera costituita da decine di lavoratori africani, allo scopo di destinarla alla coltivazione di terreni agricoli di proprietà, o comunque nella disponibilità delle suddette imprese e società, sottoponendo i predetti lavoratori a condizioni di sfruttamento e approfittando del loro stato di bisogno derivante dalle condizioni di vita precarie".

I militari dell'Arma hanno accertate e documentato le condizioni di sfruttamento cui erano sottoposti numerosi braccianti extracomunitari provenienti dall'Africa, impiegati a lavorare nelle campagne della Capitanata, tutti "residenti" nella nota baraccopoli di Borgo Mezzanone, ove insiste un accampamento che ospita circa 2000 persone, che vivono in precarie condizioni igienico-sanitarie e in forte stato di bisogno. Le indagini, coordinate dalla Procura della Repubblica di Foggia hanno preso le mosse dalla diffusa situazione di illegalità radicata nelle campagne del foggiano. Da mesi si vedevano in giro per le campagne numerosi furgoni, quasi sempre privi di assicurazione e modificati nelle caratteristiche costruttive per consentirne il trasporto anche di 20/25 persone al posto delle 9 previste per quel tipo di mezzi.

A bordo di furgoni e autovetture vetuste si vedono giovani braccianti che per guadagnare qualche soldo si prestano a lavorare anche in condizioni di evidente sfruttamento. Servizi di osservazione e pedinamento sono bastati ai carabinieri per comprendere le dinamiche: i braccianti, quasi tutti africani, venivano prelevati dalla baraccopoli di Borgo Mezzanone e da li, a bordo di precari automezzi, venivano trasportati nelle vicine campagne di Stornara nel foggiano, per poi essere impiegati a lavoro nei campi a ritmi estenuanti, spesso senza i previsti dispositivi di protezione individuale e soggetti a controlli serrati da parte dei caporali.

I militari, anche con l'ausilio di intercettazioni telefoniche, hanno così cristallizzato il sistema di selezione e reclutamento della manodopera messo in piedi dai proprietari delle aziende incriminate, padre e due figli, che avvalendosi di stretti e fidati collaboratori, italiani e non, avevano messo in piedi un apparato "quasi perfetto", che andava dall'individuazione della forza lavoro necessaria per la lavorazione dei campi, al reclutamento della stessa, fino al sistema di pagamento, risultato palesemente difforme rispetto alla retribuzione stabilita dal Ccnl, nonché dalla tabella paga per gli operai agricoli a tempo determinato della provincia di Foggia.