Il Parlamento europeo ha approvato la risoluzione che condanna l’Egitto per il mancato rispetto dei diritti umani. Nel testo si  chiede che l’Unione europea assuma iniziative per ottenere la collaborazione delle autorità egiziane sull’omicidio di Giulio Regeni e la scarcerazione di Patrik Zaki, il giovane egiziano studente all’Università di Bologna detenuto da 10 mesi senza processo.

La risoluzione parlamentare non è giuridicamente vincolante, ma è un sostegno simbolico a chi da tempo chiede il rispetto dei diritti umani violati in Egitto. Una notizia che dà forza anche all'iniziativa Stop armi Egitto. Sabato 19 dicembre dalle 11.00 alle 12.00 avranno infatti luogo in tutta Italia manifestazioni e presidi, nel rispetto delle regole contro la pandemia, davanti ai Municipi di ogni città.

La mobilitazione, promossa dalla Rete italiana Pace e Disarmo (alla quale aderisce anche la Cgil), ha lo scopo di chiedere verità e giustizia per l’omicidio di Giulio Regeni, libertà e giustizia per Patrik Zaki e il rispetto dei diritti umani e delle libertà di espressione e di associazione in Egitto come in ogni altro Paese. Come si legge nel comunicato, non si può tacere di fronte ai risultati dell’inchiesta della Procura di Roma sulle violenze e sulle torture subite da Giulio Regeni per mani di apparati statali egiziani, ai 60.000 prigionieri politici tra i quali Patrick Zaki. e a una serie di violazioni.

“La questione senza dubbio non è semplice – ci spiega Sergio Bassoli, Area internazionale Cgil -, perché l’Egitto è un Paese che storicamente gioca un ruolo di equilibrio e di cerniera nelle relazioni in Medioriente. Non dobbiamo dimenticare che ha 100 milioni di abitanti, un peso politico e un’ubicazione geografica fondamentale per garantire gli equilibri nella regione e che non ha perso un attimo per passare da essere alleato a suo tempo dell’Unione sovietica a quello degli Stati Uniti, quindi diventare promotore del movimento politico del panarabismo, con una dimensione e una visione politica oltre i suoi confini”.

Prima Mubarak e ora al-Sisi continuano a interpretare il loro ruolo, in maniera non differente da quanto fa Erdogan in Turchia: “Sono attori regionali che si considerano al di sopra della legge e del rispetto del diritto – prosegue Bassoli -. Per il ruolo che rivestono pensano di potere compiere qualsiasi nefandezza. Questo dipende dal fatto che L’Egitto significa accesso alle risorse energetiche e lotta al radicalismo islamico. Per dare la dimensione della violenza e della capacità repressiva del regime è necessario ricordare che al-Sisi è riuscito a determinato più di 1000 morti in una manifestazione contro i Fratelli musulmani. C’è poi la questione libica della protezione che l’Egitto fornisce a una delle due parti in lotta, Quella di Haftar”.  

Citando il recente episodio che ha visto la Francia conferire la Legion d’onore ad al-Sisi, Bassoli sottolinea come il Paese d’oltralpe si erga a paladino dei diritti umani e però, pur di mantenere buone relazioni con un dittatore sanguinario, prende un’iniziativa poco giustificabile alla luce, ad esempio, delle centinaia di oppositori del regime che muoiono nelle carceri egiziane senza un processo. “Le cause – spiega l’esperto di questioni internazionali della Cgil - stanno nella politica delle relazioni di Stati che guardano agli interessi specifici e vogliono mantenere come priorità l’accesso alle risorse naturali e fare crescere le commesse delle proprie aziende anziché guardare alla costruzione di situazioni stabili, basate sui diritti e la crescita della democrazia”.

La politica del giustificazionismo, del ‘non si può fare altrimenti’, “è l’inganno al quale vogliono farci credere alcuni politici adducendo che quella percorsa è l’unica strada possibile”. “Non è così – asserisce Bassoli -. La Francia sostiene che non si può collegare il rispetto diritti umani con business e allora mi chiedo a cosa collegarlo: è una dissociazione tra i nostri principi, ideali, fondamenta del patto sociale e della convivenza pacifica con accordi e affari che si possono fare con chi invece uccide, tortura, reprime e viola tutti i diritti sui quali si basa la nostra società. C’è qualcosa che non funziona in questo ragionamento”.  

L’iniziativa di sabato si pone precisi scopi: al governo italiano viene chiesto il richiamo dell’ambasciatore italiano dall’Egitto, la cancellazione degli accordi di cooperazione e vendita di armi con il regime di al-Sisi, revocando l'autorizzazione già rilasciata per la vendita di due fregate militari, e che vengano accantonate tutte le ipotesi di futuri contratti militari. Non manca l’appello all’Unione europea e ai suoi Stati membri affinché siano coerenti con i valori che stanno delle nostre democrazie, condizionando accordi e cooperazione al rispetto dei diritti umani senza derogare o barattare i principi con interessi di parte.

L’invito della Rete è a organizzare per sabato un momento pubblico e di fronte alla sede municipale della propria città, segnalare l’iniziativa alla mail segreteria@retepacedisarmo.org, leggere il testo proposto dalla mobilitazione e inviare sui social fotografie e registrazioni con gli hashtag #StopArmiEgitto #VeritàPerGiulio #LibertàPerPatrick.