Il 10 ottobre del 1944 ad Auschwitz si compiva il massacro, compiuto dai nazisti, di ottocento bambini rom. “Gli zingari - affermava il regime - hanno effettivamente mantenuto alcuni elementi della loro origine nordica, ma essi discendono dalle classi più basse della popolazione di quella regione. Nel corso della loro migrazione, hanno assorbito il sangue delle popolazioni circostanti, diventando quindi una miscela razziale di orientali e asiatici occidentali con aggiunta di influssi indiani, centroasiatici ed europei”.

Tra il 1939 e il 1945 saranno uccisi oltre 500.000 ‘zingari’ (nella sola Auschwitz, verranno uccise 19 mila persone di etnia Rom). Il 2 agosto 1944 tutti i rom e i sinti ancora presenti nel campo di Birkenau - quasi 3.000 persone, tra uomini, donne e bambini - saranno sterminati, e i loro corpi bruciati.

Così Danuta Czech nel suo Kalendarium. Gli avvenimenti del campo di concentramento di Auschwitz Birkenau 1939-1945, ricostruisce gli avvenimenti di quella giornata: “Il campo BIIe e altre baracche che fungono da alloggio e in cui si trovano ancora zingari, sono circondati da SS armate. Nel campo entrano autocarri, con i quali 2.897 uomini, donne e bambini inermi sono portati nelle camere a gas. Dopo la gassazione, i cadaveri degli uccisi sono bruciati nelle fosse scavate accanto al crematorio, poiché i forni crematori al momento non sono in funzione”.

In Italia non ci saranno specifici provvedimenti razziali contro gli ‘zingari’. Verso di loro saranno però - come per gli omosessuali - introdotte misure speciali di polizia a cominciare dal 1938, quando le famiglie nomadi che vivevano lungo i confini orientali, saranno deportate in Sardegna e in Basilicata, dove saranno lasciate libere a patto che non abbandonassero quelle regioni (nel 1926 le leggi di pubblica sicurezza portarono alla loro schedatura, classificandoli come “tipi criminali”. Una circolare del ministero degli Interni dell’agosto di quell’anno sottolineerà “l'intenzione di epurare il territorio nazionale dalla presenza di zingari, di cui è superfluo ricordare la pericolosità nei riguardi della sicurezza e dell’igiene pubblica per le caratteristiche abitudini di vita”).

Dopo l’entrata in guerra dell’Italia il 10 giugno 1940, una circolare del ministero dell’Interno ordinerà ai prefetti di predisporre il concentramento degli zingari nomadi in appositi campi. L’ordine però sarà eseguito solo parzialmente per l’opposizione dei comuni ad accoglierli sul loro territorio. Per i rom stranieri verranno creati due appositi campi, uno sul Gran Sasso in provincia di Teramo e l’altro in provincia di Isernia. I due campi dureranno fino all’8 settembre 1943, quando i carabinieri che li avevano in custodia si rifiuteranno di consegnarli ai tedeschi lasciandoli liberi di fuggire. Molti si rifugeranno in montagna e alcuni si aggregheranno ai partigiani, partecipando alla resistenza contro il nazifascismo. Una resistenza multietnica, internazionalista, migrante. Sono oltre cinquanta le nazionalità rappresentate nella resistenza italiana.

Il caso più numeroso, più noto e studiato è quello dei partigiani sovietici. Ma hanno contribuito alla nostra liberazione uomini e donne jugoslavi, polacchi, cechi, slovacchi, ungheresi, danesi, olandesi, austriaci, tedeschi, indiani, australiani, irlandesi, africani. Allo stesso modo numerosi sono stati gli italiani che hanno aiutato i partigiani di altre nazioni nella loro battaglia contro il fascismo e i suoi alleati (i volontari antifascisti nella guerra di Spagna sono l’esempio più noto ma non l’unico, al quale bisogna sommare, solo per fare alcuni esempi le Brigate partigiane jugoslave, albanesi, greche).

In tutta Europa, dovunque si è organizzato un movimento di resistenza, rom e sinti ne hanno fatto parte spesso talmente numerosi da costituire intere formazioni, spesso ottenendo il riconoscimento di una decorazione (lo stesso Hemingway in Per chi suona la campana? raccontava dei gitani attivi nella guerra di Spagna dalla parte repubblicana). Tra i tanti partigiani di etnia rom ricordiamo Amilcare Debar, Taro, nato a Frossasco in provincia di Torino il 16 giugno del 1927.  Con il nome di “Corsaro”, sarà prima staffetta e poi partigiano combattente nella 48a Brigata Garibaldi al comando di Pompeo Colajanni. Ferito in combattimento nelle Langhe, compagno d’armi di Sandro Pertini, da lui riceverà il diploma di partigiano combattente.

Così come ricordiamo che fra i dieci martiri di Vicenza, partigiani fucilati dai tedeschi l’11 novembre ’44, si conta un gruppo di quattro sinti, tutti cittadini italiani, musicisti, circensi e giostrai: Walter Catter (Vampa), Lino Festini (Ercole), Renato Mastini e Silvio Paina.

È anche grazie a loro se è stata scritta la nostra Costituzione, quella Costituzione che - ricordiamolo - recita all’articolo 3 “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali”.