Mentre quel che resta del popolo palestinese fa ritorno tra le macerie di Gaza, in questi giorni di tiepida fiducia se non verso una pace vera almeno per una tregua duratura, lo storico israeliano Ilan Pappé ci consegna il suo nuovo libro dal titolo La fine di Israele. Il collasso del sionismo e la pace possibile in Palestina (pp.287, euro 18,50), pubblicato in Italia da Fazi Editore così come gli ultimi lavori di uno studioso ormai da anni impegnato nella descrizione e l’approfondimento della questione medio orientale, offrendo un punto di osservazione sempre utile per tentare di comprenderne i processi storici e la tragica successione degli eventi.
Diviso in tre capitoli, nella prima parte del volume dal titolo “Il collasso” Pappé analizza l’esito fallimentare dei precedenti tentativi di pace, evidenziando come l’ascesa del sionismo religioso in Israele, unito alle crescenti divisioni all’interno della stessa società israeliana, si debba oggi confrontare anche con l’allontanamento dei giovani ebrei dal sionismo, e con il crescente sostegno dell’opinione pubblica internazionale alla causa palestinese che in questo ultimo periodo, dalla Global Sumud Flotilla alle numerose e partecipate manifestazioni organizzate in tutto il mondo, sembra aver ridestato una sensibilità umana e collettiva cui non si assisteva da tempo.
Nella seconda parte - “La strada per il futuro” -, Pappé cerca invece di individuare alcuni punti essenziali dal punto di vista politico e sociale per cercare di costruire un’altra Palestina, da una diversa strategia per il movimento nazionale palestinese a una giustizia “riparatoria” che guardi al modello sudafricano, compreso il diritto al ritorno dei rifugiati palestinesi sino a una ridefinizione della stessa identità collettiva ebraica.
Si arriva così alla terza e ultima sezione, dall’immaginifico titolo “La Palestina del dopo-Israele, anno 2048”, dove viene offerto uno sguardo quasi visionario verso un futuro fatto di speranza e riconciliazione, nel quale durante il corso dei prossimi anni alcuni dei mutamenti messi in atto comincino a raccogliere dei risultati positivi, descrivendo così come potrebbe costituirsi una certa “normalità” nella vita quotidiana di uno Stato palestinese democratico e finalmente decolonizzato, realizzando la coesistenza di ebrei e palestinesi, tutti cittadini messi nella condizione di godere pari diritti di fronte alla legge, guarendo in questo modo le innumerevoli e ancora sanguinose ferite che, malgrado i primi passi verso una soluzione percorribile, sono ben lontane dall’essere suturate.
Esiste dunque davvero la possibilità di un’altra Palestina, una Palestina finalmente libera, lontana dalla violenza perpetua e dalle morti, dalla carneficina di vittime civili, dall’uccisione di migliaia di bambini? Sarà quella intrapresa da Donald Trump e dai suoi più o meno decifrabili alleati la strada verso una pace reale, che porti a una convivenza quotidiana tra i due popoli? Di dubbi ne restano molti, e forse i giorni a venire potranno in qualche modo scioglierli. La lettura di questo libro aiuta a capire meglio e nel profondo la complessità della situazione, regalando qualche speranza in più.