Abbiamo conosciuto il protagonista di Storia di un figlio (Baldini+Castoldi, pp. 186, euro 16) attraverso un altro libro, Nel mare ci sono i coccodrilli, tra i più importanti successi editoriali dell’ultimo decennio, tradotto in oltre trenta paesi.

Ci raccontava le avventure, se così vogliamo definirle, di un bambino costretto dalle circostanze della vita a fuggire in solitudine dal suo luogo di nascita, un villaggio dell’Afghanistan, per arrivare in Italia dopo qualche anno e dopo aver attraversato Pakistan, Iran, Turchia e Grecia. La città di Torino diventa la sua nuova terra, e un nuovo mondo da scoprire.

Esattamente dieci anni dopo, le pagine di Storia di un figlio ci portano ora a conoscere quanto accaduto nell’arco di questo tempo, attraverso la voce di Enaiatollah Akbari e la scrittura di chi in entrambe le circostanze è riuscito mirabilmente a rendere questa voce, l’autore Fabio Geda. Un connubio anche stavolta perfettamente riuscito, che rivela il rapporto umano consolidatosi tra loro.

Parla Fabio Geda

 

 

Il romanzo dunque si presenta al lettore non soltanto come il resoconto letterario della vicenda di un bambino nel frattempo divenuto uomo, ma una riflessione congiunta su molti argomenti che ci riguardano, che ci toccano nel profondo, di cui spesso non riusciamo più ad accorgerci. Quella di Enaiat è infatti, per molti aspetti, una storia esemplare, di quelle orientate dal destino, un destino che per una volta ha restituito buona parte di ciò che aveva tolto.

Raggiunta una certa stabilità, determinata da studi universitari, una serie di lavori saltuari sino a quello di magazziniere presso il dipartimento di Biotecnologie, e un’abitazione divenuta subito luogo d’incontro e punto di riferimento per molti altri ragazzi, Enaiat cerca di ritrovare ciò che manca, ciò che non può dimenticare pur avendolo rimosso per un lungo periodo, in modo da attutire il dolore.

Grazie al padre di un amico riesce a recuperare un contatto telefonico con la mamma, un rapporto mai scalfito neanche quando, da giovane uomo, ha ripensato alla scelta compiuta dalla madre quella mattina, mai abbastanza lontana, in cui decise di spedire suo figlio verso l’ignoto, per evitare le ritorsioni minacciate da balordi dopo la morte del papà, e l’aggravarsi della situazione nel resto del Paese a pochi anni dall’attacco alle Twin Towers di New York.

Ma le complicazioni della vita tendono a rigenerarsi, soprattutto in certe zone del mondo che mai trovano quiete, e a Enaiat non basta più sostenere economicamente la sua famiglia da lontano; così, mentre le notizie del fratello scarseggiano, anch’egli allontanatosi dalla terra natìa, decide che è arrivato il momento di tornare indietro (da qui il sottotitolo del romanzo, “Andata e ritorno”), soprattutto per assistere la sorella rimasta in Pakistan e in attesa di un quinto figlio, che dopo quattro bambine potrebbe essere un maschietto. Le bambine sono cresciute, ma quando lo zio bussa alla loro porta lo riconoscono subito, pur senza averlo mai veduto.

Parla Enaiat

 

 

Durante il suo soggiorno il nipote arriva e arriva anche l’amore, improvviso e inatteso, e con tutte le conseguenze del caso, che nella specifica cirocostanza vuol dire scontrarsi contro una burocrazia infernale, che per qualche tempo non permetterà il ricongiungimento con l’amata Fazila una volta tornato in Italia.

Nell’aggrovigliarsi e nello sciogliersi delle vicende il libro diviene lo strumento per ripensare la nostra contemporaneità, guardando al tema dei migranti senza retorica o commiserazione, anzi mostrando come le opportunità che possono aprirsi si trasformino in occasioni di incontro, di scambio culturale, di vita. Allo stesso tempo, alcuni passaggi emozionanti, se non commoventi, continuano a interrogarci su questioni ancora irrisolte, che hanno a che fare con temi quali l’accoglienza, lo status di rifugiato, il diritto a costruirsi un’esistenza diversa da quella di partenza; soprattutto, il motivo per cui ancora oggi tanti bambini siano costretti a sopportare le stesse sofferenze subite da Enaiatollah Akbari prima di trasferirle su una pagina scritta, e dunque senza avere la sua fortuna, quella di aver incrociato casualmente la strada di una persona attenta e sensibile, in grado di tradurre attraverso un’ispirata penna l’incredibile vicenda della sua esistenza.

Se vi capiterà di incontrare Enaiat per strada, o in uno dei tanti eventi organizzati insieme a Fabio Geda nelle librerie, in qualche festival letterario, o in una delle numerosissime scuole visitate in questi anni, provate a fissare il suo sguardo e a leggere, oltre il libro, la profondità e la dolcezza dei suoi occhi: scoprirete che il mondo potrebbe essere ancora un luogo dove c’è chi cerca di mescolare la speranza al desiderio di migliorarlo..