La Legge di bilancio, se confermata, si abbatterà come una scure sul settore del cinema, con oltre mezzo miliardo di tagli. Per la precisione 190 milioni al tax credit per il 2026 e 240 milioni dal Fondo per il cinema e l’audiovisivo per il 2027. Per fare un rapido conto: il fondo oggi è fissato, dalla legge 14 novembre 2016, ''in misura non inferiore a 700 milioni di euro annuii''. Questa espressione viene sostituita da ''in misura non inferiore a 510 milioni di euro annui per l’anno 2026 e a 460 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2027''.

“Rischio crollo occupazionale”

“Se si verificassero i tagli previsti nella bozza in circolazione – sostiene la segretaria nazionale Slc Cgil Sabina Di Marco - il settore del cineaudiovisivo subirebbe il crollo occupazionale più volte e da più parti annunciato”. Parliamo di decine di migliaia di posti di lavoro che verrebbero spazzati via, in un settore già fortemente messo in crisi: prima la pandemia, poi la “minaccia” di riforma sul tax credit targata Gennaro Sangiuliano, ex ministro della Cultura, sul quale il governo non sembra dunque voler indietreggiare.

I ritardi del Governo sul tax credit

“Si passerebbe da circa un 20% di flessione dell’occupazione dal 2024 al 2025, sicuramente imputabile a diversi fattori di ordine strutturale – prosegue Di Marco - ma altrettanto certamente ai colpevoli ritardi del Governo nel legiferare ed erogare gli stanziamenti per il tax credit. Che ha investito le piccole imprese come un treno in corsa falcidiando il tessuto produttivo che costituisce anch’esso il luogo della sperimentazione e della vitalità culturale del nostro Paese”.

Una condanna a morte per le piccole imprese

C’è da ricordare, infatti, che la misura del tax credit – introdotta analogamente da paesi come la Germania, la Francia e l’Inghilterra, e in alcuni casi proprio sulla falsariga del modello italiano – ha tra i principali obiettivi quello di sostenere lo sviluppo delle piccole e medie imprese. Quelle che, in Italia, rappresentano l’ossatura del sistema produttivo cinematografico, al di là delle grandi case di produzione. Vero è, dunque, che il tax credit attualmente si configura come erogazione di fondi “a pioggia” (questa una delle principali critiche che aveva mosso l’ex ministro della Cultura). Tuttavia, si tratta di una misura “a rimborso”, riconosciuta solo a opera finita, certificazione dei costi sostenuti, fatture emesse e controlli effettuati.

La riforma mancata del cineaudiovisivo

Ciononostante, va sottolineato che la manovra 2026 interesserà anche le grandi imprese e i prodotti finanziati da Rai e Mediaset. “Se il Governo intende riformare il settore del cineaudiovisivo, cosa a nostro avviso necessaria e da anni richiesta dal sindacato - osserva la segretaria nazionale Slc Cgil - non può farlo in maniera surrettizia togliendo fondi, ma deve trovare un dialogo costruttivo che dia risposte ed implementi lo sviluppo”.

“Le imprese: Prepariamoci a crisi certa”

Un dialogo che organizzazioni sindacali e associazioni di categoria hanno più volte sollecitato. L’allarme per i posti di lavoro viene, infatti, anche dalle imprese. Alessandro Usai, presidente di Anica, che rappresenta la filiera del cineaudiovisivo, lo ha lanciato in un’intervista al Sole24ore: “Prepariamoci, perché, se confermate, con queste misure il mondo del cinema in Italia si avvia a crisi certa”. Mentre i registi e gli autori avvertono, con Francesca Comencini che interviene su Repubblica in quanto presidente di 100autori: “Le risorse destinate al settore non sono ‘regali’. Sono parametrate alla ricchezza che produce”.

Investimenti sì, tagli no

Tutti concordi, dunque – sindacati, imprese e lavoratori – nel sostenere che la manovra finanziaria proposta dal Governo avrà un impatto devastante sull’occupazione nel settore se non s’introducono correttivi. Ma “soprattutto non dà alcun vantaggio economico in termini di poste economiche da spostare su altri comparti. - fa notare il comunicato della Slc Cgil - Il settore della cultura necessita di investimenti (saranno circa vent’anni che si assiste alla riduzione di investimenti nello spettacolo da sempre fanalino di coda delle politiche pubbliche) e non di manovre che irragionevolmente minano la funzionalità di alcuni comparti e la loro competitività”.

I costi della mancata occupazione

Un altro aspetto messo in evidenza dalle organizzazioni sindacali è che la disoccupazione, prevedibile come conseguenza dei tagli in manovra, rappresenterà un costo significativo in termini di misure di sostegno a carico dell’Inps. Un circolo vizioso senza fine, per altro in un settore già caratterizzato da misure ancora inadeguate a dare risposte ai lavoratori del settore dello spettacolo. “A questo si affianca l’ormai improcrastinabile necessità di rafforzare quelle misure necessarie a garantire sicurezza sociale costante – ribadisce Di Marco - e che nel Codice dello spettacolo sono ancora solo abbozzate, ed in alcuni casi distorte.”

Tutti in piazza contro la Manovra il 25 ottobre

Su questi temi, le organizzazioni sindacali si dicono ancora in attesa di essere convocate dal governo, nonostante gli impegni presi, per costruire un sistema di welfare che sia efficace e risolutivo. “Per una manovra che punti allo sviluppo – conclude il comunicato della Slc - invitiamo alla partecipazione di lavoratrici e lavoratori e dei mondi associativi dello spettacolo alla manifestazione del 25 ottobre”.

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