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Nella vita scrivo e mi occupo di libri.
Forse non sempre emerge, ma anche tra noi che ci occupiamo di cultura aleggia spesso una sensazione di impotenza e di fatica quasi insostenibile.
Ci sembra nella maggior parte dei casi di non avere la forza o la visione per metterci in moto e agire, fare qualcosa per modificare lo status quo.
Ci pare di essere schiacciati dall’incedere del pensiero conservatore e retrivo che politicamente sta colonizzando i governi di Europa e del mondo e sentiamo che insistere nel proporre un’alternativa non porti a reali cambiamenti.
Se però ci mettiamo a cercare la parola “referendum” nei vocabolari e nelle enciclopedie troviamo che per spiegare cosa sia vengono usate molte altre parole importanti come: decisione, intervento, consenso, dissenso, modifica, proposta.
Vocaboli attivi, volti al movimento, alla scelta.
Il referendum è un gesto semplice per uscire dalla stanchezza, per esprimere la nostra presenza nel dibattito politico.
In passato sono state prese grandi decisioni attraverso i referendum sulle risorse idriche, sull’ambiente, sulle maggioranze parlamentari, sull’aborto e il divorzio.
Oggi il nuovo referendum ci impone di valutare i quesiti con attenzione e consapevolezza perché riguardano due temi nodali per i tempi in cui viviamo e per il futuro del paese: il lavoro e la cittadinanza.
Allo stato attuale delle cose, mentre sentiamo forte la depressione delle nostre aspettative politiche, rimane fondamentale considerare i pochi strumenti diretti che possediamo, non darli per scontati e servircene in coscienza per dimostrare a chi governa e a noi stessi che siamo ancora capaci di assumerci responsabilità e oneri del nostro essere cittadini e cittadine.
L’8 e il 9 giugno vinciamo lo spossamento, la pigrizia e la fatica intellettuale e andiamo a votare!
Giulia Caminito, scrittrice