Il 6 novembre del 2007 moriva a Milano Enzo Biagi, giornalista, scrittore, conduttore televisivo, partigiano, uno dei volti più popolari del giornalismo italiano del XX secolo. La sua salma (esposta per due giorni nella camera ardente dell’ospedale milanese dov’era stato ricoverato e qui visitata da centinaia di personalità e semplici cittadini), sarà stata tumulata accanto a quella della moglie e della figlia nel cimitero di Lizzano in Belvedere, a Pianaccio. Sulla giacca il distintivo dei partigiani di Giustizia e Libertà, nell’aria il canto di Bella ciao. "Lo portiamo nel posto da dove, come lui diceva, 'Non sono mai partito'", diranno le figlie Bice e Carla.

La messa sarà officiata dal cardinale Ersilio Tonini, suo vecchio amico, alla presenza del presidente del Consiglio Romano Prodi (presenti anche  il ministro delle Comunicazioni Paolo Gentiloni, il presidente della Rai Claudio Petruccioli, il sindaco di Bologna Sergio Cofferati e il presidente della Regione Emilia-Romagna Vasco Errani, il sindaco di Roma Walter Veltroni), dei vertici Rai e di molti colleghi, come Ferruccio de Bortoli e Paolo Mieli.

“Scompare con Enzo Biagi una grande voce di libertà - commentava l’allora presidente della Repubblica Giorgio Napolitano - Egli ha rappresentato uno straordinario punto di riferimento ideale e morale nel complesso mondo del giornalismo e della televisione, presidiandone e garantendone l’autonomia e il pluralismo. Il suo profondo attaccamento - sempre orgogliosamente rivendicato - alla tradizione dell’antifascismo e della Resistenza, lo aveva condotto a schierarsi in ogni momento in difesa dei principi e dei valori della Costituzione repubblicana. L’amore per l’Italia e la conoscenza della storia nazionale avevano ispirato la sua opera di scrittore e le sue indagini nel vivo della realtà italiana”.

“Se n’è andato Enzo Biagi, maestro di giornalismo e partigiano di Giustizia e Libertà - scriveva Patria indipendente - Ci ha lasciato a distanza di cinque anni dal tristemente noto ‘editto bulgaro’, pronunciato il 18 aprile 2002 a Sofia da Silvio Berlusconi, che lo accusava di aver fatto ‘un uso criminoso e personale della televisione pubblica’, in associazione con il giornalista Michele Santoro ed il comico Daniele Luttazzi. Tutto per un’intervista a Roberto Benigni, andata in onda nella sua trasmissione Il fatto, proprio alla vigilia delle elezioni che avrebbero portato il Cavaliere a Palazzo Chigi per la seconda volta”.

“Signor presidente - commentava quel giorno il giornalista - dia disposizioni di procedere perché la mia età e il senso di rispetto che ho verso me stesso mi vietano di adeguarmi ai suoi desideri (…). Sono ancora convinto che perfino in questa azienda (che come giustamente ricorda è di tutti, e quindi vorrà sentire tutte le opinioni) ci sia ancora spazio per la libertà di stampa; sta scritto - dia un’occhiata - nella Costituzione. Lavoro qui in Rai dal 1961, ed è la prima volta che un Presidente del Consiglio decide il palinsesto (…). Cari telespettatori, questa potrebbe essere l’ultima puntata del Fatto. Dopo 814 trasmissioni, non è il caso di commemorarci. Eventualmente, è meglio essere cacciati per aver detto qualche verità, che restare a prezzo di certi patteggiamenti”.

Biagi tornerà ufficialmente in televisione il  22 aprile 2007 con RT Rotocalco Televisivo. In apertura diceva:

Buonasera, scusate se sono un po’ commosso e magari si vede. C’è stato qualche inconveniente tecnico e l’intervallo è durato cinque anni. C’eravamo persi di vista, c’era attorno a me la nebbia della politica e qualcuno ci soffiava dentro… Vi confesso che sono molto felice di ritrovarvi. Dall’ultima volta che ci siamo visti, sono accadute molte cose. Per fortuna, qualcuna è anche finita. Ci sono dei momenti in cui si ha il dovere di non piacere a qualcuno, e noi non siamo piaciuti. Vi dico subito che il nostro programma, RT, si ispira ai fatti che accadono ogni giorno. Cercheremo di raccontare la vita di tutti. Personalmente sono convinto che quello che manca agli italiani è la speranza. Ricominciamo. Posso fare soltanto una promessa. Mia madre, terza elementare, mi diceva: mai dire bugie. Ho sempre cercato e cercherò di darle ancora retta. Rotocalco Televisivo inizia in un’occasione che mi pare del tutto speciale: fra tre giorni è il 25 aprile. Per gli italiani è una data che è parte ormai essenziale della loro storia: hanno acquistato il diritto della parola. Possiamo dire, voi ed io, tutto quello che pensiamo.
In questi giorni si ricorda la Resistenza. Mi permetto di dirvi che non è solo storia passata: anche oggi c’è sempre da resistere a qualcosa, a promesse, a tentazioni, a corse al potere. La Resistenza non è mai finita: per tanti Italiani il mese ha una settimana in più, per alcuni, poi, di Italie ce ne sono due o tre, non solo il nord e il sud, ma anche quella di chi è troppo ricco e di chi è troppo povero. Ma per noi di Italia ce n’è una sola: questa. La mia generazione ha vissuto e sofferto la guerra del fronte, quella dei bombardamenti, quella delle stragi, ma c’è un’altra guerra meno evidente, meno clamorosa, oso dire meno spettacolare, che si deve combattere ogni giorno contro le ingiustizie, le prepotenze, le lusinghe e gli abusi del potere, di tutti i poteri. Il mio pensiero va ai miei colleghi, ai miei compagni di lavoro caduti sui tanti fronti di guerra, e anche nelle nostre città, vittime di agguati e di crudeltà, che non dovrebbero esistere mai, tanto meno in questo che forse impropriamente è detto tempo di pace. Avevano solo voglia di raccontare.
Vent’anni fa Primo Levi poneva fine al dramma della sua vita, segnata dalle persecuzioni e dal dolore. Ha raccontato al mondo le persecuzioni e il dolore di chi ha conosciuto i lager. E il senso di colpa chi è sopravvissuto. Resistere non vuol dire soltanto cercare di opporsi ai rastrellamenti, alle persecuzioni, alle sopraffazioni. Ma comportarsi ogni giorno con il rispetto degli altri.

La trasmissione andrà in onda per sette puntate, oltre allo speciale iniziale, fino all’11 giugno 2007. Sarebbe dovuta riprendere nell’autunno successivo, ma la ripresa non fu possibile a causa dell’improvviso aggravarsi delle condizioni di salute del suo conduttore. Ricoverato per oltre dieci giorni in una clinica milanese, a causa di un edema polmonare acuto e di sopraggiunti problemi renali e cardiaci, Enzo Biagi morirà la mattina del 6 novembre 2007. “Si sta come d’autunno sugli alberi le foglie”, aveva detto pochi giorni prima ad un’infermiera - ma tira un forte vento”.