Il 12 febbraio 1924 viene dato alle stampe a Milano, in Via Santa Maria alla Porta nei pressi di Corso Magenta, il primo numero de l’Unità, quotidiano degli operai e dei contadini. Dal 12 febbraio 1924 - primo giorno di pubblicazione - al 31 ottobre 1926 - giorno in cui esce l’ultimo numero legale - l’Unità subisce ben 146 sequestri nazionali (23 nel 1924, 77 nel 1925, 46 nel 1926). Il giornale ha inoltre due periodi di sospensione: dal 13 al 16 gennaio 1925 e dal 10 al 22 novembre dello stesso anno in conseguenza dell’attentato a Mussolini, opera di Tito Zamboni. 

La vita legale del quotidiano è appesa a un filo e dopo numerosi arresti, sequestri e irruzioni della polizia, nell’autunno 1926 il governo ne sospenderà ufficialmente le pubblicazioni. Il 27 agosto 1927, dalla francese sede di Rue d’Austerlitz, uscirà il primo numero dell’edizione clandestina.  La sede è a Lilla (Francia) in 40, Rue d’Austerlitz.

Dal 1934 al 1939 la diffusione subisce una battuta d’arresto e diventa man mano meno intensa, ma con lo scoppio della guerra e la lotta nazifascista, il giornale prende nuova vita. Con l’arrivo degli alleati, dal 6 giugno 1944 riprende a Roma la pubblicazione ufficiale del giornale che uscirà dalla clandestinità, dopo quasi vent’anni, il 2 gennaio 1945.

Ne l’Unità, scriveva nel febbraio 2018 Pietro Spataro “corre la storia del Novecento: il fascismo e il nazismo, le violenze e l’Olocausto, la clandestinità, la morte di Gramsci, la Resistenza, l’Italia repubblicana, la Russia sovietica, le battaglie degli anni Sessanta, i grandi balzi in avanti degli anni Settanta, il terrorismo, l’arrivo di Enrico Berlinguer e lo strappo da Mosca, la sua morte a Padova, il crollo del muro di Berlino, lo scioglimento del Pci e la nascita dell’Ulivo e poi quella travagliata del Pd. l’Unità ha attraversato tutte queste fasi, nel bene e nel male. È stato un giornale nazionale, uno strumento di battaglia politica, un binocolo attraverso il quale guardare il mondo, un dizionario dei conflitti sociali, un orgoglioso status symbol. ‘E alcuni audaci in tasca l’Unità’, cantava Francesco Guccini in Eskimo per raccontare il coraggio che ci voleva in certi momenti ad andare in giro con quella testata bene in vista nella tasca”.

“L’Unità - raccontava ancora Ingrao - dai lettori veniva conservata. E si poteva leggere all’alba, ancora assonnati, sul seggiolino di un autobus, oppure a tarda sera, tra un boccone e l’altro della cena prima di andare alla riunione di sezione, o anche a letto, sull’orlo del sonno. Oppure mettere da parte, conservare questo o quel numero, che poi non sarebbe stato letto mai, dimenticato tra i fasci di carte di un armadio: questa natura curiosa di un giornale quotidiano, che durava al di là del giorno”.

Un giornale quotidiano che durava al di là del giorno, ma che non sopravviverà. Nel 1998 la società editrice (dal 1994 L’Arca, controllata dal Pds) diventerà una società per azioni (L’Unità editrice multimediale S.p.A.) e nel 2000 sospenderà le pubblicazioni. Grazie alla sottoscrizione di un gruppo di azionisti il giornale tornerà in edicola nell’aprile 2001 edito da Nuova iniziativa editoriale. Dal primo agosto del 2014 sospenderà nuovamente le pubblicazioni, riprese il 30 giugno dell’anno successivo con un nuovo assetto societario de L’Unità Srl. 

Nel giugno del 2017 per la terza volta, le pubblicazioni saranno sospese e dopo il pignoramento la testata andrà all’asta - poi sospesa - in vendita per 300 mila euro (l’annuncio sarà stato pubblicato sul sito ufficiale dell’Istituto vendite giudiziarie di Roma in mezzo tra un “Lotto unico di bottiglie di vino e birra, attrezzature e arredamento per bar” e una “Lampada infrarossi per essiccare vernici marca Infrarr Technologic star”).

“Chi avrebbe mai immaginato che una testata così bella e importante finisse all’asta?  - scriveva an ora Pietro Spataro - Chi avrebbe mai immaginato che quel nome così forte - l’Unità - che per molti è stata un simbolo di lotta e di riscatto, un nome da esibire in faccia ai prepotenti, da difendere dagli attacchi, da far circolare durante la clandestinità sotto il fascismo o da mostrare durante le manifestazioni facesse questa fine? Eppure è accaduto”.