Per chi suona la sirena è il titolo del libro pubblicato nella collana “Storia & Memoria” dell’editore Ediesse (pp. 303, € 18) che racconta la storia di Sesto San Giovanni, una storia lunga e gloriosa fatta di vita in fabbrica, di battaglie sociali e sindacali, di diritti conquistati dagli operai nell’arco dell’ultimo secolo non soltanto nel comune di quasi 100.000 abitanti situato a pochi chilometri da Milano, ma che hanno caratterizzato le lotte dei lavoratori dell’Italia intera.

Già nella prima parte si ricorda come il nome di Sesto (la “Sextum” di epoca romana) derivi dal numero di miglia che distanziano la cittadina dal capoluogo lombardo, e come nel tempo sia divenuto sinonimo di cultura di fabbrica, il simbolo di un’epoca irripetibile che non può essere rimossa, come invece sta tentando di fare l’ultima giunta comunale attraverso il suo sindaco Roberto Di Stefano, eletto con voti leghisti nel giugno del 2017, e che tra i primi provvedimenti ha voluto silenziare proprio quella sirena a cui il titolo fa riferimento, ancora oggi visibile accostandosi al vecchio ingresso della Falck Unione di via Mazzini, e che malgrado la chiusura degli stabilimenti ha continuato a suonare nel corso degli anni ogni giorno puntualmente alle ore 12.

Il cuore del libro, non potrebbe essere altrimenti, sono le conversazioni con Antonio Pizzinato curate come l’intero volume da Saverio Paffumi,  che già nel 2012 con lo stesso Pizzinato, e per lo stesso editore, aveva scritto Viaggio nel lavoro, una descrizione della storia sindacale di Sesto San Giovanni ora restituita in maniera ancora più avvolgente per i numerosi interventi contenuti, e il corpus fotografico messo insieme in particolare grazie agli Archivi storici Breda e l’Archivio del lavoro Cgil Milano.

Attraverso la voce di Pizzinato vengono cucite con il prezioso filo della memoria le tante vicende che si riferiscono soprattutto ai lavoratori (operai e impiegati) delle fabbriche del territorio (Falck, le Breda, Ercole e Magneti Marelli, arrivando sino alla “milanese” Pirelli), descrivendo la nascita del Sum, il Sindacato unitario dei metalmeccanici che anticipa quella della Flm, fino ai racconti più intensi che, per citare un solo episodio, conducono il lettore nello scantinato di Via Villa, nella sede della Camera del Lavoro di Sesto, quando Pizzinato nel 1964 vi entrò come segretario provinciale della Fiom.

Ancora prima, negli anni della seconda guerra mondiale, qui si era già combattuto per il rispetto di esigenze primarie quali il diritto al servizio mensa con interruzione dell’orario di lavoro, e lo stesso periodo vide protagonisti gli operai nell’assalto alla Casa del Fascio per liberare i deportati rinchiusi, a testimonianza di come molti partigiani maturarono proprio in fabbrica la volontà di opporsi al regime nazifascista.

Nel corso del tempo, quanto accadeva a Sesto si è sempre rivelato un laboratorio nazionale cui rivolgersi, un’avanguardia assoluta da tenere come riferimento per i livelli di contrattazione, il modello di rappresentanza, l’organizzazione di scioperi, manifestazioni e cortei, i rapporti con altre realtà sociali come studenti e altre categorie di lavoratori.     

Lungo il corso del fiume Lambro è passata tanta parte della nostra storia, forse la migliore, e a ribadirlo tra le pagine del libro sono anche i vari interventi di personalità quali Laura Bodini, figlia di un impiegato Falck, sulla difesa della salute in fabbrica; Giovanni Perfetti e la sua esperienza alla Ercole Marelli; l’impegno di Giampiero Umidi nella Fiom, poi nello Spi, iniziato con le rivendicazioni sindacali alla Breda e alla Falck; Tino Perego, recentemente scomparso, e il racconto dell’unità tra sindacalismo cattolico e cosiddetto “rosso”. E a proposito di unità sindacale, ancora le parole di Antonio Pizzinato, per ribadire come questa strada fosse stata indicata sempre lì, tra le fabbriche di Sesto San Giovanni.

Nella prefazione che apre il libro, dopo aver ripercorso i decenni che hanno caratterizzato un’epoca, l’attuale segretario generale della Cgil Maurizio Landini chiude così:

Oggi sono molti, in particolare nel mondo della politica, che premono affinché il sindacato si ritagli uno spazio corporativo o che svolga una funzione prevalentemente aziendalista. In realtà ciò approfondirebbe le diseguaglianze e renderebbe marginale il ruolo stesso del sindacato. Solo una rinnovata confederalità può arrestare la tendenza al ribasso nelle condizioni di lavoro. E proprio l’azione confederale, il ruolo della camere del lavoro, delle categorie, nella contrattazione inclusiva, sociale e territoriale, rappresenta oggi il terreno più fecondo per la ricomposizione del mondo del lavoro.

Se questa è la prospettiva, la storia di Sesto San Giovanni può insegnarci ancora molto.