La persona, i suoi bisogni primari, il territorio, l’ambiente. Nella scala di priorità che dovremo darci con la ripartenza, per affrontare le altre fasi della pandemia e per uscire dall’emergenza in cima ci sono le donne, gli uomini, la tutela del pianeta che ci ospita. È con questa ottica che secondo la Cgil bisogna affrontare tutto il resto, il dopo e il domani, per costruire il passaggio dalla crisi di questi mesi al mondo futuro che vogliamo immaginare. “Dall’emergenza al nuovo modello di sviluppo” è il documento con cui il sindacato offre riflessioni e proposte per costruire i ponti e le barche per attraversare insieme il fiume che ci troviamo davanti adesso, coniugando l’emergenza e il futuro.

“E per farlo mette al centro la difesa dell’ambiente e del territorio, come tema trasversale, punto di riferimento quando si parla di produzione, sviluppo, industria, occupazione – spiega Simona Fabiani, area delle politiche di sviluppo Cgil nazionale -. Non si possono tamponare le urgenze mantenendo tutto come era prima. Dobbiamo cambiare punto di vista perché questa pandemia ci ha mostrato che il sistema economico attuale così come è non va bene né sotto l’aspetto dell’equità sociale e neppure nel modo con cui affronta l’emergenza climatica. Prendiamo il decreto Rilancio. Contiene alcune misure per favorire la mobilità sostenibile ma esclusivamente di tipo individuale (i bonus per l’acquisto di auto ibride, monopattini e biciclette, ndr). Mentre il capitolo trasporto collettivo, che avrebbe bisogno di un potenziamento e di uno svecchiamento dei mezzi, non è stato nemmeno toccato”.

Gli strumenti già ci sono. Il Piano verde contenuto nella legge di Bilancio 2020 che bisognerebbe rendere subito operativo, rafforzandolo attraverso investimenti in efficienza energetica, reti elettriche intelligenti, rinnovabili, rigenerazione e misure per la transizione energetica. E il nuovo Piano energia e clima approvato dall’Ue, che va reso operativo.

Per il sindacato, lo Stato deve avere un ruolo centrale, deve tornare a occuparsi in maniera diretta e con nuovi strumenti regolatori del mercato, di tutti i settori. Non ultimo quello delle nuove politiche industriali e di sviluppo, che dovranno ripartire dai bisogni sociali, dai cambiamenti climatici, dalla riconversione in chiave green e dalla digitalizzazione. “Va rafforzato il ruolo di intervento diretto nei servizi essenziali, a partire da sanità, istruzione, ricerca, università, tutela del territorio – conclude Fabiani – e quello di coordinamento che favorisca la transizione ecologica e dia un nuovo indirizzo alle produzioni”.