“A differenza di quanto è trapelato in queste ore, non c'è stata alcuna stretta negoziale. È il negoziato che decide tempi e condizioni dell’accordo". Così Francesca Re David, segretario generale della Fiom Cgil, commentando l'incontro di oggi (giovedì 1 febbraio) a Roma sull'Ilva, che si è tenuto in mattinata presso il ministero dello Sviluppo economico, cui hanno partecipato il governo (era presente il viceministro Teresa Bellanova), i sindacati nazionali e di categoria, i commissari straordinari e il management di Am Investco (la multinazionale franco-indiana che intende acquisire il gruppo siderurgico). "Esaurita la fase di confronto generale sul piano industriale, non abbiamo ancora avviato il confronto sul nodo dell'occupazione" prosegue Re David: "Ribadiamo che non c'è trattativa senza l'assunzione di tutti i 14.200 lavoratori e che l'ipotesi di accordo deve essere comprensiva delle nostre richieste su organici e ambiente".

Con l'incontro odierno si è chiusa la tre-giorni di vertici romani sull'Ilva, che ha visto martedì 30 e mercoledì 31 gennaio le parti concentrarsi sugli stabilimenti di Taranto, Genova e Novi Ligure. La trattativa è stata aggiornata a lunedì 5 febbraio "per la definizione - continua il segretario generale Fiom - di un calendario serrato di incontri sulle questioni che ancora hanno necessità di ulteriori approfondimenti, a partire dal piano ambientale, dal nodo occupazionale e dal piano industriale". Per Francesca Re David "l'ipotesi di accordo deve essere comprensiva delle nostre richieste, a partire dall'assunzione da parte di Arcerlor Mittal di tutti i 14.200 lavoratori". Per giovedì 8 febbraio è prevista la riunione di tutta la delegazione trattante per fare il punto sulla vertenza”.

Gli incontri di martedì 30 e mercoledì 31 non hanno soddisfatto i metalmeccanici della Cgil. “Un passo avanti e due indietro”, così il segretario della Fiom di Genova Bruno Manganaro ha giudicato i vertici sui due impianti liguri. “Arcelor Mittal ci ha mostrato alcune slide su come funziona il loro modello di produzione, basato su centralizzazione, rapporto addetti-tonnellate e una rigida catena di comando” ha detto Manganaro, aggiungendo che la nuova proprietà intende “utilizzare le esternalizzazioni per le attività e le forniture che non considerano strategiche”. La multinazionale, ha continuato il segretario Fiom, non sarebbe stata del tutto chiara sul rapporto tra questa strategia di carattere generale e l'Accordo di programma di Genova, che prevede invece una relazione diretta tra aree e addetti: “Arcelor Mittal – ha concluso – ha ribadito di riconoscere l'esistenza dell'Accordo di programma, ma la nostra interpretazione è che ci sia un evidente conflitto tra quell'Accordo e la loro filosofia. È positivo che continui il confronto, ma non sarà certo automatico ottenere l'applicazione dell'Accordo”.

E passiamo a Taranto. “Non siamo entrati nello specifico, gli stessi vertici di Am Investco ammettono di non avere tutte le informazioni dettagliate”. Così Mirco Rota, coordinatore nazionale Fiom Cgil per la siderurgia, ha commentato il tavolo specifico sull’impianto pugliese: “Non possiamo chiudere un accordo come se facessimo una scommessa. Le scommesse si fanno a Montecarlo, non sulle vite dei lavoratori e dei tarantini”. Rota ha rimarcato che “non c'è fretta di chiudere”, ribadendo che la categoria dei metalmeccanici Cgil è “ferma sula linea zero esuberi”. Nei due incontri del 30-31 gennaio la Arcelor Mittal “ci ha spiegato – riprende Rota – che il sistema degli approvvigionamenti di materie prime e dei servizi, la locazione degli ordini e delle commesse, le risorse finanziarie, è centralizzato a livello europeo per tutto il gruppo”. Questo preoccupa i sindacati, soprattutto “per quanto riguarda la catena dei fornitori locali, sulla quale abbiamo chiesto un chiarimento”. Rota ha rilevato, inoltre, il rischio “che si scateni una concorrenza tra stabilimenti all'interno del gruppo, dove l'unica differenza potrebbe essere fatta dagli investimenti”.

Nel corso dei due vertici sull’impianto pugliese Arcelor Mittal ha illustrato il piano d’integrazione dell’llva all'interno del gruppo Europa, rivelando che il colosso siderurgico italiano sarà il quarto cluster del continente, con Taranto capofila (che dovrebbe avere un modello organizzativo simile a quello dell’impianto belga di Gand, considerato il più avanzato del gruppo). Passi in avanti vanno fatti anche sulle terziarizzazioni, che riguarderanno numerose attività (come la logistica, la manutenzione dei mezzi, le pulizie): il coordinatore nazionale Fiom Cgil ha sottolineato che resta ancora da capire “la logica con cui decidere le attività da svolgere all'interno del perimetro Ilva e quelle da terziarizzare. Parimenti resta da capire come affrontare alcuni nodi cruciali, a partire dal risanamento ambientale, fino ad arrivare all'occupazione”.

Per Taranto intanto c’è un’ottima notizia, attesa ormai da anni. S’inaugura infatti oggi il cantiere per la copertura del parco minerali dell’Ilva, la più importante opera di risanamento del sito siderurgico, contenuta nel piano ambientale (il Dpcm del 29 settembre 2017) presentato dalla Am Investco. La copertura dei parchi, si legge nel documento, sarà “un'opera di dimensioni notevoli. La copertura del solo parco minerale investirà un'area in grado di contenere 28 campi di calcio, sarà alta quasi 80 metri e larga 254 metri”. L’investimento, realizzato dalla Am Investco, è di 375 milioni di euro. La copertura avverrà in due fasi: 24 mesi da oggi per il parco minerali, e avvio dal 30 giugno prossimo per il parco fossile. Il cantiere odierno parte con otto mesi di anticipo sul previsto e i lavori saranno eseguiti in 24 , anziché in 36.

Sulla trattativa, però, aleggiano ancora due questioni irrisolte. La prima è la decisione dell’Antitrust europeo sulla violazione delle leggi per la concorrenza, da cui dipende il buon esito della vendita dell’Ilva: il responso della Ue è previsto entro il 4 aprile prossimo. “Siamo fiduciosi di riuscire a finalizzare l'acquisizione” ha detto Aditya Mittal, chief executive officer del gruppo e figlio del fondatore e amministratore delegato Lakshmi Mittal, precisando di “lavorare a stretto contatto e in modo costruttivo con la Commissione europea”.

La seconda è il mancato accordo tra governo ed enti locali sul piano ambientale, contenuto nel Dpcm del 29 settembre 2017. Nella tarda serata di lunedì 29 gennaio, infatti, l’esecutivo ha respinto lo schema di accordo sull’Ilva formulato da Regione Puglia e Comune di Taranto. “Non può essere condiviso per motivi di merito e di diritto” hanno spiegato i ministri di Sviluppo economico, Ambiente, Salute e Coesione territoriale, dicendosi invece disponibili a firmare “un accordo di programma con i contenuti del protocollo d'intesa proposto dal governo lo scorso 3 gennaio, con alcune integrazioni sugli aspetti sanitari”.

Entrando nel merito della bocciatura, il governo ha rilevato che l’accettazione dello schema proposto dagli enti locali “presupporrebbe la necessità di una completa rielaborazione del piano industriale, del piano ambientale e della stessa offerta del soggetto aggiudicatario”. Tutto ciò porterebbe, si legge nel comunicato ministeriale, al “conseguente azzeramento del lavoro fin qui fatto, al significativo allungamento dei tempi (anche per l'avvio delle misure di ambientalizzazione quali la copertura dei parchi minerari), all'annullamento degli esiti della gara svolta e al probabile avvio di contenziosi legali con l'acquirente”.

Per il governo, insomma, così si rischierebbe di far saltare l’intera vendita dell’Ilva. Una posizione ribadita oggi (mercoledì 31 gennaio) dal premier Paolo Gentiloni: “Capisco e rispetto il punto di vista del presidente della Regione Puglia e del sindaco di Taranto, ma qui stiamo parlando di un investimento di miliardi che salva 10-15 mila posti di lavoro, prevalentemente al Sud, e investe moltissimi quattrini per bonificare una delle zone più inquinate del Mezzogiorno. Non credo che gli enti locali lavoreranno per far saltare tutto”. Il presidente del Consiglio ha concluso evidenziando di “essere aperto al dialogo, ma tutto possiamo fare tranne che far scappare gli investitori che hanno messo miliardi e miliardi su questo progetto”.

(ultimo aggiornamento, ore 15)