Si sono tenute questa mattina, in Regione Veneto, le audizioni sul piano regionale per la disciplina delle attività di cava. Il tema è di particolare delicatezza in quanto da un lato investe un settore che dà lavoro a diverse persone e dall’altro solleva problematiche connesse all’ impatto delle escavazioni sul territorio, le cui ferite sono ancora evidenti a fronte delle estrazioni selvagge operate soprattutto negli anni del boom economico. Lo sottolinea la Cgil in una nota.

"Oggi – ha detto la Cgil, rappresentata da Gino Zanni e Leonardo Zucchini - un aggiornamento della legge regionale datata 1982 e del relativo Piano delle Attività di Cava è più che mai necessario; soprattutto perchè bisogna affrontare la questione con un approccio e con criteri fortemente innovativi rispetto alla vecchia normativa".

Fatta presente la mole di cementificazione avvenuta in Veneto e la disponibilità di alloggi attualmente superiore alla domanda, la Cgil "stima che il fabbisogno di materiali di escavazione indicato nella proposta di legge (32 milioni di metri cubi per i prossimi 10 anni) sia eccessivo, anche a fronte dell’elevata quantità di riserve - già approvate e sufficienti (a detta della Cgil) a soddisfare le richieste per i prossimi 25 anni - di materiali ancora disponibili oltre che del rallentamento delle costruzioni dovuto alla crisi stessa".

Inoltre, aggiunge il sindacato, "viene fatto presente che le opere infrastrutturali realizzate mediante la Legge Obiettivo 443/01 prevedono il possibile ricorso a cave di prestito, aumentando di conseguenza la potenziale escavazione. Infine la Cgil ha sottolineato con particolare vigore la necessità di sviluppare le attività di riciclo dei materiali provenienti da costruzioni e demolizioni, disincentivandone il conferimento in discarica, e costruendo nuove occasioni di lavoro nel settore del riutilizzo dei materiali inerti quale alternativa al consumo del territorio", conclude.