Il 3 ottobre il direttivo della Cgil ha approvato un ordine del giorno sui referendum che si terranno domenica 22 ottobre in Veneto e Lombardia. Si tratta, in realtà, di referendum consultivi non previsti dalla procedura costituzionale. “Le due regioni hanno deciso di chiamare i cittadini a esprimersi su due quesiti generici circa l'attivazione della procedura prevista dall'articolo 116, terzo comma, della Costituzione. La Carta, infatti, prevede la possibilità per le regioni di trattare col governo, e di ottenere, tramite una legge approvata a maggioranza assoluta dal Parlamento e quindi in un rapporto dialettico e dialogico con il governo centrale, maggiori forme di autonomia su determinate materie”. A spiegarlo, ai microfoni di RadioArticolo1, è Giordana Pallone, responsabile del Dipartimento riforme istituzionali della Cgil nazionale.

Il referendum – continua Pallone – di per sé non è previsto dalla procedura, perché è un'iniziativa delle Regioni. I testi proposti chiedono maggiori forme di autonomia in determinate materie allo stato centrale, che solo con una legge approvata a maggioranza assoluta dal Parlamento possono essere trasferite. Deve quindi esserci una condivisione, una cooperazione istituzionale a ogni livello, che prevede la stessa dicitura dell'articolo sezionale”. La Regione perciò deve interagire “in prima battuta con il Consiglio delle autonomie locali, cioè con il Consiglio di tutti i Comuni e Province” e, in un secondo momento ,instaurare “una trattativa con lo Stato centrale, che può agire con un voto qualificato. In questo iter non è previsto il referendum”.

Il referendum quindi non è necessario. “Ovviamente – continua la sindacalista – non si può essere contrari a forme di partecipazione dei cittadini. Ma, nel caso specifico, il giorno dopo il referendum non cambierà nulla. Non succederà niente che non possa succedere se non tramite l'iter previsto”. I quesiti proposti dalle regioni, tra l'altro, sono infinitamente generici e anche un po' fuorvianti. “Basti considerare che il Veneto inizialmente voleva proporre cinque referendum ai cittadini e la Corte Costituzionale ne ha bocciati quattro, lasciando valido solamente quello che poi effettivamente si voterà. Gli altri quattro quesiti erano molto più espliciti nel lasciar intendere quali sono le reali intenzioni del governatore Zaia: tenere i nove decimi dell'imposizione fiscale sul territorio. Che è poi la stessa impostazione che possiamo leggere nella delibera del Consiglio sul referendum lombardo. L'obiettivo di questi due referendum non nasconde l'impostazione leghista del Nord produttivo contro il Centro-Sud scansafatiche e parassita”.

Al di là del fatto che non siano necessari, perché non previsti dalla procedura – conclude Pallone –, la partecipazione dei cittadini è però sempre importante e non è mai in discussione. Un po' in discussione, invece, è il fatto che si voglia strumentalizzare politicamente la partecipazione dei cittadini. Per questo, l'organizzazione della Cgil tutta, e in particolare quella dei territori interessati, si è assunta l'impegno di informare i cittadini, i lavoratori e i pensionati di Lombardia e Veneto, perché siamo consapevoli e informati su come deve essere svolto l'esercizio democratico, se vorranno recarsi alle urne”.