Unilever, la multinazionale anglo-olandese, a inizio anno ha comunicato l'apertura della procedura di mobilità per 121 dipendenti, la maggior parte dei quali, 108, nella sede di Roma. Si è aperta una trattativa complicata.

“L’abbiamo chiusa il 27 marzo, portando gli esuberi da 121 a 95 – spiega ai microfoni di RadioArticolo1 (podcast) Marco Gentile, della Flai nazionale -. Purtroppo rimane l'amarezza di aver chiuso una trattativa non riuscendo a inserire tutti i lavoratori in un processo di pensionamenti attraverso l'uscita volontaria, come avevamo fatto le volte precedenti. Diciamo che la mobilità si è chiusa in maniera interlocutoria, diciamo così, perché abbiamo attivato un processo di cassa integrazione straordinaria di 12 mesi, al contempo abbiamo chiuso la procedura con i criteri della volontarietà dei pensionandi sapendo bene che alla fine col processo della cassa integrazione non avremmo risolto tutte le situazioni presenti.

Gentile elenca gli strumenti attivati, a partire dall’“esodo incentivato, una mobilità incentivata anche con buoni risultati dal punto di vista economico e di collocazioni interne ed esterne alla società, attivando anche percorsi di conversione professionale finanziati, appunto, dalla regione o da altri enti, Fondimpresa e quant'altro. Certo – spiega il sindacalista - da questo punto di vista non sapremo fino alla scadenza della cassa integrazione quali saranno i risultati, perché noi abbiamo attivato un processo di accelerazione della volontarietà mettendoci sopra, appunto, una parte economica. Quindi i primi risultati delle persone che accetteranno di uscire attraverso mobilità volontarie li avremo entro la fine di maggio”.

“L'Unilever è cambiata – prosegue Gentile -, non è più l'Unilever che conoscevamo, anche perché l'amministratore delegato è uscito dal board europeo e quindi non partecipa più alle decisioni strutturali della multinazionale, ma acquisisce solo ciò che altri decidono. E' chiaro che questo mette la situazione di Uliver Italia in una situazione di difficoltà. La nostra preoccupazione è che Unilever possa rimanere in Italia solo da un punto di vista commerciale. Tutte le iniziative che stanno mettendo in piedi, le centralizzazioni che stanno facendo in altri paesi come la Polonia, a Katowice”, mostrano che il profilo “commerciale di questa multinazionale è sempre più evidente”. “La nostra preoccupazione, - conclude Gentile -, è che avendo dal punto di vista alimentare solo il marchio Algida, in questo momento possano decidere dare fuori questa produzione, a conto terzi, oppure ad altri paesi europei dove il costo del lavoro è minore. Questa preoccupazione c'è tutta, è emersa durante le trattative”.