"Alcuni lavoratori garantiscono il funzionamento della Biblioteca nazionale a Roma sono pagati neanche con i voucher, ma addirittura con gli scontrini alimentari, nel senso che devono presentare un mazzetto di scontrini, da quello del pizzicagnolo a quello del parrucchiere, a fronte dei quali gli viene elargita, in forza della loro supposta attività volontaria, la cifra stratosferica di 400 euro mensili per 20 ore settimanali". A dirlo è Claudio Treves, segretario di Nidil Cgil, la categoria rappresenta i nuovi lavori, facendo il punto sui tre referendum promossi dalla Cgil ai microfoni di RadioArticolo1.

"Si tratta di lavoratori – prosegue il dirigente sindacale – che garantiscono il funzionamento di un'attività non certo banale per il patrimonio artistico e culturale italiano: accolgono i visitatori, fanno la catalogazione, la distribuzione, fanno la vigilanza e il controllo degli ingressi. Loro l'articolo 18 non sanno neanche cosa sia – osserva –, ma sanno bene cosa comporterebbe la soppressione dei voucher: la trasformazione in un rapporto di subordinazione con i diritti previsti dai contratti e dalle leggi”.

Per chi è rappresentato da Nidil sicuramente pesano di più i due quesiti ammessi, voucher e appalti. “Faccio un altro esempio. In Fca e nell'indotto il premio che il contratto applicato prevedeva in favore dei lavoratori dipendenti non è stato pagato ai lavoratori in somministrazione. L'unica giustificazione che a un certo punto ci fu data è perché così vuole Fiat, che non è certo una motivazione giuridicamente molto solida”. Tanto è vero che di fronte alla concreta possibilità che fosse un giudice a sciogliere il dubbio, aggiunge Treves, "siamo riusciti a passare sia con Fiat sia con l'indotto il principio della responsabilità solidale. Un principio che informa la vita di gran parte dei lavoratori che Nidil rappresenta oppure che a Nidil si rivolgono”.

Quanto al quesito non ammesso, “leggeremo con interesse le motivazioni della Corte fermo restando il rispetto totale sul giudizio che è inappellabile. Certo, incuriosisce, per non dire altro, che sia stato dichiarato inammissibile il referendum sul ripristino della reintegra nel caso di licenziamenti illegittimi a fronte del fatto che una domanda analoga molto più radicale – perché ipotizzava la soppressione di qualunque soglia dimensionale delle imprese per far valere il principio della reintegrazione – fosse stato ammesso dalla Corte nel 2003. Tanto è vero che la relatrice, la professoressa Silvana Sciarra, ha rimesso il mandato”. “Se oggi – conclude il sindacalista – la parte del Paese storicamente avversa alle tutele garantite dall'art.18 tira un respiro di sollievo, noi dobbiamo fare esattamente l'inverso e cioè dire soprattutto a coloro ai quali per paradosso la soppressione dell'art.18 non ha cambiato la vita, che si può tornare a risalire sulla china dei diritti”.