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C'è in ogni storia un cono d'ombra, un lato oscuro, un aspetto che resta ancora da chiarire e indagare. A maggior ragione se la Storia è quella d'Italia e se riguarda la sua pagina più nera, gli anni del fascismo. Tra i molti studi che si occupano della dittatura, infatti, dai classici ai più recenti ce n'è uno che finora mancava: l'indagine sull'occupazione italiana in Montenegro. Il libro di Federico Goddi colma questo vuoto. Fronte Montenegro. Occupazione italiana e giustizia militare (1941-1943) (Leg edizioni, pagg. 340, 2016) analizza un lato della guerra dimenticato, lontano dalla riflessione tradizionale, un capitolo "inedito" dell'occupazione fascista. E del suo fallimento.
Si parte da un presupposto: Stato piccolo ma con molte risorse, strategico per il controllo dei Balcani, il Montenegro rappresentava un tassello fondamentale per il piano espansionistico fascista. Progetto fallito per una serie di motivi, che l'autore esamina nel dettaglio attraverso la sua ricerca: i fascisti si scontrarono con la popolazione montenegrina, che da subito vide l'invasione "come una rapina", sviluppando sulle montagne la maggiore resistenza antifascista di tutta la Jugoslavia. All'opposizione della gente comune, poi, si aggiunge il conflitto tra autorità militari e autorità civili.
Federico Goddi, dottore di ricerca in Storia con dottorato all'università di Genova, cultore della materia in Storia dell'Europa orientale, presenta una ricostruzione certosina, frutto di anni di lavoro, come afferma lo stesso autore, interrogando con pazienza archivi e fonti in Italia, Montenegro e Serbia. La prospettiva è nuova, con molti documenti analizzati e interpretati per la prima volta: per esempio le carte inedite del Tribunale militare di Cettigne, che operò in Montenegro nel 1941-43 e che nessuno aveva mai portato alla luce.
Dalla sua ottica, lo storico riflette sull'esperienza montenegrina intrecciando varie istanze, ma con una chiave di lettura principale per spiegarne il fallimento: l'aspetto economico. "L'Italia fascista - scrive Goddi - ebbe un progetto per l'amministrazione del Montenegro, ma l'iperinflazione scatenata dall'incapacità degli occupanti di gestire il gettito fiscale fu la deblacle della via all'emancipazione economica della regione. La crisi economica determinò il tracollo dello stesso progetto fascista". Nei dati a supporto della tesi - tra i tanti - viene studiata la produzione di grano e cereali di quegli anni, molto inferiore alle attese, e la grandeur irrealizzata con l'intenzione di prosciugare il lago di Scutari (il maggiore dei Balcani) per ottenere 300mila ettari di terreno coltivabile in grado di "coprire" anche i Paesi vicini. Insomma la presenza occupante voleva instaurare "un nuovo ordine economico che invece assunse, già tra l'aprile ed il giugno del 1941, anche per i pochi montenegrini favorevoli al protettore italiano, i caratteri di una rapina".
Seguendo il filo del libro, quindi, si passa attraverso la storia del periodo di occupazione: dal tentato nuovo ordine economico alla contrapposizione tra civili e militari, dalla radicalizzazione della violenza sul territorio al funzionamento del Tribunale militare, di cui vengono spiegate sia la struttura sia le regole, con esempi delle condanne inflitte. Lo storico ricostruisce poi la rivolta del 13 luglio 1941: la popolazione insorge cogliendo di sorpresa i fascisti, si impadronisce di una parte del territorio ma, dopo un breve periodo di scontri, subisce la repressione violenta del regime. Dopo la normalizzazione, Goddi illustra il governo autoritario e il sistema di detenzione ("L'internamento dei parenti prossimi dei ribelli fu la principale misura di deterrenza"), passando per la successiva guerriglia e la parabola discendente del fascismo che segna la sconfitta del Governatorato italiano in Montenegro.
In conclusione Goddi tira le somme: per capire l'occupazione "non si può prescindere dall'analisi del contesto socio-culturale del territorio invaso", spiega, dove "le resistenze e le collaborazioni montenegrine condizionarono la condotta delle unità italiane". E ancora: "La criminalizzazione del dissenso politico e del malessere economico, anche nelle forme più minute e marginali, sono aspetti che scandirono la quotidianità". Lasciando il denso piacere della monografia a chi vorrà percorrerla, dunque, alla fine il lettore realizza di trovarsi davanti a una "scoperta storica": una pagina occulta che gradualmente viene alla luce, dimostrando - ancora una volta - il divario tra il piano fascista e la sua realizzazione, ma raccontandolo attraverso una storia che non conoscevamo.
Il volume è arricchito dalla prefazione di Nicola Labanca e dalle bellissime fotografie tratte da vari archivi, tra cui il fondo "Divisione italiana partigiana 'Garibaldi' - Montenegro": in una di queste vediamo l'immagine del Ponte sul Tara che mostra un pezzo mancante, fatto saltare in aria dai ribelli, con la scritta sul retro che recita "Civiltà all'opera". E in essi ci riconosciamo.
Il libro Fronte Montenegro. Occupazione italiana e giustizia militare (1941-1943) sarà presentato a Roma mercoledì 15 giugno, alle ore 17.00, presso la Biblioteca di storia moderna e contemporanea (Palazzo Mattei di Giove Via Michelangelo Caetani 32). Intervengono: Andrea Carteny, Lutz Klinkhammer, Amedeo Osti Guerrazzi. Sarà presente l’autore.