"Il tempo a disposizione è davvero poco, due settimane, ma ce la possiamo fare, anche perchè il traguardo è vicino. In questo momento, è la nostra battaglia principale, condotta con l'ausilio delle nostre Leghe al fianco della Cgil e delle Camere del lavoro su tutti i territori". È la segretaria generale dello Spi, Carla Cantone, che parla, a conclusione dell'iniziativa del sindacato dei pensionati Cgil a sostegno del referendum 'Stop austerità', organizzata stamane a Roma (ha coordinato i lavori Claudio Sardo, ex direttore dell'Unità). Dopo essere stato in prima linea in questi mesi per il lancio della campagna per il superamento del fiscal compact, lo Spi si prepara al rush finale per centrare l'obiettivo delle 500.000 firme necessarie.

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Impresa per niente facile da raggiungere, perchè la campagna referendaria stenta ad emergere nel dibattitto del Paese, complice il sistema dell'informazione che 'rema contro', ignorando volutamente la questione, come ha ricordato nel suo intervento, Danilo Barbi, segretario confederale Cgil: "Per ottenere un po' di spazio sui media, siamo dovuti ricorrere agli organi di vigilanza, nel disinteresse generale. E dire che, mai come stavolta, stando al sondaggio pubblicato da 'La Stampa', è stata potenzialmente così alta la disponibilità della gente ad andare a votare: il 68% contro il 60 registrato in occasione dei referendum su acqua e nucleare e appena il 15% di contrari. E in caso di elezioni, l'esito sarebbe addirittura plebiscitario, perchè il 100% della gente direbbe no alle attuali politiche restrittive". Dunque, forza e coraggio, si portino i cittadini a firmare ai tavoli, è l'appello di Spi e Cgil. Solo così si potrà contrastare la politica rigorista imposta dall'Unione europea, che, ha sottolineato nella sua introduzione ai lavori Ivan Pedretti, segretario nazionale Spi, "non solo non ha favorito la ripresa produttiva, ma ha creato difficoltà crescenti causando la recessione e il crollo dell'occupazione".

E la conferma che un cambiamento di rotta sia oltremodo indispensabile, è arrivata proprio ieri dall'Ocse. "Quei dati – ha precisato Riccardo Realfonzo, professore di Economia dell'Università del Sannio e tra i membri del comitato promotore del referendum – attestano che l'economia italiana va molto male. Le previsioni del governo di quattro mesi fa erano evidentemente ottimistiche, perchè anziché crescere dell'1% il Paese continua a rallentare, ed è prevista crescita zero anche per l'anno prossimo. A salire è invece la disoccupazione, dove stiamo andando rapidamente verso il 13%, che significa 3,5 milioni di senza lavoro, mentre tutti gli obiettivi di finanza pubblica sono saltati: dal 2,6% del rapporto deficit/Pil, non più raggiungibile, al controllo del debito pubblico che, al contrario, veleggia verso il 140%".

"La realtà - a detta del docente di Economia – è che tutte le previsioni fatte dagli ultimi nostri governi e dalla stessa Commissione Ue sono risultate sistematicamente erronee. La famosa teoria dell'austerità espansiva proposta da economisti liberisti come Giavazzi e Alesina, basata sulle politiche di accumulo degli avanzi primari, cioè risparmi fiscali, in grado di innescare la crescita, è fallita. Già nel 2010 io e altri 350 tra studiosi e accademici chiarimmo in una lettera aperta che le politiche di austerità adottate dai governi avrebbero portato all'aumento della disoccupazione e alla caduta del Pil. Oggi anche i fautori delle politiche improntate al rigore ammettono che avevamo ragione e che il problema è che bisogna sostenere la domanda e sforare i vincoli. Lo stesso Fondo monetario internazionale ha chiarito che una politica basata sui tagli alla spesa pubblica ha un effetto recessivo dirompente, soprattutto in paesi come il nostro, e il risultato è un disastro, a discapito di cittadini, famiglie, imprese, creando un processo moltiplicativo negativo che deprime la domanda di beni e servizi e sostanzialmente accresce gli effetti della crisi".

Oltretutto, ha ricordato ancora Realfonzo, sempre in tema di spesa pubblica, "l'Italia è uno dei paesi più virtuosi dell'Eurozona, considerando che negli ultimi vent'anni è stata ridotta dal 56 al 49% del Pil, ben al di sotto della media Ue, dove nella sanità la spesa è di 2.325 euro per cittadino, contro i 1.781 euro da noi; mentre nell'istruzione siamo a 1.372 euro pro capite, contro i 1.126 del nostro paese. E, allargando il contesto all'Europa, proprio chi ha fatto i maggiori tagli di spesa, in particolare i paesi periferici, ha conosciuto la crisi più grave, triplicando addirittura i tassi di disoccupazione, come nel caso di Grecia e Spagna".

Dunque, il fiscal compact, contro cui si battono i referendum, è una follia allo stato puro, hanno ripetuto i partecipanti all'iniziativa dello Spi, ed è tecnicamente impraticabile prevedendo il pareggio strutturale di bilancio, contro il quale lo stesso Obama si è sempre schierato, perchè quando l'economia è in crisi serve l'intervento pubblico e massicci investimenti, anzichè tagli di spesa. "E un'altra falsità clamorosa – ha aggiunto Realfonzo – riguarda il mercato del lavoro. Si dice, aumentiamo la flessibilità e ridurremo la disoccupazione. È vero il contrario, secondo l'Ocse, e il caso italiano lo dimostra: già prima della riforma Poletti, che ha eliminato la causalità nei contratti a termine, e dopo vent'anni di riforme, dal pacchetto Treu alla legge 30 e alla 'Fornero', avevamo gli indicatori di flessibilità nella media europea, ben al di sotto di quelli di Francia e Germania. Ma l'effetto di tutte quelle politiche sul tasso di disoccupazione si è rivelato nullo. Anzi, man mano che si è ridotta la protezione del lavoro la disoccupazione è cresciuta, e la spiegazione è semplice: riducendo le protezioni, si riducono i salari e di conseguenza la domanda e quindi le imprese producono di meno. Insomma, anche in questo campo tutte le ricette adottate hanno fallito e con la prosecuzione delle poltiiche di austerity c'è il rischio che la situazione si aggravi ulteriormente".

Insomma, bisogna voltare pagina al più presto, e l'occasione che ci offre il referendum è enorme, secondo Laura Pennacchi: "Raccogliere le firme entro la scadenza del 30 settembre è fondamentale – ha precisato l'economista –, perchè quando si parla di rottura dell'austerity, l'interesse della gente è enorme. Siamo prigionieri di un incantesimo, sul modello della 'bella addormentata nel bosco'. I cittadini sono disorientati, di fronte a una crisi sempre più grave. E c'è necessità di un risveglio non solo sul piano economico, ma anche sul piano democratico, e proprio una battaglia come questa può contribuire al cambiamento".     

"Quello contro l'austerity è anche un referendum fortemente europeista, perchè puo riequilibrare gli squilibri esistenti fra i vari paesi – ha detto Susanna Florio, del Comitato economico e sociale europeo – verso un'Europa più sociale e meno delle banche. E una riforma del genere va fatta con l'appoggio della scoietà civile e dei sindacati". 

Il referendum è decisivo, ha concluso Cantone, "e sarebbe il caso che anche il nostro governo andasse nella stessa direzione, appoggiando le nostre istanze proprio nel semestre europeo di presidenza italiana". "E bisogna far presto – ha ammonito Barbi –, perchè se va avanti così al 2016 non ci arriviamo. La deflazione in cui siamo piombati nell'ultimo anno è la malattia economica più grave che ci sia: è paragonabile al morbillo per gli Incas, che a causa di quell'epidemia vennero sterminati; è ghiaccio sui consumi, perchè anche chi può spendere non lo fa più. Se non ne usciamo immediatamente, il quadro peggiorerà, non solo in Europa, accentuando lo squilibrio sociale nel mondo".