Un tempo erano i filosofi che volevano cambiare il mondo, poi toccò ai giovani. Adesso è venuto il turno degli economisti. Alcuni di loro si sono riuniti a Roma in un “Gn ombra”, dove “n” sta per il numero infinito di G’s che si riuniscono nel mondo (G8, G20 e “g più ne ha g più ne metta”) e dopo due giorni di discussioni in un seminario ospitato dall’Università Luiss hanno elaborato in una bozza di proposta quella che secondo loro è la via d’uscita dalla crisi. Un documento che presenteranno al G8, e personalmente al ministro dell’Economia Giulio Tremonti, nella speranza che il prossimo summit delle principali economie del mondo (previsto per luglio a L’Aquila) adotti le loro raccomandazioni.

Questo gruppo di “esperti con nessun altro scopo se non quello di essere cittadini del mondo” (si legge nel documento intitolato “The ways out of the crisis and the building of a more cohesive world”) è guidato dal premio Nobel per l'Economia, Joseph Stiglitz, e dall'economista Jean-Paul Fitoussi. I due, accompagnati dal rettore della Luiss Massimo Egidi, hanno sintetizzato i contenuti della proposta in una conferenza stampa in stile assai understatement, da veri accademici, facendo la spola tra la ghiaia e il sole del cortile universitario e la calda sala dove fino a pochi minuti prima tanti cervelli si erano messi collettivamente alla prova (qui la lista di tutti i membri del Gn).

Più tasse sui ricchi...
Le proposte della bozza si articolano in più di trenta raccomandazioni, tutte (possiamo scriverlo?) orientate da e a sinistra. Basta leggere il primo capitolo, che suggerisce ai Grandi del mondo di “invertire le tendenze nella distribuzione” aumentando la progressività dell’imposizione fiscale, e in particolare le tasse per i ceti abbienti; lottando contro i paradisi fiscali e l’evasione fiscale; promuovendo la cooperazione tra i paesi così da evitare la competizione fiscale, la deflazione salariale e il dumping sociale. Gli economisti del “Shadow Gn” chiedono anche un nuovo welfare che generalizzi il diritto universale alle cure mediche e all’educazione.

... e più aiuti ai paesi poveri
Ma il capitolo sul quale Fitoussi e Stiglitz hanno insistito di più è quello dedicato agli stimoli fiscali. I due economisti sono infatti convinti che sia fondamentale destinare importanti stimoli e politiche di bilancio alle economie emergenti che non hanno le risorse per sostenere una politica fiscale anti-ciclica. Per il Gn le economie che hanno bisogno di aiuto vanno dai paesi in via di sviluppo a quelli in fase di transizione: l’Europa dell’est e centrale, l’America Latina, l’Africa subsahariana, alcuni paesi dell’Estremo Oriente. “Il gruppo – spiega Stiglitz - ha speso molto tempo occupandosi di quella parte del mondo che non ha risorse per stimolare l’economia”. “E’ importante – gli fa eco Fitoussi - redistribuire denaro a paesi sottosviluppati in modo che possano sostenere politiche di espansione. Altrimenti saranno costretti a politiche pro-cicliche e la crisi potrebbe prolungarsi per altri due o tre anni.” Aumentare gli aiuti, insomma, con un monito che Fitoussi (tra una sigaretta e l’altra, andando e venendo con un che di nervoso tra giornalisti e colleghi) lancia direttamente all’Unione europea: “Non sta facendo molto”, bisogna che sia “meno free rider” (tradotto: più altruista). E – sempre per Fitoussi – “anche il Fondo monetario internazionale dovrebbe cambiare tutto il suo atteggiamento, non dare denaro a paesi che non ne hanno bisogno. (...) Mentre la stessa cooperazione allo sviluppo non è andata bene”.

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Bailout sì, ma con equità
Nel capitolo dedicato ai salvataggi, il documento del Gn sottolinea come i governi debbano “mostrare particolare attenzione all'impatto sul bilancio, all'equità sociale e soprattutto alle ripercussioni sul credito”. E “in molti casi – secondo gli economisti - la nazionalizzazione di istituzioni finanziarie in crisi rappresenta un'opzione migliore rispetto ai salvataggi'. Roba che se lo dicesse un politico di sinistra, o un sindacalista, gli darebbero subito del vetero-comunista.

Nella bozza c’è spazio anche per proposte di regolamentazione e governance globali, per creare un 'meccanismo per il coordinamento delle politiche internazionali che raccolga non solo i principali paesi ma anche gli organismi internazionali più importanti”. Per gli economisti, inoltre, è necessario che gli hedge fund siano assoggettati a vigilanza prudenziale.

Stiglitz ammette che il Gn si è occupato soprattutto della crisi economica, ma c’è stato tempo anche per parlare di ambiente e politiche energetiche (en passant: il premio Nobel promuove a pieni voti il piano verde di Barack Obama). Al riguardo la bozza invita a ridurre le emissioni globali dell’80% entro il 2050. In particolare, si legge, “i paesi industrializzati dovrebbero ridurle tra il 25% e il 40% entro il 2020”.

La crisi non è finita
Mentre parla di catastrofi economiche globali, Stiglitz non smette d’indossare sotto la barba un sorriso mezzo ironico e mezzo saggio che deve averlo reso famoso presso tutti i suoi interlocutori (studenti, colleghi, politici). Ed è sorridendo che avverte: 'Alcuni vedono segnali di ripresa e pensano che la crisi sia dietro di noi. Ma sarebbe sbagliato ritenere che la recessione mondiale sia finita”. Per il premio Nobel bisogna invece “convivere con l'idea che la debolezza dell'economia durerà ancora, soprattutto negli Stati Uniti'. Certo, nel paese governato da Obama “non c’è più la sensazione della caduta libera, la recessione è diminuita, ma questo non significa ripresa”. Stiglitz fa l’esempio del tasso di disoccupazione, che “potrebbe essere più alto”. “Però – spiega - è anche vero che, soprattutto nei servizi, negli Stati Uniti le persone lavorano sì ancora molto ma spesso con contratti part time, pure se preferirebbero un full time, e con salari bassi.”

E gli approcci nazionali non bastano
Devono esserne straconvinti, gli economisti del Gn, e per questo motivo, del resto, hanno deciso di rivolgersi a interlocutori globali come il G8. E’ Fitoussi a spiegarlo, riferendosi in particolare alla variegata mappa dei paesi europei dove finora ha regnato il fai da te. “Gli aiuti alle economie nazionali – dice l’economista francese - sono stati troppo bassi. In Europa poi c’è un problema: qualsiasi paese sostiene che il suo sistema ha retto meglio alla crisi degli altri. Ma per due paesi – aggiunge Fitoussi - questo è vero: Francia e Italia hanno mostrato una maggiore ‘resilience’, cioè più resistenza. Se la cavano molto meglio di altri paesi europei come Germania o Regno Unito. Forse un meccanismo di solidarietà in queste due nazioni fa sì che le cose vadano meglio.”

Alla domanda se i governi abbiano imparato qualcosa da questa crisi, Stiglitz fa una smorfia di scetticismo e nota: “C’è chi vuole tornare a com’era il mondo prima della crisi. C’è chi vorrebbe ricreare il mercato finanziario così com’era. Ma questo è impossibile”. Bisogna creare un mondo economico e finanziario nuovo – esortano gli economisti – se possibile seguendo i consigli del Gn. L’auspicio di Fitoussi al riguardo è ottimistico: “Spero che il G8 e tutti i G’s seguano le nostre proposte”. I Grandi del mondo – leggiamo nella prefazione alla bozza – “devono affrontare la crisi economica e sociale più grave degli ultimi 80 anni. Parafrasando Keynes, il destino del mondo è nelle mani dei membri dei G’s. Potrebbero prendere decisioni tali da farci uscire da questa situazione, creando un futuro nel quale la crescita fosse più sostenibile, più amica dell’ambiente, e dove i suoi frutti potrebbero essere distribuiti in modo più equo nei paesi e tra i paesi”.

La lezione è finita. Il messaggio sta nella bottiglia. Resta da vedere se il mondo si lascerà cambiare.