Infermieri, medici, operatori sanitari, lavoratori degli appalti - nella fattispecie pulizie, bar, mensa, addetti alla manutenzione delle strutture -, e ancora docenti e amministrativi dell’università e dell’ospedale. A questo esercito di persone, riunito nell’aula magna del Policlinico di Modena, si è rivolta oggi pomeriggio la Cgil, spiegando il valore e il significato della Carta dei diritti universali del lavoro, su cui a fine assemblea, i lavoratori hanno espresso il loro giudizio attraverso il voto (ascolta il podcast integrale su RadioArticolo1).

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Palermo. la voce dei lavoratori della sanità, A.Romano

Ma perchè tenere una riunione sindacale in un posto come quello? "Perchè è emblematico delle trasformazioni intervenute nei luoghi di lavoro della città negli ultimi anni, dove transitano migliaia di persone ogni giorno e dove convivono tantissimi lavoratori appartenenti alle categorie più disparate – ha risposto Tania Scacchetti, segretaria generale della Camera del lavoro di Modena –. Dunque, un crocevia ideale per spiegare concetti come libertà, dignità del lavoro, democrazia, che sono i nostri grandi obiettivi per ridare efficacia e forza alla contrattazione, cuore dell’agire sindacale. Per noi, la Carta è l’inizio del cambiamento, punto di partenza della ricostruzione della solidarietà tra tutti i lavoratori. Oggi il mondo del lavoro è troppo frammentato e non può essere condannato a continue diseguaglianze. Con il nuovo Statuto, vogliamo garantire diritti inalienabili a tutti i lavoratori, allargando il perimetro anche ai giovani, ai precari, a tutti coloro che di tutele non ne hanno mai avute. Questa assemblea è paragonabile a un condominio, dove ognuno viene qua con il suo contratto e i suoi problemi: noi vogliamo che il condominio diventi una casa comune".

Sono poi intervenuti sul palco alcuni lavoratori, espressione delle diverse anime del Policlinico. “Paradossalmente, abbiamo più faticato a difenderlo negli ultimi vent’anni che ad approvarlo 46 anni fa – ha ricordato la pensionata Ughetta Galli – a proposito dello Statuto dei lavoratori, Oggi il mondo del lavoro è cambiato profondamente e abbiamo bisogno di nuovi strumenti per difendere i lavoratori, sulla base dei principi di giustizia e uguaglianza”. Cinzia Vaccari, infermiera al Policlinico di Modena e Rsu Fp Cgil, si è soffermata sui tagli alla sanità, "che hanno peggiorato la qualità degli interventi, perché siamo pochi, a  causa del blocco del turn over, e si agisce solo in nome dell’emergenza. A peggiorare la situazione ha contribuito il blocco dei contratti da sette anni, quelli della sanità privata fermi addirittura da nove. Lavoriamo 365 giorni l’anno, festivi e turni di notte compresi, e siamo costretti a fare una mole enorme di straordinari per riuscire a smaltire tutti i carichi di lavoro. Ogni taglio alla sanità rischia di diventare malasanità, perché obbliga il personale a lavorare sempre al limite, con ricadute negative sulla sicurezza. E io sono ritenuta comunque una privilegiata, perché i miei colleghi degli appalti stanno ancora peggio”. È stato poi il turno di questi ultimi, come Giuseppina Altobelli, addetta alle pulizie della Manutencoop: "Siamo precari a tutti gli effetti, spesso ci cambiano orari e turni. Siamo stanchi di essere un accessorio, di essere considerati lavoratori e lavoratrici di serie B, sempre messi in discussione ogni volta che cambiano un appalto". "Siamo precari per definizione, e noi stranieri lo siamo anche un po’ di più, perchè se perdiamo il posto di lavoro rischiamo di perdere anche il permesso di soggiorno, Per questo, sono qui oggi assieme alla Cgil, per rivendicare il mio diritto a un lavoro dignitoso con un salario giusto", ha detto una collega della mensa dell'ospedale.

È stata poi la volta di Cristiano Di Gioia, giovane medico del Policlinico, ricordando gli orari massacranti che è costretto a sostenere, spesso lavorando su più turni consecutivi: "Questo, a discapito dell’assistenza che riusciamo a offrire al paziente, e l’errore è sempre dietro l’angolo nel nostro lavoro. Ma la cosa che mi rattrista di più non è solo la precarietà o la cattiva retribuzione, ma nel vedersi accusati dai pazienti, nel non riuscire a fare mai abbastanza per garantire un servizio all'altezza. Nonostante l’Italia sia stata obbligata a recepire la direttiva Ue sull’orario di lavoro dall'ottobre 2015, la condizione lavorativa precaria fa sì che abbiamo creato una generazione di medici incompleti; in molti se ne vanno all’estero, e come sistema perdiamo fondi e risorse a vantaggio di altri Paesi che si ritrovano con medici italiani preparati senza aver sborsato un soldo per la loro preparazione. Da noi, le borse di studio si sono dimezzate negli anni, e così abbiamo circa 7.000 precari che non hanno più diritto all’accesso alla specializzazione e stanno in una specie di limbo formativo, ponendo le basi per un futuro di disoccupazione anche nel mondo dei medici. Ci vogliono risorse pubbliche per tutelare i cittadini e i lavoratori della sanità, che, non dimentichiamolo, svolgono un ruolo sociale a beneficio della collettività".

Infine, ha preso la parola la segretaria confederale Cgil, Serena Sorrentino. "Come fare a esercitare il proprio lavoro in libertà e in modo dignitoso? Si è chiesta la dirigente sindacale, in apertura delle sue conclusioni. Si tratta di due diritti fondamentali, già riconosciuti dalla nostra Costituzione, a partire dall’articolo 1. Ma quei valori avevano bisogno di essere sostanziali: portare la Costituzione nelle fabbriche, come sosteneva nel 1952 Giuseppe Di Vittorio, operazione che è stata fatta poi con la legge 300/1970. La contrattazione collettiva ha avuto una funzione positiva, ma è stata messa in crisi dalla svalorizzazione del lavoro, caratteristica della cultura neoliberista della metà degli anni Novanta. Ciò ha messo in crisi il welfare, visto solo come un costo, e quindi il salario e i diritti del lavoro. Questa filosofia si è compiuta alla fine nel Jobs act del Governo Renzi, come perfetta chiusura del cerchio. Per questo, abbiamo preparato la Carta, contro la precarietà del lavoro, contro il dumping tra garantiti e non garantiti, contro la crescita abnorme del precariato, arrivata all'ultima frontiera, quella dei voucher, del salario accessorio. Tutto ciò ha creato diseguaglianza, e per molti il moloch da aggredire oggi è la contrattazione, perché costa troppo al sistema delle imprese. Ragion per cui si danno 16 miliardi nell'arco di un triennio agli imprenditori per sostenere l’occupazione attraverso la nuova legge del mercato del lavoro di Renzi, mentre all'opposto si taglia ogni cosa - istruzione, pensioni, sanità, welfare, servizi. E si fa una regressione del diritto: anche se ha ragione e l’impresa ha torto, il lavoratore viene punito con il licenziamento. Nel diritto del lavoro il soggetto-oggetto della tutela non è più il lavoratore, ma l’impresa, e così cambia tutto. È il governo che decide e dispone dei diritti della prestazione lavorativa nel pubblico impiego, vedi legge Brunetta, Ma il Jobs act è anche peggio: si riducono gli ammortizzatori e non s’investe in politiche attive, sulla formazione, perciò avevamo presentato il Piano del Lavoro per far ripartire l’economia, investendo sul lavoro e la sua qualità".

"Contro tutto questo, abbiamo messo a punto la Carta. Che, al contrario di quanto sostiene Confindustria, è un esempio di modernità e anche una proposta culturale al servizio del Paese, per costruire un’alternativa di sviluppo e lavoro. Quale lavoro? Certo, non quello del Jobs act, che non garantisce i diritti e crea disparità e diseguaglianze, dimenticando che se tu abbassi il valore del lavoro, sottopagando i lavoratori, abbassi per forza la qualità del servizio che offri ai cittadini. Nel mercato del lavoro, la precarietà abnorme ha finito per attaccare anche i diritti dei lavoratori garantiti, vedi i controlli a distanza o il demansionamento senza accordo sindacale, prima regolato dalla legge 300, che sottolineava come il lavoro non può essere mai degradante o umiliante per i lavoratori. Con il nuovo Statuto, ci proponiamo il riequilibrio del potere della contrattazione, bloccata nel secondo livello nel pubblico impiego, oltre allo stop dei contratti dal 2009. Così come puntiamo a dare attuazione all’articolo 39 della Costituzione, ad estendere il Testo unico su democrazia e rappresentanza, che ha dato più potere alle Rsu ed efficacia erga omnes alla contrattazione. I lavoratori devono diventare i titolari della contrattazione, al di là della barriera dei 15 addetti, e tutti devono poter votare sui contratti. Ma più che ridurre le tipologie contrattuali, dobbiamo riscrivere i contratti di lavoro, fino all’abolizione del voucher. Così come dobbiamo garantire un trattamento migliore ai lavoratori degli appalti, rivedere la disciplina del licenziamento introdotta con il Jobs act. A prescindere dal contratto o dal settore d'appartenenza, i lavoratori sono persone che lavorano e hanno bisogno dei diritti fondamentali. Non sarà un’impresa facile, la nostra, perciò abbiamo bisogno di fare una legge d’iniziativa popolare, che difficilmente sarà approvata da questo Parlamento, a meno che non ci sia una spinta fortissima dal basso, da parte di milioni di lavoratori che con le loro firme facciano una battaglia tutti assieme. E se non bastano neanche le firme, andremo al referendum, come strumento di espressione popolare che costringa il decisore politico a regolarsi diversamente sui diritti del lavoro. Ciò che c'ispira sono i princìpi di giustizia ed equità dei nostri padri costituenti di 70 anni fa", ha concluso l'esponente Cgil.