Attività della commissione lavoro, previdenza sociale del Senato

Nella sedute di martedì 15 e mercoledì 16 giugno è proseguito l’esame in sede consultiva, per il parere alla Commissione bilancio, del disegno di legge n. 2228, di conversione in legge del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, recante misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica (la cosiddetta manovra correttiva).

Per il gruppo del Partito democratico sono intervenuti i senatori Treu, Blazina e Ghedini, concordi nel rilevare che il provvedimento ripropone il modello già seguito dalla manovra economico-finanziaria del 2008, basato su tagli lineari, con l’ulteriore novità negativa di una particolare penalizzazione nei confronti delle Regioni. Si tratta, secondo i senatori del Pd, di una manovra particolarmente iniqua, che preclude qualsiasi prospettiva di crescita, in assenza di risorse finalizzate allo sviluppo e di interventi per il sostegno alla domanda interna. Da questo punto di vista il caso del pubblico impiego è esemplare, poiché il blocco dei meccanismi contrattuali realizza unicamente un rinvio della spesa e non un intervento di carattere strutturale, tanto più in assenza di previsioni di investimento sulla contrattazione di produttività. Analoghe considerazioni valgono, in generale, per i costi della pubblica amministrazione: i tagli di carattere lineare sono indiscriminati, mentre un comportamento virtuoso richiederebbe l’eliminazione degli sprechi, operando a diversi livelli. È inoltre deplorevole che nel decreto legge n. 78 manchino riferimenti operativi in materia di politica dell’occupazione, e, più in generale, che ogni processo di liberalizzazione promosso dal governo finisca per riferirsi unicamente al mercato del lavoro, e non anche a settori che pure ne avrebbero necessità, come quello dei servizi, delle professioni e delle utilities semipubbliche.
Pur dichiarandosi in favore di un allineamento tra età pensionistica ed aspettative di vita, gli intervenuti hanno richiamato l’attenzione sulla necessità di elaborare una strategia sulle opportunità occupazionali dei soggetti nella fascia di età compresa tra i 50 e i 70 anni, mentre la limitazione dell’innalzamento dell’età pensionistica delle donne al pubblico impiego, oltre a porre problemi di legittimità costituzionale, ignora del tutto le problematiche connesse alle scelte individuali, alla divisione dei ruoli tra i sessi e alla cura ed assistenza familiare. Peraltro, sui temi della tutela della famiglia, del welfare di comunità e della promozione della parità di genere, il decreto legge n. 78 è del tutto assente.

Inoltre, la manovra penalizza essenzialmente il settore pubblico e danneggia le fasce più deboli (pensionati, invalidi, beneficiari di provvedimenti assistenziali), e rinuncia a intervenire con misure strutturali a sostegno dei salari, e volte a stimolare i consumi e rimettere in moto l’economia. I tagli delle risorse sono particolarmente accentuati nei confronti degli enti locali e delle regioni, determinando non solo una forte contrazione dei servizi offerti dal welfare locale, ma anche penalizzazioni inaccettabili delle autonomie territoriali. Gli intervenuti hanno ricordato, in proposito, che l’intera gestione degli ammortizzatori in deroga si è finora basata sul concorso delle Regioni, ed i tagli operati con la manovra vanno fortemente ad incidere sul Fondo per l’occupazione e sul Fondo per le politiche sociali. I tagli gli enti locali produrranno inoltre conseguenze drammatiche per il futuro dei giovani lavoratori precari, mentre, in ambito statale, con il taglio delle risorse destinate al personale di sostegno nelle scuole, si va a toccare un settore già particolarmente provato.

Gli intervenuti hanno poi espresso la preoccupazione che la soppressione dell’Ispesl, possa comportare la dispersione di competenze acquisite dall’Istituto e dal suo personale, mentre sul versante occupazionale, hanno espresso preoccupazione per la soppressione dell’Eti.

Per quel che riguarda il capitolo dell’assistenza, i senatori del Pd si sono espressi criticamente sull’istituzione del casellario dell’assistenza e sull’innalzamento della soglia relativa al tasso di invalidità, che costituirà un’ulteriore penalizzazione nei confronti di soggetti già molto svantaggiati.

L’impostazione della manovra si presenta peraltro fortemente contraddittoria, in quanto caratterizzata da una impostazione centralista, in netto contrasto in primo luogo con i principi alla base dell’attuazione del federalismo fiscale. Ciò alimenta il dubbio, secondo i senatori del Pd, che la riduzione delle risorse delle Regioni venga effettuata in questo momento proprio allo scopo di definire a priori ed in assenza di dibattito, al ribasso, i contenuti degli standard dei servizi e delle prestazioni.

La sen. Carlino (Idv) ha osservato che la manovra correttiva si fonda su tagli sostanzialmente generalizzati, con una procedura iniqua ed inefficiente: dalla lettura della relazione tecnica allegata al decreto-legge si apprende che la manovra, presentata come una drastica riduzione delle spese, in realtà è composta per il 40 per cento da maggiori entrate, nessuna delle quali, peraltro, derivante da misure strutturali; alcune disposizioni hanno unicamente un fine mediatico, come i tagli ai cosiddetti enti inutili, privi di valore in termini di riduzione della spesa, in quanto i lavoratori a tempo indeterminato saranno assorbiti dal ministero di riferimento, mentre ne faranno le spese i giovani precari, che non vedranno rinnovati i contratti annuali. Il riassetto degli enti previdenziali (art. 7) comporta infatti risparmi pari a 4.689.626 euro da riferire agli anni 2011 e successivi, non particolarmente significativi, tanto più che alcune misure, come la soppressione dell’Ispesl, destano viva perplessità. Appare inoltre di poca utilità e di scarsissimo peso finanziario la disposizione che prevede il differimento, per le pubbliche amministrazioni, dell’applicazione delle disposizioni in materia di valutazione dei rischi (art. 12, comma 18), con riferimento alla sicurezza nei luoghi di lavoro, mentre l’ l’art. 10, sulle invalidità , penalizza ingiustamente i veri invalidi, laddove innalza di ben 11 punti del livello di invalidità necessario per accedere all’assegno.

Con l’art. 12 si prolungano di fatto i tempi di attesa per il pensionamento rispetto alle regole vigenti, nonché un aumento dell’età di pensionamento destinato ad avere impatto soprattutto sulle donne, che sono le principali fruitrici delle pensioni di vecchiaia, data la difficoltà di conseguire l’anzianità contributiva necessaria a raggiungere i requisiti per la pensione di anzianità. Inoltre, qualsiasi innalzamento dell’età pensionabile dovrebbe essere attuato al di fuori di logiche emergenziali, che risultano sempre inique, poiché ledono la posizione dei pensionati di alcuni blocchi (dal 2011 in poi), mentre si sarebbe potuto applicare un anticipo del sistema contributivo, in maniera equa, già agli inizi del duemila. Il rischio è come sempre l’effetto annuncio, suscettibile di vanificare buona parte dei risparmi, provocando effetti opposti a quelli desiderati dal governo: nel caso di specie, l’effetto congiunto del ritardo delle finestre e della rateizzazione del trattamento di fine rapporto procurrà un forte incentivo a lasciare il lavoro appena possibile. Anche il comma 10 dello stesso art. 12, che stabilisce l’estensione del meccanismo di calcolo del trattamento di fine rapporto che regola quello dei dipendenti privati ai dipendenti pubblici rischia di essere solo nominale o addirittura di creare forte disparità. Il cambio di regole potrebbe inoltre spingere ad anticipare l’uscita dei dipendenti pubblici che hanno i requisiti per farlo; nella stessa direzione gioca la rateizzazione delle liquidazioni di importo elevato, prevista dal comma 7. La sen. Carlino ha infine rilevato che la relazione tecnica ritiene non quantificabile la parte dell’ar. 53, riguardante la detassazione e la decontribuzione per le remunerazioni predisposte dalla contrattazione collettiva di secondo livello, in ragione della sua indeterminatezza.

Per il gruppo del Popolo della libertà, i senatori Zanoletti e Spadoni Urbani hanno espresso un giudizio positivo sulla manovra, sottolineandone la necessità e la minore gravosità rispetto a quelle adottate in altri Paesi, come Francia, Germania e Spagna: essa si basa sulla eliminazione di spese inutili (soprattutto quelle che continuano ad essere effettuate dalle amministrazioni locali e regionali) e sui risparmi, distribuisce i sacrifici su un vasto ventaglio di categorie di cittadini, conferma un impegno particolare alla lotta all’evasione ed è stata giudicata adeguata dall’Ocse e dagli organismi della Comunità europea. Secondo gli intervenuti, è peraltro inevitabile che la manovra si focalizzi sulla macchina statale, rinviando al futuro il pur necessario intervento sul sistema bancario, che allo stato rischierebbe di deprimere il credito alle imprese. Per quanto concerne le materie di competenza della Commissione, è stato rilevato come l’accorpamento degli enti previdenziali sia destinato a comportare non solo un risparmio, ma una maggiore efficienza ed efficacia nella gestione.

Il sen. Zanoletti ha invece espresso dissenso sull’art. 12, comma 12, recante una interpretazione autentica, con effetto retroattivo, relativa ai benefici concessi a soggetti colpiti dalle alluvioni del 1994, in base alla quale tali benefici concernono solo i tributi e non i contributi previdenziali o premi di assicurazione obbligatoria e si esclude il rimborso delle somme versate agli enti previdenziali. A tale proposito, Zanoletti ha richiamato l’attenzione sui gravi danni prodotti dall’alluvione in Piemonte e sugli interventi graduali predisposti dal legislatore, e ha fatto presente che la disposizione di cui al comma 12 potrebbe mettere in difficoltà le aziende interessate, con possibili chiusure di attività e a fallimenti e pesanti ripercussioni sociali sul territorio. La norma è inoltre a suo avviso illogica e contraddittoria, pretendendo di interpretare quello che è invece chiarissimo, come risulta anche dalla giurisprudenza della Cassazione, mentre così come formulata essa contrasta con il principio di uguaglianza sancito dall’articolo 3 della Costituzione. Pertanto, il sen. Zanoleti ha chiesto l’inserimento, nel parere, di una osservazione critica sul comma 12 dell’art. 12.

Dopo che il sen. Treu (Pd) ha illustrato una proposta di parere contrario, sottoscritta dai senatori del suo gruppo, che riprende le argomentazioni critiche svolte nel corso del dibattito, il relatore Castro (Pdl) ha illustrato una proposta di parere favorevoli con due osservazioni: la prima invita la Commissione di merito a valutare attentamente la disposizione di cui all’art. 12, comma 11, in materia di individuazione della gestione previdenziale per i lavoratori autonomi che esercitino varie attività, rilevando che la previsione confligge con una costante giurisprudenza riguardante l’applicazione dell’art. 1, comma 208, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, e, da ultimo, con quanto stabilito dalla sentenza SS.UU. della Corte di Cassazione n. 3240 del 12 febbraio 2010 sul principio della prevalenza dell’attività lavorativa ai fini dell’individuazione della relativa gestione pensionistica; la seconda osservazione accoglie invece i rilievi mossi nell’intervento del sen. Zanoletti all’art. 12, comma 12.

Intervenendo per dichiarazione di voto contrario, il sen. Treu (Pd) ha ribadito i motivi della contrarietà piena della sua parte politica ai contenuti di una manovra che, pur resa necessaria dall’esigenza di porre in sicurezza i conti pubblici, non è tuttavia accompagnata da misure significative per il sostegno della domanda e dell’offerta, non definisce obiettivi strategici sul terreno della ripresa economica, né fornisce indicazioni per il recupero di capacità competitive del Paese sullo scenario internazionale, e desta gravi perplessità per l’assenza di risposte soddisfacenti in tema di lavoro e di tutela dei diritti dei lavoratori e dei pensionati.

La sen, Carlino (Idv), concordando con il sen. Treu, ha sottoscritto la proposta di parere contrario.

La Commissione ha quindi approvato il parere favorevole con osservazioni predisposto dal relatore Castro. È pertanto risultata preclusa la votazione sul parere contrario illustrato dal sen. Treu.

Nella seduta di mercoledì 16 giugno, si è inoltre concluso, con l’approvazione di una risoluzione favorevole, illustrata dal presidente Giuliano, l’esame dell’atto sottoposto a parere motivato sulla sussidiarietà: “Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo alla libera circolazione dei lavoratori dell’Unione” (n. com (2010) 204 definitivo)

Concluso l’esame in sede referente del disegno di legge sul lavoro rinviato alle Camere dal presidente della Repubblica


Nella seduta di martedì 15 giugno è proseguito e si è concluso presso le Commissioni riunite affari costituzionali e lavoro, previdenza sociale, l’esame, in sede referente del disegno di legge n. 1167-B/bis recante deleghe al governo in materia di lavori usuranti, di riorganizzazione di enti, di congedi, aspettative e permessi, di ammortizzatori sociali, di servizi per l’impiego, di incentivi all’occupazione, di apprendistato, di occupazione femminile, nonché misure contro il lavoro sommerso e disposizioni in tema di lavoro pubblico e di controversie di lavoro, rinviato alle Camere dal presidente della Repubblica in data 31 marzo 2010, ai sensi dell’art. 74 della Costituzione e nuovamente approvato, con modificazioni, dalla Camera dei deputati.

L’esame è ripreso con la votazione sugli emendamenti riferiti all’art. 31, in materia di conciliazione e arbitrato, sui quali il relatore Castro (Pdl) ed il sottosegretario Viespoli avevano espresso parere contrario, con l’eccezione di due emendamenti del relatore (31.29 e 31.37) sui quali il parere era invece favorevole.

Con distinte e separate votazioni sono stati quindi respinti tutti gli emendamenti dell’opposizione riferiti all’art. 31, mentre gli emendamenti 31.29 e 31.37 sono stati accolti. Il primo di tali emendamenti prevede che alle controversie di lavoro nel pubblico impiego si applichi anche l’art. 410 del codice di procedura civile, come modificato dal disegno di legge, e riguardante il verbale di conciliazione. Più rilevante il secondo emendamento, che, cancellando la modifica introdotta dalla Camera a seguito dell’approvazione di un emendamento dell’opposizione, secondo il quale la clausola compromissoria avrebbe dovuto essere stipulata all’insorgere della controversia, stabilisce che le commissioni di certificazione accertino all’atto della sottoscrizione della clausola compromissoria la effettiva volontà delle parti di devolvere ad arbitri le eventuali controversie nascenti dal rapporto di lavoro: di fatto, viene così ripristinato il testo precedente.

Le Commissioni sono quindi passate alla votazione degli emendamenti riferiti all’art. 32, sui quali il relatore ha espresso parere contrario, invitando i proponenti a ritirare alcuni emendamenti, mentre il sottosegretario Viespoli ha espresso parere favorevole sugli emendamenti 32.8 e 32.12 del relatore. Su tutti gli altri emendamenti ha espresso parere contrario.

Dopo che una parte degli emendamenti è stata ritirata, in accoglimento della richiesta del relatore, si è proceduto al voto. Tutti gli emendamenti riferiti all’art. 32 sono stati respinti, con l’eccezione degli emendamenti 32.8 e 32.12: il primo porta da 180 giorni a un anno il termine per il deposito del ricorso contro il licenziamento o della comunicazione della controparte di richiesta di conciliazione presso la cancelleria del tribunale in funzione di giudice del lavoro. Il secondo disciplina il termine di decadenza per l’impugnazione del licenziamento intimato senza la forma scritta, conferendo così legittimazione a tale fattispecie.

Le Commissioni sono quindi passate alla votazione degli emendamenti riferiti all’art. 50. Il relatore e il rappresentante del governo hanno espresso parere contrario sugli emendamenti riferiti a tale articolo. Dopo il ritiro di alcuni emendamenti da parte dei proponenti, in accoglimento della richiesta formulata in tal senso dal relatore, sono stati respinti gli emendamenti 50.4 e 50.5, mentre è stato accolto il 50.100. Secondo l’articolo,come emendato, in caso di accertamento della natura subordinata di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa , il datore di lavoro che abbia offerto entro il 30 settembre 2008 la stipulazione di un contratto di lavoro subordinato ai sensi dell’articolo 1, commi 1202 e seguenti, della legge n. 296 del 2006, nonché abbia ulteriormente offerto, dopo l’entrata in vigore della legge, la conversione a tempo indeterminato del contratto in corso ovvero offerto l’assunzione a tempo indeterminato per mansioni equivalenti a quelle svolte durante il rapporto di lavoro precedente, è tenuto unicamente a indennizzare il prestatore di lavoro con un’indennità nell’importo nella misura fissata dalla stessa disposizione.

Conclusa la votazione s è passati alle dichiarazioni di voto.

A nome del gruppo del Partito democratico, il sen. Roilo ha annunciato l’espressione di un voto contrario: nonostante la positiva soppressione dell’art. 20, il testo risulta complessivamente peggiorato, in particolare nelle disposizioni dell’articolo 31, si conciliazione e arbitrato.

Dopo che il sen. Castro (Pdl) ha annunciato il voto favorevole del sui gruppo, le Commissioni riunite hanno conferito ai relatori il mandato a riferire favorevolmente all’Assemblea per l’approvazione del disegno di legge, con le modifiche accolte nel corso dell’esame.



Attività della Commissione lavoro pubblico e privato della Camera dei deputati

Nelle sedute di martedì 15 e mercoledì 16 giugno la Commissione lavoro pubblico e privato della Camera dei deputati ha iniziato l’esame in sede consultiva (parere alla Commissione ambiente) del disegno di legge n. 3496, di conversione del decreto legge 20 maggio 2010, n. 72, recante misure urgenti per il differimento di termini in materia ambientale e di autotrasporto, nonché per l’assegnazione di quote di emissione di CO2. Sul provvedimento ha riferito il presidente Moffa, il quale, dopo aver richiamato i termini generali del provvedimento, ha segnalato, per quanto di competenza della Commissione, il comma 2 dell’art. 1, che prevede l’ulteriore proroga al 16 giugno 2010 del termine per il versamento dei premi assicurativi all’Inail da parte delle imprese di autotrasporto di merci in conto terzi, termine già prorogato al 16 aprile 2010 dall’art. 5, comma 7-septies, del decreto-legge n. 194 del 2009. L’ulteriore proroga – ha precisato il presidente – si è resa necessaria in quanto non è stato adottato il Dpcm di attuazione di una disposizione della legge finanziaria il 2010, che riduce i premi assicurativi per le aziende di autotrasporto di merci in conto terzi: per tale ragione, lo stesso comma 2 dell’art. 1 dispone la non applicazione di sanzioni nei confronti delle imprese che, nelle more dell’entrata in vigore della legge di conversione del provvedimento in esame, non abbiano provveduto al pagamento dei richiamati premi entro il termine del 16 giugno, ovvero abbiano corrisposto somme inferiori a quelle dovute. Il presidente ha quindi fatto presente che il Comitato per la legislazione, considerata la scarsa chiarezza della disposizione riguardante il termine per l’effettuazione dei predetti versamenti, ha suggerito di stabilire un termine preciso per l’adempimento di tale obbligo, successivo al termine costituzionale di conversione del decreto-legge.

Nella successiva seduta di mercoledì 16 giugno il presidente Moffa ha comunicato che la Commissione di merito ha approvato, tra gli altri, un emendamento che, all’art. 1, comma 2, chiarisce che sono considerate in regola le imprese che non abbiano provveduto al pagamento dei premi assicurativi alle scadenze previgenti rispetto alla data di entrata in vigore del decreto-legge, fermo restando che le stesse imprese hanno tempo sino al 16 giugno (ossia, sino alla giornata odierna) per regolarizzare il versamento dei premi medesimi.

La relatrice Munerato (Lega) ha proposto di esprimere parere favorevole sul provvedimento in esame, come risultante dagli emendamenti approvati. La deputata Rampi (Pd) pur condividendo gli interventi previsti al comma 2 dell’art. 1, ha fatto presente che il provvedimento, nel prevedere l’assegnazione gratuita di quote di emissione di CO2 ai nuovi impianti entrati in esercizio, premia le imprese che superano i limiti di emissione, attribuendo una sorta di «licenza ad inquinare», in contrasto con gli indirizzi normativi dell’Unione europea. Ha annunciato pertanto l’astensione del suo gruppo sulla proposta di parere favorevole.

La Commissione ha quindi approvato la proposta di parere favorevole formulata dal relatore.

Nella stessa seduta di martedì 15 giugno, è iniziato l’esame congiunto, in sede referente, delle proposte di legge n. 2671 (Cazzola) e n. 3343 (Santagata) recanti norme per la prosecuzione del rapporto di lavoro oltre i limiti di età per il pensionamento di vecchiaia.

Nell’introdurre l’esame in qualità di relatore, il presidente Moffa ha ricordato che l’art. 16 del decreto legislativo n. 503 del 1992 ha riconosciuto la possibilità per i dipendenti pubblici di permanere in servizio per un biennio oltre i limiti di età per il collocamento a riposo: tale possibilità, configurata come un diritto soggettivo, in quanto la scelta era rimessa alla volontà del dipendente e l’amministrazione non poteva opporsi, è stata poi subordinata alla valutazione dell’amministrazione di appartenenza con l’art. 72 del decreto-legge n. 112 del 2008. La prosecuzione dell’attività lavorativa oltre i limiti di età per il pensionamento di vecchiaia è disciplinata in termini diversi nel settore privato: al raggiungimento dell’età predetta, il lavoratore può, con il consenso del datore di lavoro e fino a quando esso permane, proseguire nella propria attività; il datore di lavoro, infatti, secondo quanto previsto dall’art. 4 della legge n. 108 del 1990 - una volta che il lavoratore abbia raggiunto il limite di età per il pensionamento di vecchiaia - avvalersi della possibilità di recedere ad nutum dal rapporto di lavoro. Le proposte di legge in esame sono volte a riconoscere anche ai lavoratori privati la facoltà di optare per la prosecuzione dell’attività lavorativa, sul modello della disciplina per il pubblico impiego, prevedendo delle agevolazioni a favore sia del lavoratore che del datore di lavoro. In particolare, la proposta di legge n. 2671 introduce una disciplina di carattere sperimentale per tre anni, introducendo tre nuovi commi (2-bis, 2-ter e 2-quater) all’art. 4 della legge n. 109 del 1990, con i quali è data facoltà ai lavoratori dipendenti del settore privato che maturino i requisiti per il trattamento di vecchiaia tra il 1o gennaio 2010 e il 31 dicembre 2012, di optare per la prosecuzione del rapporto di lavoro oltre i predetti limiti di età, preavvisando il datore di lavoro entro sei mesi dalla data prevista per il pensionamento di vecchiaia. nel corso dell’attività lavorativa prestata successivamente al raggiungimento dei requisiti anagrafici per il pensionamento di vecchiaia gli obblighi contributivi sono ridotti di due terzi; il successivo trattamento pensionistico, dovrà essere equivalente a quello che sarebbe spettato in assenza dell’opzione per la prosecuzione del rapporto, con l’ aggiunta di quanto spettante a titolo di perequazione automatica relativamente al periodo di prosecuzione del rapporto; al lavoratore spetta, inoltre, una pensione supplementare corrispondente al calcolo dei contributi ridotti versati nel periodo di prosecuzione del rapporto. Nel caso di prosecuzione dell’attività lavorativa oltre i limiti di età per il pensionamento di vecchiaia, il datore di lavoro può procedere comunque alla risoluzione del rapporto di lavoro, previo preavviso, mediante corresponsione al lavoratore, in aggiunta al trattamento di fine rapporto, di un’ulteriore indennità pari a un quarto di mensilità dell’ultima retribuzione lorda per ogni anno di anzianità di servizio, fino a un massimo di due mensilità; tale indennità non è dovuta in caso di risoluzione del rapporto di lavoro dopo il compimento del secondo anno successivo alla scadenza del termine originariamente previsto per il pensionamento di vecchiaia del dipendente.
Il presidente ha quindi dato conto del contenuto della proposta di legge n. 3343: essa prevede, la possibilità, per i lavoratori dipendenti privati che abbiano raggiunto il diritto alla pensione, di optare per una specifica forma incentivata di permanenza al lavoro, mediante l’inoltro all’Inps - entro il mese successivo alla domanda di pensione - di una domanda, sottoscritta dal lavoratore e dal datore di lavoro; la permanenza incentivata al lavoro può avere una durata massima di tre anni e non può comunque riguardare i lavori usuranti (art. 1) ; l’art. 2 prevede come incentivi alla permanenza al lavoro la riduzione dei contributi previdenziali nella misura del 60 per cento, a carico del datore di lavoro, e il diritto del lavoratore di fruire di una pensione pari a quanto risultante dal calcolo alla data di presentazione della domanda di pensione aumentata del 5 per cento per ciascun anno aggiuntivo di permanenza al lavoro. L’art. 3 stabilisce che i risparmi derivanti dall’attuazione delle nuove disposizioni siano ripartiti annualmente, con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, d’intesa con la Conferenza unificata Stato-Regioni, tra le regioni, al fine di finanziare borse di studio per la continuazione degli studi oltre l’obbligo formativo.

La deputata Gnecchi (Pd), nell’esprimere soddisfazione per l’avvio dell’esame delle proposte di legge in titolo, si è soffermata sulle problematiche di coloro che hanno perso il lavoro a causa della crisi economica in atto, rilevando che la manovra finanziaria in discussione al Senato si occupa esclusivamente di posticipare l’uscita dal lavoro dei dipendenti pubblici e di limitarne i diritti previdenziali, ignorando la drammatica vicenda occupazionale di coloro che non hanno alcuna possibilità di scegliere se continuare o meno la propria attività lavorativa.
Il deputato Cazzola (Pdl), nel ricordare che la sua proposta di legge è stata presentata, in un identico testo, anche al Senato, ha osservato che essa mira a favorire la prosecuzione volontaria del rapporto di lavoro nel settore privato oltre i limiti di età per il pensionamento di vecchiaia, secondo modalità più flessibili rispetto a quanto proposto da precedenti interventi riformatori attuati in un recente passato (come il cosiddetto «bonus Maroni»): viene infatti riconosciuta ai lavoratori privati la facoltà di proseguire l’attività lavorativa e al datore di lavoro la possibilità di procedere comunque alla risoluzione del rapporto, dietro il versamento di un’indennità: in tal modo, non si riconosce un diritto soggettivo al lavoratore, bensì si introdurrebbe una fattispecie - sperimentale - di prosecuzione del rapporto di lavoro, subordinata al consenso delle parti, alla quale si riconnetterebbero le agevolazioni contributive e previdenziali.

Dopo che il deputato Porcino (Idv) ha espresso l’auspicio che si pervenga alla definizione di un testo unificato, il deputato Fedriga (Lega) ha preannunciato la presentazione,di una proposta di legge in materia di prolungamento dell’attività lavorativa da parte del suo gruppo, ed ha espresso l’auspicio che essa possa essere abbinata ai provvedimenti in esame.

Su proposta del presidente Moffa, la Commissione ha deciso di svolgere alcune audizioni informali. Il seguito dell’esame congiunto è stato quindi rinviato.

Nella seduta di mercoledì 15 giugno è proseguito in sede referente l’esame congiunto delle proposte di legge d’iniziativa parlamentare recanti modifiche al testo unico di cui al decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, concernenti il sostegno alla maternità e l’introduzione del congedo di paternità obbligatorio.

In qualità di relatore, il presidente Moffa ha comunicato che l’Ufficio di presidenza integrato dai rappresentanti dei gruppi ha convenuto che al termine del dibattito generale, si proceda alla nomina di un Comitato ristretto, anche al fine di verificare la possibile definizione di un testo unificato, risultando più opportuno che un eventuale ciclo di audizioni informali dei soggetti interessati sia effettuato con riferimento ad un testo già istruito e possibilmente condiviso tra i gruppi. Ha fatto altresì che il rappresentante del competente dicastero ha informalmente reso noto che il governo intende esporre il proprio orientamento una volta definito uno schema di testo unificato.

La deputata Mosca (Pd), nell’auspicare un’intesa tra i gruppi per la definizione di un testo condiviso, ha precisato, riferendosi alla proposta di legge di cui è prima firmataria, che le voci di dissenso sulla cruciale questione dei congedi obbligatori di paternità, non colgono il senso dell’intervento normativo, rappresentato da una astensione obbligatoria dal lavoro in favore del padre, pari a soli quattro giorni da usufruire nell’arco dei primi tre mesi di vita del figlio: questa misura, oltre a rappresentare un segnale culturale importante per il sostegno alla paternità, può comportare un sostegno, anche psicologico, alla madre, senza aggravi per il datore di lavoro, con costi molto ridotti e priva di effetti rilevanti sulla carriera del padre. Nel testo unificato si dovrà inoltre dare spazio ai temi della conciliazione e della condivisione delle responsabilità familiari.
Dopo che il deputato Paladini (Idv) ha avvertito che il suo gruppo ha presentato, su analogo argomento, la proposta di legge n. 3534, a prima firma del deputato Donadi, della quale prospetta, pertanto, l’abbinamento, e che il presidente Moffa ha fornito assicurazioni in tal senso, è intervenuta la deputata Codurelli (Pd) che, nel sottolineare lo stretto legame tra la promozione delle politiche di sostegno alla genitorialità e alla condivisione delle responsabilità dei genitori da un lato, e la maggiore tutela del lavoro femminile e delle pari opportunità, dall’altro, hanno polemizzato contro i rilievi mossi ai provvedimenti da un punto di vista maschilista e discriminatorio. In particolare, la previsione di un obbligo di astensione del padre entro i primi tre mesi dalla nascita del figlio, intende superare un l’"ostracismo" opposto dai datori di lavoro alla fruizione dei congedi parentali da parte degli uomini.

Il deputato Cazzola (Pdl) nel dichiararsi perplesso sull’idea di modificare i costumi e gli orientamenti della società facendo leva sulla sola forza della legge, ha osservato che la normativa in esame, ampliando l’ambito di applicazione dei permessi esistenti e introducendo nuove fattispecie obbligatorie di congedo, non contiene però misure in grado di garantire dal rischio di eventuali forme di abuso nell’utilizzo di tali istituti; inoltre, le proposte in esame, prevedendo un aumento delle indennità e disponendo un generale allungamento dei termini di utilizzo dei congedi, nonché un affievolimento dei requisiti per accedervi, pongono problemi non irrilevanti sotto il profilo finanziario. Da ultimo, ha espresso perplessità anche sull’art. 1 della proposta di legge n. 3023 che, riconoscendo uno sgravio contributivo in favore del datore di lavoro in caso di conferma, anche part-time, del lavoratore che ha sostituito le madri o i padri in congedo, configura una non condivisibile ipotesi di «imponibile di manodopera».

Il deputato Fedriga (Lega) ha espresso il timore che l’approccio di alcune parlamentari all’argomento all’ordine del giorno sia condizionato dal presupposto che l’unica forma di appagamento degli individui sia rinvenibile nell’ambito della carriera lavorativa, mentre, a suo giudizio, è importante ribadire che l’appagamento sociale può derivare anche dalla nascita e dalla cura di un figlio. La previsione di un congedo obbligatorio di paternità limitato a soli quattro giorni non costituisce, a suo avviso, un efficace rimedio ai problemi esistenti, mentre sarebbe preferibile innalzare la soglia temporale del congedo fruibile dal padre, da intendersi però come facoltà e non come obbligo.

La deputata Gatti (Pd) ha osservato che la questione dei costi viene sollevata dalla maggioranza quando vuole evitare la discussione di alcune proposte di legge, senza considerare che tale posizione menoma il Parlamento e le sue prerogative. Quanto al merito, ha invitato la Commissione ad affrontare anche il problema dei lavoratori e delle lavoratrici con contratti atipici, nonché quello dell’elevazione dell’età pensionabile delle donne, verificando la possibilità di definire misure che introducano forme di contribuzione figurativa per le donne con figli o che favoriscano il rientro delle donne nell’attività lavorativa.

La deputata Saltamartini (Pdl) ha osservato che in un periodo di crisi economica, la sua proposta di legge mira a lanciare un messaggio di cambiamento al Paese, al fine di modificare i rigidi schemi sessisti esistenti, uscendo da una logica di antagonismo di genere. Un intervento a favore della famiglia, fondato sul principio delle pari responsabilità genitoriali non è certo in grado di per sé di produrre un mutamento culturale, e tuttavia, se utilizzato correttamente, può favorire l’avvio di positivi processi nella società. Nel prendere atto dei rilievi del deputato Cazzola in ordine all’onerosità di talune delle disposizioni in oggetto, si è dichiarata disponibile a considerare eventuali proposte di modifica del testo, in vista di un tendenziale ridimensionamento degli oneri, pur sottolineando che molti degli interventi previsti non prevedono alcun impegno di spesa.

Nei successivi interventi dei deputati del Pd Gnecchi, Mattesini, Bobba e Miglioli è stato sottolineato il valore simbolico della disposizione - contenuta in diverse proposte di legge in esame - relativa all’obbligo di astensione obbligatoria dei padri, che ponendo a carico del datore di lavoro l’onere contributivo conseguente, mira a creare un contesto di maggiore competizione di genere, dal momento che anche l’assunzione di un uomo potrà essere percepita come suscettibile di determinare un certo onere, seppur molto limitato e circoscritto. Il congedo di paternità, in linea con gli orientamenti europei, può inoltre contribuire alla diffusione di «buone prassi» nel campo delle pari opportunità, ponendo al centro dell’attenzione soprattutto i figli, intorno ai quali ruota il diritto-dovere di entrambi i genitori di educazione ed assistenza. Vi è poi un’opposizione motivata dalla questione dell’onerosità del provvedimento, che però ignora l’altra questione, quella dei costi sociali, che derivano, ad esempio, da scelte legislative inique, dirette a lasciare le donne isolate all’interno della società e a non dare il giusto riconoscimento alla parità delle responsabilità genitoriali. Peraltro, agli eventuali maggiori oneri, su cui ha posto opportunamente l’accento il deputato Cazzola, dovrebbe provvedere lo Stato, più che il datore di lavoro, poiché l’intera collettività deve farsi carico dell’attuazione delle politiche di genere, nelle quali andrebbero investiti i risparmi di gestione derivanti dal recente innalzamento dell’età pensionabile delle donne.
Per il gruppo Italia dei valori, i deputati Porcino e Paladini hanno insistito sulla necessità di varare una normativa che rechi reali benefici e non soltanto affermazioni di principio, prestando attenzione al rischio di un abuso nell’applicazione di alcune istituti. Occorrerà inoltre affrontare anche le problematiche relative agli sgravi contributivi e alle forme pensionistiche complementari, concentrandosi altresì sulla normativa in materia di permessi retribuiti e di astensione facoltativa dal lavoro da parte dei genitori. È stato infine espresso l’auspicio che la nuova legge dia attuazione alla importante sentenza della Corte costituzionale n. 104 del 2003.
Il deputato Scandroglio (Pdl) ha manifestato un convinto sostegno ai provvedimenti in titolo, che innestano nella legislazione vigente un principio assolutamente condivisibile, quale quello della obbligatorietà del congedo di paternità.

Accogliendo la proposta del presidente Moffa, la Commissione ha deliberato di costituire un Comitato ristretto per il seguito dell’istruttoria legislativa delle proposte di legge nn. 2618, 3023, 15, 2413, 2672 e 2829.
Nella seduta di giovedì 17 giugno, la Commissione ha esaminato la risoluzione 7-00236 Damiano: Sulla tutela dei posti di lavoro del personale operante nel settore dei servizi di pulizia e sorveglianza nelle scuole.
La deputata Murer (Pd), nell’illustrare la risoluzione di cui è cofirmataria, ha segnalato come la riduzione dei fondi da destinare al personale del settore dei servizi di pulizia e sorveglianza delle scuole, colpisca in modo drammatico molte cooperative cosiddette di «tipo B», chiamate all’inserimento nel mondo del lavoro di soggetti svantaggiati, per i quali si registrano, peraltro - anche in caso di mantenimento del posto di lavoro - significative riduzioni orarie e retributive. Ritenendo paradossale che lo Stato «tagli» gli appalti nel settore e finanzi poi con fondi pubblici la CIG in deroga, per compensare la perdita corrispondente di posti di lavoro, la deputata Murer ha chiesto che il governo si impegni a promuovere concrete iniziative di tutela a favore dei lavoratori e dei soci di cooperative sociali, impegnati nella attività di pulizia e sorveglianza nelle scuole.

Il sottosegretario Viespoli ha ricordato che le procedure di terziarizzazione dei servizi di pulizia nelle scuole, per la stabilizzazione dei lavoratori socialmente utili ivi utilizzati, sono state definite con decreto del Ministro del lavoro n. 65 del 2001, in applicazione della legge finanziaria 2001. Per effetto del decreto, nelle scuole che si avvalgono, per l’espletamento dei servizi di pulizia, di imprese e consorzi, che utilizzano lavoratori socialmente utili, è stata conseguentemente ridotta la dotazione organica dei collaboratori scolastici. Successivamente, la Convenzione-Quadro stipulata nel giugno 2001 ha previsto, tra l’altro, la stabilizzazione dei lavoratori socialmente utili impiegati (al 30 giugno 2001) presso gli istituti scolastici.

Il rappresentante del governo ha quindi dato conto delle motivazioni della lamentata riduzione del 25 per cento del budget per i contratti in argomento, derivante dalla rimodulazione dei contratti di fornitura dei servizi di pulizia ed altre attività ausiliarie di cui alla direttiva ministeriale n. 68 del 2005, nell’ottica di contenere i costi e garantire maggiore qualità al sistema scolastico; con circolare dello scorso 22 febbraio, il Ministero dell’istruzione ha fornito ulteriori chiarimenti alle istituzioni scolastiche circa il programma annuale 2010; in particolare, per quanto riguarda gli impegni di spesa per il servizio di pulizia, è stato confermato che a ciascuna istituzione scolastica è garantita una risorsa finanziaria pari almeno al costo del personale statale ridotto per effetto della esternalizzazione dei servizi.

Il sottosegretario ha quindi dato conto degli incontri tra rappresentanti del il Ministero dell’istruzione e delle organizzazioni sindacali di categoria, nel corso dei quali sono state fornite ai presenti assicurazioni circa la proroga - fino al 31 dicembre 2010 - dei contratti scaduti o che dovessero scadere in corso d’anno, ferma restando la necessaria riduzione nel limite massimo del 25 per cento, nonché circa l’intendimento del governo di ricercare possibili soluzioni per garantire gli attuali livelli occupazionali e retributivi del personale interessato. In attuazione dell’articolo 2, comma 250, della legge n. 191 del 2009, è stato poi adottato il Dpcm 19 marzo 2010, con il quale è stato disposto l’utilizzo, per l’anno 2010, di 260 milioni di euro ai fini della proroga delle attività concernenti i servizi di pulizia e sorveglianza nelle scuole.

Ciò premesso, il rappresentante del governo ha fatto presente che l’attuale ordinamento, e in particolare il decreto legislativo n. 276 del 2003, ha dato vita ad una pluralità di strumenti rivolti ai lavoratori che hanno difficoltà ad entrare nel mercato del lavoro, ed ha ricordato che il riconoscimento della Cigo per i lavoratori dipendenti di azienda appaltatrice di servizi di pulizia deriva, ai sensi della normativa vigente, dal fatto che la contrazione dell’attività aziendale sia in diretta connessione con quella dell’impresa committente verificatasi a seguito di programmi di crisi aziendale ovvero di ristrutturazione, riorganizzazione o conversione industriale. Le difficoltà dell’impresa committente devono inoltre essere già state oggetto di specifici provvedimenti di integrazione salariale, ivi compreso l’intervento d’integrazione salariale a seguito della sottoscrizione di contratti di solidarietà. I lavoratori svantaggiati, assunti con contratto a tempo determinato o indeterminato da aziende private, possono essere ammessi al trattamento d’integrazione salariale in deroga se in possesso del requisito di anzianità aziendale di novanta giorni previsto dalla legge, in base ad accordi territoriali tra regioni e parti sociali e nel limite temporale della vigenza del contratto. Nell’ambito della programmazione FSE 2009-2010, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali sta provvedendo al finanziamento di diversi progetti finalizzati al miglioramento delle condizioni dei soggetti svantaggiati, differenziandoo gli interventi a seconda delle particolari tipologie di svantaggio. Di tali iniziative il rappresentante del governo ha dato dettagliatamente conto, osservando, in conclusione, che il governo ritiene di avere esaurito compiutamente la disamina degli argomenti portati all’attenzione con l’atto parlamentare in discussione; qualora, invece, si ritenesse di dover vagliare gli impegni posti e di sottoporli a votazione, il governo ha la necessità di una pausa di riflessione, al fine di approfondire ulteriormente gli argomenti trattati e di conferire loro una concreta operatività, a fronte di una formulazione, allo stato attuale, alquanto generica e, di difficile attuabilità pratica.

La deputata Gatti (Pd) ha osservato che i tagli operati dal governo nel settore delle pulizie nelle scuole rischiano di mettere a repentaglio il posto di lavoro di migliaia di lavoratori per molti dei quali la CIG è ormai prossima alla scadenza. La richiamata riduzione dei fondi comporterà una contrazione significativa sia degli orari sia degli stipendi, che, a fronte di un aumento della produttività, appare incompatibile con l’esigenza di reinserimento sociale dei soggetti svantaggiati in questione, anche laddove essi fossero impiegati da altre aziende del settore: in tale situazione, il governo dovrebbe assuma impegni seri e concreti sull’argomento, in vista della risoluzione della problematica segnalata.

Il deputato Damiano (Pd) ha giudicato insoddisfacente ed evasivo l’intervento svolto dal rappresentante del governo, nella parte in cui avrebbe dovuto indicare le misure operative da porre in essere, ed ha sottolineato l’urgenza di una iniziativa di ampio respiro per un settore in crisi, come quello dei servizi di pulizia in ambito scolastico, soggetto, peraltro, ad una concorrenza spietata tra imprese, spesso in corsa per l’accaparramento di appalti al massimo ribasso. I tagli di risorse a tale settore, a suo avviso, rischiano di produrre gravi conseguenze sul versante dell’occupazione e dei salari, colpendo in, particolare, i soggetti più svantaggiati. Nel chiedere misure concrete a sostegno dei lavoratori in questione, anche in accordo con le organizzazioni di rappresentanza sindacale, ha osservato infine che i provvedimenti di natura economica assunti di recente dal governo rischiano di rendere ancora più esplosiva la situazione sociale di migliaia di lavoratori già posti in cassa integrazione, portando a vere e proprie forme di disoccupazione di massa.

Il sottosegretario Viespoli ha ricordato che sulla questione oggetto della risoluzione, dibattuta da molti anni e da Governi di diverso colore, si sono registrate fin dall’inizio evidenti difficoltà connesse alla copertura finanziaria, che, insieme ad un problema di tenuta sul mercato delle imprese chiamate ad assumersi i costi della esternalizzazione dei servizi in questione, ne hanno impedito una felice conclusione. Il governo, agendo in costante interlocuzione con le parti sociali, sta elaborando possibili soluzioni condivise di più ampia portata, al fine di superare le criticità esistenti nel mondo dell’occupazione. In proposito, si è dichiarato disponibile ad avviare con la Commissione un lavoro di confronto e di approfondimento, non solo sui temi del sostegno al reddito, ma anche su quelli legati alla produttività delle imprese, per impedire che si protraggano dannose pratiche volte esclusivamente a prorogare interventi di natura assistenziale, tenuto conto che gli interventi di salvaguardia dell’occupazione, già posti in essere dall’rsecutivo, danno la possibilità di operare con una certa tranquillità anche dal punto di vista del rispetto dei tempi.

Il deputato Paladini (Idv) ha auspicato un lavoro comune, in particolare sui temi della tutela dei lavoratori svantaggiati e dei settori a rischio, come quello indicato nella risoluzione in discussione, nonché della salvaguardia di una omogenea applicazione dei trattamenti di integrazione salariale.

La deputata Murer e il deutato Damiano (Pd), nell’apprezzare la disponibilità mostrata dal rappresentante del governo, hanno auspicato che sulla materia oggetto della risoluzione si possa pervenire a individuare soluzioni concrete, che riguardino, in particolare, la tutela di quei lavoratori colpiti dal taglio di risorse operato dal governo nel settore dei servizi di pulizia e di sorveglianza nelle scuole.

Dopo che il sottosegretario Pasquale Viespoli ha precisato che potrà essere esaminata anche la questione relativa alle sorti occupazionali dei lavoratori in oggetto, il seguito della discussione è stato rinviato ad altra seduta.

Sempre nella seduta di giovedì 17 giugno, la Commissione ha esaminato in sede consultiva (parere alla Commissione trasporti) la proposta di legge n. 44 e abbinate-B, approvata, in testo unificato, dalla Camera e modificata del Senato. La Commissione, dopo un ampio dibattito, ha approvato la proposta di parere favorevole presentata dalla relatrice Rossi.