“La nostra posizione è semplice: togliendo il cosiddetto ‘scudo penale’ si è offerto un alibi gigantesco a un’azienda, Mittal, che non sta rispettando il piano industriale, che è da verificare in tutte le sue parti, né il piano occupazionale, tanto che c’è la cassa integrazione”. A dirlo è la segretaria generale della Fiom Cgil Francesca Re David, in un’intervista apparsa domenica 10 novembre sul quotidiano Il Manifesto.

Il cosiddetto ‘scudo penale’ fu introdotto nel 2015 “per i commissari di Ilva per permettere loro di portare avanti le bonifiche senza rispondere delle malefatte dei Riva. Nessuno ha sollevato il problema finché, dopo la firma dell’accordo con Mittal, governo e azienda decidono di riscriverlo”. Re David rileva che “lo ‘scudo penale’ non significa che l’azienda è al di sopra della legge. Significa che se tu entri in una casa sporca non ti posso dare la colpa dello sporco, ti do un tempo per pulire e, via via che procede il piano, se non lo rispetti allora poi ne rispondi. Oggi anche il semplice ingegnere che firma una semplice prescrizione è a rischio di essere chiamato a rispondere penalmente per problemi non creati da lui, ma dai Riva”.

La segretaria generale della Fiom rileva che “per gli asset strategici di un Paese, come è l'acciaio da noi, serve una capitalizzazione pubblica, che è cosa diversa dalla nazionalizzazione. In Italia gran parte delle aziende più forti e più remunerative, come Eni, Enel e Poste, sono a capitalizzazione pubblica. Non è più possibile che invece le multinazionali vengano in Italia a prendere soldi pubblici e poi se ne vadano lasciando i lavoratori per strada”.