"La relazione del presidente dell’Inail De Felice è stata come sempre puntuale e interessante, e ha evidenziato punti che giudichiamo positivi". Questo il primo commento di Sebastiano Calleri, responsabile dell'Ufficio Salute e sicurezza della Cgil nazionale, alla Relazione annuale dell'Inail. "Il bilancio dell’Istituto - spiega l'esponente sindacale - presenta un buon margine di solidità, gli infortuni mortali sono ancora in calo (anche se su questo il presidente ha promesso supplementi di ragionamento, in quanto per la prima volta sono stati inseriti i dati dei lavoratori precari che necessitano di una attenzione maggiore), procede l’integrazione del comparto della ricerca e sono state incrementate le attività per il recupero e la riabilitazione dei lavoratori infortunati (come previsto dalla Legge di stabilità 2016)". Altro punto positivo, aggiunge, ci è sembrato lo sviluppo del progetto Open Data, che permette la circolazione e la fruizione delle informazioni da parte di una più ampia platea.

"Avremmo voluto però ricevere più informazioni sull’efficacia e il reale effetto dei finanziamenti Isi alle imprese, che giunti al loro quinto anno di funzionamento avrebbero bisogno di un bilancio almeno provvisorio" continua il responsabile Salute e sicurezza Cgil: "Ci sembra, inoltre, di poter rilevare che la proposta di un meccanismo che faccia entrare l’osservanza delle norme su salute e sicurezza nei giudizi di qualità delle opere (le grandi opere, ma anche gli appalti), vada nella giusta direzione".

Alla presentazione, che si è tenuta giovedì 9 luglio a Roma, presso la Camera dei Deputati, è intervenuto anche il ministro del Lavoro Poletti, che "ha affermato che i dati Inail vanno meglio analizzati anche alla luce dell'incremento delle malattie professionali rilevate, denunciate e riconosciute, e che questo indicatore potrebbe rilevare non buone condizioni di lavoro in generale". Il ministro si è poi soffermato sui dati dei lavoratori precari: "Poletti ha riconosciuto (e finalmente!) che queste persone hanno tassi infortunistici e di morbilità molto più alti dei loro colleghi a tempo indeterminato". Il titolare del dicastero del Lavoro, aggiunge Calleri, ha anche affermato "che le maggiori responsabilità, relativamente a questo, si devono al fatto che le aziende non investono in formazione e in addestramento in misura adeguata; avendo il governo, però, a dire di Poletti, ripristinato il rapporto a tempo indeterminato come forma prevalente con le norme previste dal Jobs Act, il problema sarebbe risolto di conseguenza".

È evidente come per la Cgil "questo ragionamento non sia condivisibile, in quanto proprio il Jobs Act espone i lavoratori e le lavoratrici a una maggiore precarietà attraverso le norme sulle tutele crescenti e sui licenziamenti individuali". Quindi quello che serve, argomenta il sindacalista, è che "il governo comprenda fino in fondo gli effetti sulla salute e sicurezza dei lavoratori dei propri provvedimenti, mettendo in campo efficaci strumenti di monitoraggio e controllo per alzare il livello di rispetto delle norme da parte delle stesse aziende".

Altro argomento affrontato dal ministro è stato quello dell’Ispettorato unico. "Ci sembra di poter rilevare, dal senso delle dichiarazioni, che rimane ancora una qualche incertezza nelle amministrazioni sulle modalità di realizzazione del coordinamento fra enti preposti alle ispezioni che questo nuovo organismo dovrebbe assicurare. Per questo non condividiamo le affermazioni del ministro in merito alle decisioni che hanno portato all’istituzione dell'Ispettorato unico" conclude il responsabile dell'Ufficio Salute e sicurezza della Cgil nazionale: "Proprio nel momento in cui ci sono i dati richiamati da De Felice e Poletti, e bisogna affrontare le nuove sfide degli infortuni, delle malattie professionali e del lavoro precario, non sono sostenibili e apprezzabili provvedimenti che indeboliscono la capacità di controllo e di rispetto delle norme su salute e sicurezza".