La situazione alla Rai e il futuro del servizio pubblico. Questo, il tema dell’intervista rilasciata oggi a Italia parla, la rubrica di RadioArticolo1, da Fulvio Fammoni, presidente della Fondazione Di Vittorio.

"Nessuna richiesta di confronto da parte sindacale è stata accolta dal governo, e nel contempo non sono stati definiti i contenuti del nuovo piano editoriale. Quella attuale, è una Rai in grande difficoltà, perché se mancano tali premesse qualsiasi azienda farebbe fatica a funzionare. Nel frattempo, la concessione è scaduta da mesi, un atto fondamentale per il futuro del servizio pubblico radiotelevisivo e per il funzionamento dell’azienda pubblica”, ha affermato il dirigente sindacale.

 

“Canone, frequenze, innovazione tecnologica, radiofonia, cultura, rapporto canone-pubblicità, sedi regionali, lavoro: ecco le priorità indicate nel nostro documento inviato alla Commissione parlamentare di vigilanza e alla discussione di governo e Parlamento. La riduzione dell’evasione con il canone nella bolletta elettrica è un obiettivo centrato, ma nello stesso tempo la diminuzione di 10 euro dell’importo del canone stesso ha lasciato invariate le risorse destinate alla Rai rispetto agli anni passati, senza dimenticare che il canone in Italia è nettamente il più basso d’Europa. Perciò, noi chiediamo certezza del gettito, ovvero che non venga toccata la quantità d’introiti tramite canone, e certezza della programmazione aziendale: al momento, non ci sono entrambi”, ha rilevato il sindacalista.

“Sul piano tecnologico, la Rai è in ritardo rispetto ad altre aziende di comunicazione, con gravi danni sul piano del servizio pubblico: uno, di carattere aziendale, rispetto ai concorrenti sul mercato, come Mediaset, ma soprattutto Sky; l’altro, nei confronti del Paese. In giro per l’Italia vi sono grandissimi problemi di visione della nuova tecnologia digitale, e molti utenti che pagano regolarmente il canone non hanno la certezza di accesso su tutte le varie piattaforme della visione dei programmi del servizio pubblico. E nel 2022 entrerà in vigore la nuova legislazione europea, con la concessione della liberalizzazione della banda da 700 megahertz”, ha osservato ancora l’esponente Cgil.

“La Cgil chiede sia riconfermata e aggiornata la definizione della Rai quale grande istituzione culturale italiana. Vanno benissimo i canali dedicati a cultura e minori, ma se raffrontiamo la nostra azienda ai programmi trasmessi dalla Bbc o dalla tv pubblica francese, i ritardi sono gravi. Ci vogliono investimenti internazionali per far inviare programmi di qualità a una platea di almeno 60 milioni di persone che nel mondo parlano la nostra lingua”, ha precisato il presidente della Fdv.

“Non ultime, le questioni relative alle sedi regionali, che devono garantire nel territorio la possibilità di un presidio di pluralismo sociale nelle trasmissioni, con i lavoratori Rai che devono avere voce in capitolo anche sulle dotazioni tecnologiche e di organico, oggi spesso assenti. In palese ritardo è anche la radiofonia, un settore dinamico che risulta in crescita, oltre ad essere una possibilità di sviluppo per il futuro delle attività del servizio pubblico. Infine, bisogna saper valorizzare le grandi capacità professionali interne all’azienda e limitare l’abnorme utilizzo di appalti e consulenti. Parallelamente, c’è bisogno dell’ingresso di nuove professionalità, di giovani: tutto ciò può essere fatto senza ricorrere a forme di sfruttamento e di lavoro precarie e senza rivolgersi all’esterno, ma cominciando a pensare come si possa riportare una parte delle attività anche all’interno del servizio pubblico. Insomma, c’è bisogno di una gestione diversa, che è il lavoro nel prossimo futuro”, ha concluso Fammoni.