“Nel periodo 2007-2014 il prodotto interno lordo della Puglia si è ridotto di 10,5 punti percentuali. Nell’insoddisfacente quadro economico, l’aumento degli occupati nel 2015 non può che essere legato a una crescita di lavoro esclusivamente precario”. A dirlo è il segretario regionale della Cgil Puglia, Pino Gesmundo, commentando le anticipazioni del Rapporto Svimez sull’economia del Mezzogiorno che sarà diffuso mercoledì prossimo.

“Un dato per tutti – afferma il dirigente sindacale – è la crescita smisurata dell’utilizzo dei voucher che nel 2015 in Puglia sono aumentati del 300 per cento rispetto al 2013. E il dato degli occupati è drogato dalle circa 106mila assunzioni legate alla decontribuzione totale. In generale, dunque, si tratta di lavoro precario e instabile, con il tasso di occupazione del 43 per cento ancora ben al di della media nazionale del 56 per cento”.

Non è quindi un caso che le differenze di reddito siano ancora nette. Il Pil pro capite del Sud – secondo i dati Svimez – è pari a 16.828 euro contro i 29.900 euro del Centro-Nord. L’insediamento delle imprese rimane ancora squilibrato. Quelle attive che operano in Italia sono insediate per il 44 per cento al centro Nord e solo per il 31 per cento al Sud. I dati di crescita al Sud sono spinti soprattutto da agricoltura e costruzioni, a differenza del Nord sostenuto dall’industria. Il tema vero è che negli ultimi 8 anni si è perso lavoro stabile a fronte di tanto precariato. 

Ma non tutto è negativo. “La Puglia – commenta Gesmundo – gode di un sistema agroalimentare di alto livello e con grandissima propensione all’esportazione dei suoi prodotti, è in grande espansione nella meccatronica e nell’industria aerospaziale anche con la nascita di interessanti realtà imprenditoriali locali, ha una rete aeroportuale e portuale che la rende cerniera del Mediterraneo e conveniente nell’interscambio Asia-Europa, ha il primato italiano per la produzione di energia da fonti rinnovabili, in crescita risulta l’industria farmaceutica, biomedicale e della diagnostica, possiede un sistema di piccole e medie imprese che hanno superato la fase acuta della crisi innovando, un contesto ambientale e culturale che potrebbe determinare il decollo vero del settore turistico; Università, Politecnico e centri di ricerca con vere punte di eccellenze".

Ci sarebbero a disposizione circa 8,3 miliardi rivenienti dai fondi comunitari (tra Fondo europeo di sviluppo regionale, Fondo sociale europeo e Piano di sviluppo rurale) "le cui linee strategiche – osserva l'esponente della Cgil – sono state condivise con noi e con le quali pensiamo debbano integrarsi i 2 miliardi del patto da sottoscrivere con il governo. Si tratta di fondi da utilizzare al meglio e gli assi strategici sui quali puntare per creare le condizioni della crescita dell'occupazione non possono che passare attraverso vere politiche di sviluppo del territorio. Sviluppo che riguarda un intero ventaglio di interventi e che interroga la responsabilità e le capacita della classe dirigente tutta di farsi carico di un progetto complessivo di rinascita territoriale della nostra Puglia”.