La ripresa del dialogo tra governo e sindacati per il rinnovo contrattuale dei lavoratori statali. Questo, l’argomento principale dell’intervista a Michele Gentile, responsabile del settore pubblico della Cgil nazionale, realizzata stamattina (14 febbraio) da RadioArticolo1. “In realtà, gli incontri di ieri all’Aran (l’agenzia della contrattazione nelle pubbliche amministrazioni) avevano all’ordine del giorno anche il Testo unico della pubblica amministrazione, che andrà in Consiglio dei ministri il 17 febbraio. Com’è ovvio, le due cose sono intrecciate, come lo erano nell’accordo del 30 novembre scorso, unitamente alle risorse economiche, che bisognerà aggiungere a quelle previste dalla legge di bilancio 2017, per arrivare a quota 85 euro di aumento. Dopo la legge Brunetta, i contratti si erano bloccati, perché quella norma aveva sottratto materie importantissime alla contrattazione. Dunque, il nuovo contratto presuppone il superamento della Brunetta. Grazie al protocollo del 30 novembre 2016, è previsto il riequilibrio fra leggi e contratti, da ritrovare nel Testo unico. Stesso riequilibrio deve riguardare provvedimenti di legge già varati, come la Buona scuola. Terzo ordine di problemi, la partita economica”, ha spiegato il dirigente sindacale.   

 

“Uno degli assi portanti della 107 viene scardinato: mi riferisco all’impianto autoritario di quella legge, dove il dirigente scolastico con atto unilaterale decideva da solo. Proprio tale impostazione ha portato la Buona scuola al fallimento politico, e con l’accordo sulla mobilità, firmato a dicembre da sindacati e ministra del Miur, Valeria Fedeli, è già iniziato un nuovo percorso per via contrattuale. È un segnale importante, che permette al mondo della scuola di tornare verso la normalità democratica, cioè i lavoratori gestiscono le proprie condizioni di lavoro nell’ambito di regole date attraverso lo strumento contrattuale”, ha continuato l’esponente Cgil.  

“Sempre la Brunetta aveva il problema delle tre fasce di valutazione uguali per tutti nell’intera amministrazione, a prescindere dalla funzionalità dell’amministrazione stessa. Ragion per cui, un quarto dei dipendenti pubblici doveva essere obbligatoriamente penalizzato. Ora, le tre fasce scompaiono e il principio è che i contratti devono comunque introdurre elementi che possano determinare anche per via negoziale una differenziazione: questo è un tema che dovremo ragionare dentro ai ccnl, ma senza logiche predefinite, che prescindano dall’effettivo apporto delle persone e soprattutto dal modo in cui i singoli lavoratori interagiscono per una produttività collettiva, che poi è la produttività dell’amministrazione: la Brunetta la faceva discendere solo dalla produttività dei singoli, ma noi sappiamo che questo è un errore, perché bisogna partire dall’operato dell’azienda, non dall’operato dei singoli. Sul rapporto fra legge e contratto, cioè sul restituire titolarità al contratto sulle materie relative al rapporto di lavoro, all’organizzazione del lavoro, al trattamento economico, mi sembra che un’intesa possa profilarsi”, ha rilevato il sindacalista.

Un terzo problema riguarda l’impianto della contrattazione, dove vanno assolutamente superati tutti i vincoli introdotti dalla Brunetta, al punto tale che la contrattazione era stata privata della propria titolarità e, di fatto, incentivava a superare il sistema di relazioni sindacali. In merito al Testo unico sulla pubblica amministrazione, un punto dirimente attiene al superamento del precariato, nel senso che è prevista una riduzione delle forme di lavoro flessibili utilizzabili dentro l’apparato pubblico a vantaggio di forme di lavoro stabile. Si questo tema, dopo le numerose sanzioni comminate dalla Corte di giustizia europea, è evidente che il nostro governo deve trovare una soluzione, che per noi sta nella definizione di un piano triennale di stabilizzazione del personale assunto con contratto flessibile, in attesa che si sblocchino il turn over e le procedure concorsuali”, ha aggiunto il responsabile del pubblico impiego di Corso d’Italia. 

Infine, sui voucher ribadiamo che non possono essere utilizzati né nella pubblica amministrazione, né altrove, e quindi invitiamo il presidente Inps, Tito Boeri, a dirci quali sono i 148 enti pubblici che vi hanno fatto ricorso, per un totale di un milione 200 mila buoni lavoro utilizzati nel 2016. Insomma, alla fine possiamo dire che la lotta di lavoratori e sindacati paga e che ci siamo messi alle spalle una stagione caratterizzata dal blocco dei contratti e dalla Brunetta, che ha causato tanti effetti nefasti nella pa, contribuendo ad accrescere le diseguaglianze tra lavoro pubblico e privato, con gli statali che hanno pagato la crisi più di tutti, anche dal lato retributivo”, ha concluso Gentile.