Grandi privilegi ed enormi guadagni. Sì, il lavoro del sindacalista garantisce tutto questo. Non stiamo di certo parlando del binomio denaro e carriera, dato strumentalmente in pasto all'opinione pubblica, ma di qualcosa di più e meglio. Ovvero il privilegio di impegnarsi, giorno e notte, in qualcosa che ti fa sentire utile; il guadagno che si trae nel ritrovarsi in una comunità di donne e uomini, fare parte di questa, la parte giusta dove stare, quella dei lavoratori. Per invertire quella percezione generale, quella propaganda che mira alla pancia abbandonando la testa, abbiamo deciso di raccogliere le storie di alcuni sindacalisti sul territorio: i loro percorsi sindacali, fatti di vittorie e fatiche, sacrifici e anche sconfitte. In un'epoca di generale disillusione e di disintermediazione spinta c'è chi, tutti i giorni, lavora per perseguire un interesse generale, al fianco dei lavoratori. Queste sono le storie di alcuni di loro. Quattro storie, in parte simili e in parte no, tutte con un filo: l'orgoglio di rappresentare i lavoratori, la voglia di migliorare le loro condizioni.

“Se faccio questo lavoro lo devo a mio padre. Era 'zolfataro' nelle cave qui di Agrigento. Nel dopoguerra si lavorava in condizioni terribili. Era completamente analfabeta e al sindacato trovò qualcuno disposto ad ascoltarlo e ad aiutarlo. Aveva una grande senso della dignità e con questa ci ha cresciuto. Ecco, quando incontro qualcuno che ha bisogno di un aiuto ritrovo davanti mio padre. Ed è questo che mi muove”. Alfredo Buscemi, 51 anni, è il segretario generale della Fp Cgil di Agrigento. Una carriera nel sindacato che parte da semplice iscritto - “ho preso la tessera della Funzione Pubblica il 5 novembre del '98, il mio primo giorno di lavoro al comune di Aragona”, racconta - per arrivare poi alla guida della Fp nissena nel 2009. Lo scorso anno, con la scure che si è abbattuta sui permessi sindacali, Alfredo è tornato in produzione: “Esattamente nello stesso posto e allo stesso livello che avevo lasciato”. 

Alfredo adesso è 'in mezzo distacco', lavora presso l'Inps di Agrigento dalle dalle 7,30 alle 15 e poi attacca il suo lavoro in Cgil. Pur essendo un punto di riferimento per molti sul territorio ha deciso di lasciare ad altri la possibilità di 'godere' del distacco: a funzionari impegnati in settori cruciali come l'igiene ambientale e la sanità. “Non rappresentavamo nulla in sanità - dice Alfredo -, poi con grande lavoro e fatica abbiamo costruito un comparto che per noi è un orgoglio e i risultati si sono visti nella crescita degli iscritti e nei voti alle Rsu. È un comparto giovane e non volevo che si 'perdesse', per questo ho deciso di continuare a investirci, per cementare la fiducia dei lavoratori”. 

Ed è così che Alfredo ha scelto di 'rientrare in produzione', allo stesso livello di quando ottenne il distacco, ma va bene così: “Come dice mia moglie 'non ho vinto alcun concorso per fare il sindacalista', ma certo che non ci vengano a parlare di presunti privilegi...”. Di fatti, Alfredo ribadisce (e come lui anche nelle altre storie la parola ritornerà spesso): “Qui siamo in trincea: comuni in dissesto, terzo settore in crisi, licenziamenti nelle cooperative sociali, mancati stipendi, precari che non si stabilizzano. Ma io continuo perché è ciò che voglio ed è ciò che ho scelto. Lo faccio perché ho dentro il ricordo e l'insegnamento di mio padre e poi perché niente vale la soddisfazione di incrociare lo sguardo di qualcuno al quale hai risolto un problema. Nessun sacrificio può offuscare quell'emozione”.

Ci spostiamo in Basilicata e incrociamo la storia di Roberta Laurino, segretario generale della Funzione Pubblica Cgil di Potenza. Roberta ha 44 anni e dal 2012 dirige la categoria. Anche lei da semplice iscritta, poi delegata al Comune, è arrivata alla guida della Fp potentina. Le chiediamo: per quale motivo hai scelto la vita da sindacalista? “Ho sentito crescere la necessità di impegnarmi in qualcosa di 'socialmente utile', avevo voglia di essere più attiva. Poi questo impegno è diventato una 'droga', una passione che si è scatenata”. Roberta nel '98 vince un concorso pubblico e entra al comune di Picerno con un ruolo di una certa rilevanza: responsabile dell'area economico e finanziaria. 

Da lì passerà al Comune di Potenza, qui matura quella voglia di impegnarsi. “Mi candido alle elezioni delle Rsu e comincio a dividermi tra il lavoro al Comune e quello di rappresentanza che comincia a prendermi inesorabilmente. A metà del mandato mi chiedono se avevo voglia di dedicarmi a tempo pieno nella categoria e vado così in distacco. È stata una mia precisa scelta: ho lasciato la mia posizione al Comune e mi sono dedicata totalmente al lavoro in categoria”. Una carriera veloce quella di Roberta, a scapito delle prospettive che il lavoro in Comune le poteva garantire, eppure ne ha già tante di storie da raccontare. “Quale ricordo conservo del mio lavoro in Cgil? Di sicuro l'aver assicurato un posto di lavoro al personale precario del Comune di Potenza. Una battaglia lunghissima, durata più di un anno, condotta tra il 2008 e il 2009 quando siamo riusciti a stabilizzare 140 persone. Nessuno mi toglierà dalla memoria l'emozione, la gioia, quella mia e soprattutto quella dei lavoratori, provata il giorno in cui si firmarono i contratti di stabilizzazione”. 

Ma, alla fine, ne è valsa la pena? “Certo c'è una grande differenza tra il lavoro che facevo prima al Comune e adesso che sono impegnata in Cgil. Lavoro ininterrottamente, direi quasi ventiquattrore su ventiquattro. Dico spesso che faccio anche il 'turno serale' quando, rientrata a casa, studio e mi tengo aggiornata. Eppure non mi pesa: è un lavoro che assorbe completamente l'esistenza ma che faccio con passione. Ci credo davvero, tra ritmi indiavolati e grandi sacrifici sul piano personale. Ma è la passione a muovermi, non ci sono altri modi per farlo se davvero vuoi aiutare i lavoratori”.

Passiamo quindi a Bari e incrociamo la storia di Domenico Ficco, 39 anni, segretario generale della locale Fp Cgil. “Sono sempre stato a sinistra, già durante il periodo universitario. Frequentavo la Camera del Lavoro del mio paesino, Terlizzi, e mi sono sempre sentito parte della Cgil”, racconta Domenico. “Ma il vero approccio c'è stato quando per lavoro, seppur da precario, mi sono trasferito a Roma. Lavoravo come co.co.co. all'Unione italiana delle Camere di commercio e sono stato l'unico precario all'interno di quell'ente iscritto alla Cgil”. Qualche anno dopo Domenico - statistico, 'masterizzato' in business administration, ricercatore e altro ancora - supera una selezione pubblica e, sempre da precario, entra all'Arem, l'agenzia regionale pugliese per la mobilità.

“Sono rientrato in Puglia - continua Domenico - e qui, forte delle scottature vissute da precario, ho deciso di rendermi un po' più protagonista del movimento dei precari intorno all'ente. Sono riuscito a coinvolgere tutti i colleghi e in maniera compatta ci siamo iscritti tutti alla Cgil, seguiti fin dal primo momento dalla Fp di Bari”. Un percorso “lungo e duro” sfociato nella stabilizzazione di tutti i lavoratori. Dopo questa 'vittoria' a Domenico propongono di avviare una collaborazione più stretta con la Cgil che lo porterà nel febbraio del 2012 alla guida della Funziona Pubblica barese. “Un atto di coraggio, di affidamento totale, non solo della struttura territoriale ma anche nazionale”, spiega col sorriso Domenico. 

Eppure anche lui, benché siano pochi gli anni ricoperti con incarichi di responsabilità, ha il suo personale ricordo. “Non posso dimenticare l'impegno e i risultati raggiunti per i precari impegnati qui in Puglia sugli screening oncologici. Noi viviamo di queste piccole soddisfazioni: riuscire qualche volta a dare risposte ai tanti lavoratori precari”. Soddisfazioni, e anche sconfitte, che costellano il lavoro del sindacalista. “È come se avessimo abbracciato uno stile di vita totalizzante. Questo è il sindacato”, scandisce Domenico che ci spiega: “Lo fai con passione altrimenti non lo faresti. Ti ripaga vedere la soddisfazione dei lavoratori ma ti prende completamente al punto tale da sacrificare la tua vita privata. Siamo in trincea e le emergenze si accavallano l'una sull'altra e quando non è così hai la necessità di studiare e approfondire. Per questo dico grazie a mia moglie. È lei che sopperisce alle mie mancanze. Pensa che ho avuto il mio primo figlio nel pieno della campagna delle Rsu. Elezioni che, per inciso, abbiamo stravinto...”. 

Chiudiamo trasferendoci al nord con la storia di Fabio Catalano Puma. Fabio ha 33 anni ed è nella segreteria della Funzione Pubblica di Pavia. Fabio è un agente di polizia penitenziaria presso il carcere locale. “Sono entrato nel 2004, dopo aver vinto un concorso e subito dopo mi sono iscritto alla Cgil. Perché? È una scelta che deriva dalla storia culturale della mia famiglia, il mio papà era un rappresentante sindacale”. 

Fabio per anni, dal 2012, è stato nella segreteria della Fp di Pavia pur essendo allo stesso tempo impegnato al carcere, soltanto da luglio è distaccato e di storie anche lui ne ha tante e come le altre girano tutte intorno alla stabilizzazione del personale precario. “Difficile citarne una - spiega -, di storie ce ne sono parecchie. Forse quella che più di tutte mi è rimasta dentro è stata la stabilizzazione del personale precario della croce rossa. Per un paio di anni siamo arrivati al 31 dicembre, con assemblee convocate per quella data, senza sapere se ci fosse stata o meno una prospettiva di proroga. Quando poi nell'ottobre dello scorso anno siamo riusciti a stabilizzare questi lavoratori, circa quaranta qui a Pavia, è stata una gran bella soddisfazione. Quando vivi con loro le difficoltà e le superi, quelli sono momenti da ricordare”.

Fabio, gli chiediamo, sei giovane ancor prima di essere un giovane dirigente sindacale: come leggi questo 'dare addosso' al sindacato? “Io verifico l'affetto, la fiducia e l'apprezzamento dei lavoratori tutti i giorni, tutte le volte che sono sul posto di lavoro, in assemblea o da altre parti. Dal territorio questa visione negativa che si vuole dare del sindacato viene percepita mento dai lavoratori perché sono loro, in prima persona e sulla loro pelle, che ci vedono presenti tutti i giorni al loro fianco. Impegnati, come siamo, per migliorare le loro condizioni”.