"Una vittoria anche culturale. La conferma che spesso la letteratura, il cinema, riescono ad avvicinarsi alla realtà prima della giustizia". Così Pasquale Scimeca, regista di Placido Rizzotto, ha commentato all'Ansa il ritrovamento dei resti del sindacalista, ucciso dalla mafia nel 1948.

Il cineasta palermitano, nel suo film presentato nel 2000 al Festival di Venezia, ha rappresentato l'omicidio di Rizzotto avvicinandosi alla ricostruzione reale dei fatti. "Le indagini del delitto - ha ricordato Scimeca -, condotte da Carlo Alberto Dalla Chiesa, portarono all'arresto degli esecutori, che ammisero di aver agito insieme a Luciano Liggio che era latitante e possedeva proprio uno dei terreni che era stato assegnato alla cooperativa di Rizzotto. Poi ritrattarono e vennero tutti assolti, per insufficienza di prove".

La sua pellicola è anche una riflessione
complessiva sulla Sicilia. "Una disgraziata terra che continua ad essere ostaggio della mafia - a suo giudizio - anche se oggi tante cose sono cambiate. Ma se il processo su Rizzotto non si può rifare, sarebbe bello approfittarne per celebrare una sorta di Processo morale alla mafia in generale".

"Quest'anno ricorrono una serie di anniversari,
20 anni dalle stragi di Falcone e Borsellino, 30 dall'omicidio Dalla Chiesa - ha concluso -. In loro nome e nel nome di tutti i caduti, occorrerebbe analizzare a tutti i livelli, il rapporto tra politica e mafia, uno degli aspetti più inquietanti e controversi del fenomeno mafioso e della storia delle forze politiche e delle istituzioni del nostro paese".