Quella dell’edilizia è una crisi strutturale in atto ormai da oltre sei anni. Nel primo trimestre del 2014, rispetto allo stesso periodo del 2013, il comparto ha subìto un calo di 4,8 punti su scala nazionale, con il risultato peggiore nel meridione – 8,6 punti in meno – e un decremento complessivo degli addetti di 76mila unità (dati Istat). Il numero di persone impiegate, informa l’Istituto nazionale di statistica, è sceso per la prima volta sotto quota 1,5 milioni (1.497.000).

Ma la crisi non è il solo male da cui è affetta l’edilizia, un settore “la cui pelle è impregnata dalla mafia, dalle infiltrazioni criminali e dalla illegalità diffusa”. Ad affermarlo è Salvatore Lo Balbo, componente della segreteria nazionale della Fillea. “Inutile girarci intorno, edulcorando i termini – mette in chiaro il sindacalista –. La mafia è nei cantieri e l’impegno per la difesa della legalità, che significa lotta alla criminalità organizzata, è un elemento centrale del nostro lavoro”. “Lo facciamo – precisa – attraverso il confronto continuo con i nostri compagni nei territori, la stipula di protocolli, il monitoraggio delle attività e dei risultati realizzati, il lavoro all’interno dell’Osservatorio sull’edilizia e la legalità, che è il soggetto attraverso il quale alimentiamo il dibattito sulla prevenzione e gli strumenti da adottare, e naturalmente nei cantieri, dove portare la legalità significa affermare i diritti e un lavoro dignitoso”.

Portare la legalità nei cantieri vuol dire ovviamente – anche se può apparire paradossale, dato l’oggetto – farla rispettare pure nella ristrutturazione e costruzione delle carceri. E proprio a questo tema, mercoledì 9 luglio, la Fillea nazionale ha dedicato un seminario con i segretari generali regionali e territoriali delle aree coinvolte dal Piano carceri. Conoscere le Linee guida antimafia per il Piano, gli accordi e i protocolli sulla base dei quali impostare gli interventi in materia di legalità, regolarità e sicurezza sui territori coinvolti e condividere le esperienze e le buone pratiche già realizzate: questi gli obiettivi dell’appuntamento convocato dal Dipartimento Infrastrutture, territorio, legalità e Mezzogiorno della categoria. Obiettivi cui si è aggiunta la necessità di dare indicazioni sull’azione all’interno dei cantieri, realizzare un focus sull’addendum allo schema di protocollo di legalità allegato alle Linee guida e sullo strumento della contrattazione di anticipo.

Ma vediamo più da vicino cos’è il Piano carceri, quali sono le novità positive in esso contenute, quali le criticità. Il Piano (e il modello) varato nel 2010 al fine di porre un argine al problema del sovraffollamento carcerario, si articola lungo quattro filoni d’intervento: i primi due relativi all’edilizia carceraria (per il recupero e l’ampliamento degli istituti esistenti e la costruzione di nuove strutture), gli altri due concernenti il quadro normativo e l’assunzione di duemila nuovi agenti di polizia penitenziaria.

Il modello di riferimento usato nella sua formulazione era quello emergenziale del dopo terremoto aquilano con poteri derogatori delle ordinarie competenze riconosciuti al Commissario straordinario nell’attuazione degli interventi del primo pilastro (edilizia penitenziaria), orientatati alla velocizzazione delle procedure e alla semplificazione delle gare d’appalto per la costruzione di 47 nuovi padiglioni carcerari.

Nel 2011 la misura era stata integrata con l’impegno alla costruzione di 26 nuove carceri (di cui 8 in aree strategiche). Al Dipartimento della Protezione civile veniva affidato il braccio operativo della gestione emergenziale.Obiettivo della pianificazione, la creazione di 21.709 nuovi posti negli istituti penitenziari per una capienza totale di 80mila detenuti. A tal fine erano stati stanziati 600 milioni di euro (500 milioni nella Finanziaria 2010 e gli altri 100 provenienti dal bilancio della Giustizia). Risorse decurtate il 31 gennaio 2012 (di 228 milioni), per effetto dei tagli del Cipe.

Nel 2010 la portata massima
degli istituti carcerari nazionali era quantificata intorno alle 45mila unità di fronte a un numero effettivo di detenuti pari a 68mila individui. Nonostante l’aumento di circa 2mila posti, tre penitenziari su quattro continuano a essere sovraffollati. Nel febbraio 2014 la Fondazione Leone Moressa denunciava la necessità di soluzioni organiche e a lungo termine. Soluzioni cui dovrebbe pervenire il Piano, gestito a partire dal gennaio 2013 dal commissario straordinario Angelo Sinesio.

Attualmente indagato dalla procura di Roma per i reati di falso, abuso d’ufficio e diffamazione, Sinesio è oggetto dell’iniziativa giudiziaria per la gestione da parte del Dap, il Dipartimento amministrazione penitenziaria, dei lavori nelle carceri di Voghera, Lodi e Frosinone. “Opere – precisa Lo Balbo – che non fanno parte delle Linee guida antimafia pubblicate sulla Gazzetta Ufficiale del 18 giugno 2012”.

Il Piano oggi si sta rivelando una sterzata alla depressione da cui è da troppo tempo affetto il comparto. “Il dato che registriamo – afferma Lo Balbo – è che mentre altri grandi opere infrastrutturali sono ferme, penso ad esempio al Piano città (il programma del ministero delle Infrastrutture e Trasporti dedicato alla rigenerazione delle aree urbane degradate avviato dal Decreto sviluppo del giugno 2012, ndr), nei territori coinvolti dal Piano carceri si assiste all’assegnazione degli appalti, all’apertura di nuovi cantieri e all’offerta di nuovi posti di lavoro”.

Certo, non è la perfezione. È però un modello che ha finora dimostrato capacità di realizzazione in tempi congrui e con modalità trasparenti (sul sito www.pianocarceri.it è possibile, accedendo alla sezione Interventi, seguire in itinere l’avanzamento dei lavori). La regina delle cause dei rallentamenti resta una burocrazia talvolta eccessivamente capziosa e il mancato utilizzo di strumenti in grado di portare beneficio effettivo al compimento delle procedure. Il riferimento è in particolare alla Banca dati nazionale unica antimafia prevista dal decreto legislativo 159/11. “Uno strumento essenziale – afferma il segretario Fillea – che però non funziona”.