“Il 26 Settembre 2013 come Cgil, insieme a Cisl e Uil, abbiamo proposto a Confindustria e a Pensiamo Basilicata, una comune piattaforma per andare più forti e coesi al confronto che si è aperto con il Governo Nazionale dopo il decreto beffa, attuativo dell'articolo 16 della legge 27/2012. Un confronto che, se si è aperto, si deve prima di tutto all'impegno che il movimento sindacale ha sempre messo per contemperare tutela della salute e dell'ambiente con il giusto riconoscimento alla Basilicata. Quella piattaforma, nota con il nome “Vertenza petrolio: per la Basilicata” rappresenta la sintesi ed il vincolo per ognuno di noi ed esplicitamente le nostre richieste (come sindacato, ma anche come associazioni datoriali che l'hanno sottoscritta) fanno riferimento esclusivo alla giusta remunerazione dei progetti di sviluppo già autorizzati (i 24+25 mila barili Eni ed i 50 mila di Tempa Rossa) e non a nuovi progetti e nuovi pozzi, connessi alle domande di ricerca.”
Lo dichiara in una nota Alessandro Genovesi, segretario generale della Cgil Basilicata.

“Tanto è vero che la piattaforma sottoscritta recita testualmente “il contributo che, responsabilmente, la Regione Basilicata da infatti al sistema energetico nazionale deve essere giustamente compensato in termini di maggiore occupazione, sviluppo, coesione sociale, attenzione all'ambiente. Oggi ancora di più alla luce della grave crisi che colpisce i nostri territori” ed ancora ed in maniera esplicita continua “ il decreto 12 settembre 2013, in attuazione dell'articolo 16 legge n. 27 del 2012 se non modificato, altro non sarebbe che una beffa. Poiché la finalità dell'articolo è ristorare, con la costituzione di un fondo nazionale finalizzato allo sviluppo e il lavoro, i territori che contribuiscono all'aumento del proprio contributo alla SEN (strategia energetica nazionale), occorre applicare la quota aggiuntiva sulle imposte all'aumento dei barili estratti rispetto al contributo dato nel 2012. Tradotto: le estrazioni e l'aumento già previsto delle estrazioni dell'Eni (ricordiamo ad invarianza del numero dei pozzi, anzi con una graduale diminuzione degli stessi) così come la messa in produzione delle estrazioni a Tempa Rossa (e relativi barili), contribuendo all'aumento su indicato, devono pienamente rientrare nelle prescrizioni del decreto (...). Infine, ma non per importanza, il fondo deve esplicitamente poter essere utilizzato anche per progetti strategici di tutela ambientale e della salute”.

“Ciò vuol dire assumere fino in fondo il fatto che 2000 chilometri quadrati su 10 mila già individuati per la coltivazione di idrocarburi sono il massimo possibile e anzi che le tecnologie attuali possono permettere un utilizzo migliore degli attuali giacimenti con graduale riduzione dei pozzi e delle stesse opere invasive”.

“Confindustria – chiede esplicitamente Genovesi – chiarisca se stiamo dentro questo ragionamento e questa piattaforma e non che si sta provando ad utilizzare un tavolo di trattative con il Mise (relativo alla correzione del decreto, alla rimodulazione delle risorse oggi destinate alla carta carburante per invece destinarle domani ad interventi sociali, alla messa fuori dal patto di stabilità delle risorse delle royalties, ecc.), per fare altro. Ci dica chiaramente se stiamo trattando dei 90 mila barili già ricompresi nei piani di sviluppo (e quindi non di nuovi pozzi) o se vi è dietro la volontà di colonizzare definitivamente il nostro territorio da parte delle multinazionali. Se fossimo in questo ultimo caso Confindustria si dovrà assumere fino in fondo la responsabilità di una rottura del fronte sociale, con tutte le conseguenze che questo potrebbe avere per gli interessi della nostra regione, dei lavoratori e anche delle stesse imprese”.