Occupazione, parità di salario, condivisione, welfare e molestie. Sono le cinque direttrici della Piattaforma di genere che la Cgil ha presentato oggi, 6 ottobre, al Teatro Brancaccio di Roma, nel corso dell’Assemblea nazionale delle donne “Belle Ciao. Tutte insieme vogliamo tutto”.

“Punti di azione e di intervento, che – spiegano le organizzatrici – faremo vivere nella nostra attività di contrattazione, volti a contrastare le molestie nei luoghi di lavoro e a superare le diseguaglianze di genere nella ricerca di occupazione, nel salario e nell’accesso alle cure mediche”. “Siamo convinte – proseguono – che in una fase politico sociale così complessa e pericolosa sia ancor più fondamentale una nuova alleanza tra donne, solo così si potrà contrastare la regressione culturale, sociale ed economica, e rendere migliore questo Paese”.

Tutte insieme vogliamo tutto, le proposte. Il lavoro delle donne è scarso (l’Italia è agli ultimi posti in Europa per occupazione femminile), dequalificato, mal pagato (il 60% delle donne italiane non è retribuita adeguatamente), caratterizzato da part time involontari e contratti precari. Per la Cgil occorrono quindi un Piano straordinario, investimenti pubblici e una nuova Carta dei diritti di tutte e tutti. Serve, si legge nella piattaforma, aumentare i congedi parentali, la formazione obbligatoria dopo la maternità, riconoscere il lavoro di cura, garantire più asili nido e interventi a sostegno della non autosufficienza, nonché nuovi incentivi su politiche di condivisione e conciliazione.

Disuguaglianze nei luoghi di lavoro, ma anche nel welfare e nell’accesso ai servizi alla salute. Quest’ultima non è neutra: uomini e donne hanno diversa sensibilità alle patologie e rispondono in maniera diversa alle terapie. Per questo la Cgil propone una vera e propria strategia, dalla diffusione della medicina di genere al potenziamento dei consultori e all’esigibilità della 194, che va pienamente applicata.

Infine, le donne della Cgil, contro le molestie e le violenze nei luoghi di lavoro propongono una contrattazione di genere, con la formazione delle Rsu e di figure di riferimento. Ma per contrastare questi fenomeni occorre partire dalle scuole e ricostruire la cultura del rispetto reciproco.