Mentre annuncia un taglio sensazionale nella tassazione dei profitti, che dovrebbe scendere al 24 per cento (un bel record, per sbarazzarsi di ogni concorrente europeo: l’Albania, la Romania e la Bulgaria stiano in campana), il governo decide di abbattere la spesa sanitaria di ben 10 miliardi in tre anni. La rottamazione, come arte del governo, prende sempre più quota, coincide con un leader che, mentre fa dell’intrattenimento giocando a biliardino, per depistare le coscienze, incide sulla vita degli altri. E in modo pesante.

Nel 2014, quando il premier faceva divertire a reti unificate con i ritrovati del governo pop, il prelievo sull’impresa è calato di ben 10 punti. Cresciuta, ovviamente, è la tassazione sul lavoro. Farà anche simpatia, il politico dalla battuta sempre pronta e con la mania del tweet, ma è sempre più chiaro che il suo volto di nuovo statista ridens, e la sua manina ipertecnologica, nascondono un tocco di classe. Quello del capitale, della finanza, che hanno deciso che al lavoro e al pubblico spetta sopportare i costi della crisi.

La Confindustria ha lanciato immediati segni di giubilo per la scure che si è abbattuta contro il servizio sanitario nazionale. E subito, con il presidente Giorgio Squinzi, ha rilanciato l’idea di assicurazioni private per surrogare la dolce morte della sanità pubblica. Entusiasta per la caduta della spesa statale e regionale per ospedali, cura, medicina di base, la Confindustria annusa nuove opportunità di profitto. La bella proposta padronale è di accelerare senza remore il passo nella commercializzazione dei diritti. Il corpo è solo una merce, e come ogni altra merce non ha valore senza il denaro che è in grado di pagare in contanti, per meritare la cura.
 
Guai a coltivare la vetusta nozione di una medicina preventiva: le analisi vanno tagliate, per far quadrare i bilanci. E inutile è attardarsi a inseguire il valore della vita come pubblico interesse. I conti devono tornare e la ricetta va accordata solo in casi rari. E quindi niente diritti, chi vuole la cura di sé, si rivolga pure al mercato e paghi le imprese assicurative, pronte a stipulare contratti. Il lavoro continuerà a versare le stesse tasse, ma con quasi niente in cambio: la prestazione ospedaliera, l’accertamento diagnostico ciascuno se li deve comprare rivolgendosi alle agenzie del mercato.
 
Per il governo e per la Confindustria, che in ogni campo detta l’agenda della legislazione, la parola cittadino coperto da diritti universali va cancellata dal vocabolario. Ognuno deve indossare l’abito del consumatore, ed essere un cliente che solo con il denaro può accedere a una prestazione. Senza denaro da destinare a un’assicurazione che copre le spese sostenute, puoi anche crepare. Si fa commercio dei diritti, cioè si vende, secondo le asimmetrie del mercato, il corpo di ciascuno al riconoscimento della cura.
 
E proprio mentre il governo tagliava i fondi al servizio sanitario, in nome della lotta agli sprechi, il senato negava l’autorizzazione all’arresto dell’esponente del Nuovo Centrodestra Azzolini, accusato di una gigantesca condotta fraudolenta proprio nel campo sanitario e inchiodato alle sue responsabilità da intercettazioni inequivocabili. Ma, si sa, per il ceto politico amante del calcio balilla ci sono sprechi e sprechi.