BARCELLONA – Javier Pacheco è il segretario della federazione dell’industria di Comisiones Obreras (Ccoo) della Catalogna. Nato a Barcellona 46 anni fa, figlio di genitori provenienti dall’Estremadura, operaio della Nissan, Pacheco è stato eletto per la prima volta delegato sindacale nel 1997. Oggi è l’unico candidato alla segreteria generale del sindacato catalano, che celebrerà il suo congresso nei giorni 4, 5 e 6 aprile del 2017. Gli rivolgiamo alcune domande.

Rassegna  Perché ti sei presentato come candidato alle primarie di Ccoo della Catalogna?

Pacheco  Perché penso che sia il momento di fare un passo in avanti. La mia proposta, che è collettiva, rinnova l’impostazione del sindacato per adattarlo al mondo del lavoro di oggi. A questo rinnovamento di idee deve accompagnarsi un rinnovamento della direzione. E io, che sono alla fine del mio mandato come segretario dell’industria, penso di essere in condizione di guidare questo progetto.

Rassegna  La prima volta di un delegato di fabbrica alla guida del principale sindacato catalano…

Pacheco  Sì, ma noi, come sindacato di classe, non possiamo cadere nell’errore di cercare la legittimità a dirigere il sindacto a seconda del settore di provenienza. Può avere un valore romantico, ma noi siamo un’organizzazione che rappresenta l’insieme della classe lavoratrice.

Rassegna  Rivendichi la necessità della funzione sindacale. Per quale motivo?

Pacheco  Perché la destra e il neoliberismo vogliono rompere gli equilibri sociali che abbiamo costruito. La crisi è stata la messa in scena di questa volontà. Per far questo, però, il capitale ha bisogno di farla finita con le organizzazioni dei lavoratori e distruggere il quadro di resistenza sociale di cui è protagonista, nel nostro Paese come in altri, il movimento sindacale.

Rassegna  Ci sono riusciti?

Pacheco  No, non ci sono riusciti; ci hanno provato, indebolendoci con la riforma del mercato del lavoro, con la riduzione delle risorse per l’azione sindacale, con la delegittimazione. Ma non ci sono riusciti e l’organizzazione sindacale maggioritaria in questo Paese ha aumentato la sua capacità di rappresentanza del lavoro.

Rassegna  Tu dici anche che bisogna recuperare la dignità del valore sociale del lavoro. Come si fa?

Pacheco  Bisogna vincere sul terreno della narrazione, su cui oggi è vincente la politica neoliberista. Sono riusciti ad atomizzare la volontà delle lavoratrici e dei lavoratori, a individualizzare i loro progetti di vita e perciò hanno sbiadito l’identità delle persone, che era fondata sul lavoro. Hanno provato a rendere invisibile questa identità, per fare in modo che la gente non si riconosca più nell’appartenenza alla classe lavoratrice. Un’assenza d’identità che serve solo a produrre la paura. Ciò che noi dobbiamo fare, invece, è restituire alle persone identità, dobbiamo tornare a disputare al neoliberismo l’egemonia delle idee, che in questo momento stiamo perdendo. Per avere identità di classe servono strumenti in grado di reggere la sfida. Questi strumenti sono le organizzazioni sindacali: in questo senso dobbiamo rivendicare la nostra funzione.

Rassegna  Con quale mercato del lavoro si confronta il sindacato oggi?

Pacheco  Quello che non possiamo accettare è che la precarietà sia un’identità. Il mercato del lavoro è frammentato e l’economia destrutturata: questo definisce relazioni di lavoro molto più diffuse e difficili da organizzare. Con controparti che sono entità finanziarie e il capitale che vuole l’installazione della precarietà come modello delle condizioni di vita per continuare ad accumulare ricchezza. Dobbiamo lottare contro questa realtà, conseguire l’identità nella dignità del lavoro, non nella sua precarietà. Per questo dobbiamo essere referenti per tutte queste persone difficili da organizzare, per farle uscire dal limbo.

Rassegna  Come fa un sindacato a costruire un’alternativa di classe senza confondersi con i partiti?

Pacheco  Difendendo la sua autonomia. Ideale, istituzionale e di finanziamento. Mantenendo la sua organizazione principalmente con le quote dei suoi iscritti. Mi piace dire che noi siamo un soggetto politico, di classe, non di partito, ma di parte. Non siamo la cinghia di trasmissione di nessun partito politico, però siamo di parte, perché difendiamo gli interessi di una parte della società, difendiamo i diritti dei lavoratori.

Rassegna  Come si rafforza il profilo socio-politico del sindacato?

Pacheco  Cambiando la nostra politica di comunicazione, definendo le nostre priorità,  articolando la presenza nei luoghi di lavoro, tornando egemoni. Discutendo non solo le condizioni di lavoro, ma anche i diritti di cittadinanza, la salute, la scuola, le politiche di uguaglianza, trasferendo questo dibattito all’interno delle aziende.

Rassegna  In Catalogna, ma non solo, si parla molto di femminilizzazione della politica. Cosa vuol dire questo nel caso del sindacato?

Pacheco  Cambiare le modalità del lavoro. Abbiamo modalità di organizzazione in tutti gli ambiti che hanno un carattere patriarcale, fatta da uomini e per uomini. Dobbiamo impegnarci di più per rompere questa barriera. Abbiamo applicato la politica delle quote, ma non è sufficiente. Per arrivare alla parità reale occore anche cambiare metodi di lavoro. Significa guardare la politica con altri occhi, vogliamo avere uno sguardo complessivo sulla società, incorporando l’interpretazione femminile sulle regole di convivenza, per poter crescere come società.

Rassegna  Come si fa ad agire la concertazione se il primo ministro Mariano Rajoy conferma che non ha nessuna intenzione di derogare alle regole introdotte dalla riforma del mercato del lavoro?

Pacheco  La destra e il capitale non vogliono rinunciare ai vantaggi che hanno conseguito nel corso della crisi, bisogna spingerli a cambiare strada con la mobilitazione. Anche da questo punto di vista ha un senso rivendicare la nostra funzione sindacale, approfittando anche del fatto che il governo del Paese oggi è di minoranza. Tanto per cominciare, il 15 dicembre daremo assieme all’Ugt una prima risposta ai tanti, troppi limiti stabiliti dal governo Rajoy nei confronti del dialogo sociale, con mobilitazioni già convocate in tutte le città spagnole, mentre domenica 18 terremo una grande manifestazione nella sola Madrid. Il sindacato spagnolo passa all’offensiva.

Rassegna  Che cos’è il diritto a decidere per un sindacato dai forti connotati nazionalisti come quello catalano?

Pacheco  È la radicalità democratica di un popolo in un momento in cui si è manifestata la sua volontà di garantire la sovranità nazionale. E questo è sostenuto da più dell’80% del popolo catalano. Tutti sono d’accordo sul fatto che il modello autonomistico si è esaurito come articolazione statuale e, anzi, è retrocesso per la volontà ricentralizzatrice del governo del Pp. Il diritto a decidere vertebra questa radicalità democratica.

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