L’Antitrust ha comminato sanzioni pari a complessivi 14,5 milioni di euro per “pratiche commerciali aggressive” e per “le ripetute richieste di pagamenti di bollette non corrispondenti a consumi effettivi” a cinque grandi gruppi elettrici: Acea, Edison, Eni, Enel Energia ed Enel Servizio Elettrico. Ecco un esempio del comportamento collusivo nell’oligopolio elettrico, con buona pace delle lenzuolate di Bersani, che pensava di stimolare la concorrenza nell’energia, nelle banche e nelle assicurazioni.

Le grandi imprese private che operano nell’energia, nel credito e nelle assicurazioni, grazie a un incessante processo di concentrazione, stanno aumentando il loro potere di mercato, possono controllare i prezzi, sono poco propense a finanziare l’espansione degli investimenti nella ricerca e sviluppo e tendono a impiegare quote crescenti dei loro profitti nel settore finanziario. In più, esistono incroci azionari tra le imprese private che minano alla base la segretezza delle strategie e i principi della concorrenza.

La tendenza verso la concentrazione delle imprese, che si riducono di numero e in questo modo accrescono il loro potere di mercato, era stata studiata da Paolo Sylos Labini, che nel 1956 aveva pubblicato la teoria dell’oligopolio. In regime di oligopolio vi sono imprese dominanti price leader e market leader, che stabiliscono i prezzi applicando un margine sui costi e possono controllare l’offerta secondo le loro convenienze. Le grandi imprese price leader influenzano i comportamenti delle altre imprese che tenderanno a seguirne le decisioni secondo un meccanismo imitativo.

Per tali motivi, nei settori molto concentrati di carattere strategico – come il credito, le assicurazioni e l’energia –, accanto alle imprese private dovrebbero coesistere imprese pubbliche, le quali dovrebbero perseguire obiettivi diversi da quelli delle imprese private. Le imprese pubbliche, nel rispetto del pareggio di bilancio, dovrebbero avere come obiettivi prioritari quelli di spingere verso il basso i prezzi dell’energia e del denaro, di massimizzare le spese in ricerca e gli investimenti nell’innovazione e di garantire il credito alle famiglie e alle imprese specialmente durante una fase di crisi.

In tal modo, le grandi imprese pubbliche potrebbero condizionare gli equilibri tra le grandi imprese private, equilibri che spesso si basano su patti di pacifica coesistenza e di spartizione del mercato, e potrebbero influenzarne le politiche dei prezzi e le strategie di investimento, oltre ad assicurare una maggiore possibilità di scelta tra operatori di diversa natura. Certamente si pone il problema della corruzione e dell’indipendenza delle imprese pubbliche dai partiti politici: le imprese pubbliche dovrebbero rendere conto al Parlamento delle loro attività per assicurare la massima trasparenza e la massima partecipazione a tutti i cittadini italiani.