"Stamattina, presso il Tribunale penale di Bologna, si è concluso il primo grado di uno dei tre processi in corso legati ai decessi da amianto alle Officine grandi riparazioni di Bologna. In un'aula silenziosa, in cui erano presenti numerosi ex-lavoratori Ogr, i delegati Filt e l'associazione Afeva Emilia Romagna, il giudice Mazza ha sussurrato la sentenza che assolveva gli imputati Franco Cataoli e Eduardo Cardini, rispettivamente responsabili della Ogr di Bologna dal maggio 1975 al febbraio '76, e del Servizio materiale trazione dal 1980 all'87". Così l'Associazione familiari e vittime amianto Emilia Romagna.

"Si tratta di una sentenza per noi incomprensibile, basata sul comma 2 dell'articolo 530 del Cpp (nella sostanza, 'non ci sono elementi sufficienti per la condanna'), che ci lascia sbigottiti e arrabbiati di fronte all'evidenza dei fatti accaduti alle Officine nell'arco di trent'anni e oltre, delle testimonianze portate in sede processuale, delle attuali conoscenze epidemiologiche che hanno certificato la dimensione della strage, e delle conoscenze scientifiche di consenso che certificano la rilevanza di ogni esposizione nell'insorgenza delle malattie asbesto correlate, dell'aumento della probabilità di contrarre la malattia", prosegue l'associazione.

"Passa l'idea che i responsabili delle Officine potessero derogare dalla loro responsabilità con atteggiamenti superficiali, inerti, e piegandosi a un andazzo burocratico nel quale pavidamente si riteneva non ci fosse spazio per le decisioni necessarie alla tutela della salute dei lavoratori. Questi comportamenti andavano sanzionati e dovevano essere sanzionati nel processo. Se ciò non è avvenuto, si deve aprire una riflessione collettiva su cosa non ha funzionato nella dinamica processuale", continua Afeva.

"I familiari, i colleghi delle vittime dell'amianto, non cercano vendetta nei processi, ma verità e giustizia. Sono tutti i cittadini ad avere diritto a una verità che dev'essere storica, ma anche giudiziaria e processuale. Noi non ci rassegniamo, continueremo ad agire chiedendo verità e giustizia in tutte le sedi, incluse quelle giudiziarie. Inoltre, ci riserviamo di esaminare attentamente le motivazioni della sentenza di oggi, al fine di trarne le dovute conseguenze", concludono i familiari delle vittime.