Art. 24

Organizzazione dell’attività lavorativa mediante violenza, minaccia, intimidazione e sfruttamento.

  1. Dopo l’articolo 603 ter del codice penale viene inserito il seguente articolo:

«Articolo 603 quater.

Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque organizzi o utilizzi l’attività lavorativa mediante violenza, minaccia, intimidazione o sfruttamento è punito con la reclusione da tre ad otto anni e con la multa da mille a cinque mila euro per ciascun lavoratore occupato.

La pena è aumentata da un terzo alla metà se sono occupati lavoratori formalmente alle dipendenze di soggetti diversi ovvero stranieri irregolarmente presenti nel territorio italiano ovvero minori di anni sedici ovvero ancora negli altri casi indicati dall’art. 603 bis, comma 3, codice penale

Ai fini del primo comma costituisce indice di sfruttamento la sussistenza delle circostanze indicate dall’art. 603 bis, comma 2, codice penale. In caso di condanna per i delitti previsti da questo articolo operano le pene accessorie previste dall’art. 603 ter, codice penale»

 

Una tutela più efficace ed estesa contro ogni forma di sfruttamento del lavoro, a prescindere dalla presenza o meno di un “caporale” e quindi di intermediazione: questo è l’obiettivo dell’articolo 24 della Carta dei diritti universali del Lavoro, un articolo diverso dagli altri, come ha spiegato la professoressa Olivia Bonardi, docente di Diritto del Lavoro all'Università Statale di Milano ai microfoni di Radioarticolo1, per la 24esima puntatadella rubrica quotidiana "Una firma per il Lavoro", che analizza, articolo per articolo, la proposta di nuovo Statuto avanzata dalla Cgil.

 

“La particolarità sta nel fatto che questa disposizione introduce una modifica al codice penale molto importante – ha spiegato la giurista – andando a rivedere ed estendere il reato di caporalato (articolo 603 bis), introdotto nel 2011 dopo un’importante battaglia sindacale”. Quella norma infatti, pur rappresentando “una conquista storica”, presenta alcuni limiti che sono causa della sua “sostanziale inattuazione”.

La prima criticità è che la norma in vigore “sanziona solo lo sfruttamento avvenuto con intermediazione di un caporale – ha spiegato la professoressa Bonardi – il che rende necessario individuare e reprimere anche il caporale per accertare il reato. Inoltre, la norma è formulata in un modo che rende facile per i rei sottrarsi alla sanzione, perché richiede, insieme all’uso della violenza anche l’abuso dello stato di bisogno”.

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“La nuova norma contenuta nella Carta – ha proseguito Bonardi - introduce invece un articolo, il 603 quater, che allarga il reato allo sfruttamento dei lavoratori mediante violenza, minaccia o intimidazione, indipendentemente dalla presenza del caporale. Dunque – ha concluso la docente - qualunque datore di lavoro che ponga in essere un’attività di sfruttamento dei (violazione degli orari, delle misure di sicurezza, impiego minori, etc.) commette il reato. Viene meno anche la necessità di accertare che la persona si trovi in stato di bisogno, il che rende più facile l’intervento repressivo”.

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