Oggi pomeriggio, 9 marzo, la Carta dei diritti universali del lavoro ha fatto tappa a Napoli. Per la precisione, presso la sede locale del Monte dei Paschi di Siena, tra i lavoratori del credito delle filiali di Napoli, Caserta e Benevento, dove sono presenti circa 500 iscritti Fisac, sul migliaio di addetti sparsi tra le decine di filiali territoriali. Nadia Corradetti, segretaria della Fisac di Napoli, nella sua relazione introduttiva, ha ricordato lo stato di difficoltà del sistema bancario, la pessima situazione delle relazioni sindacali del settore, dove le diseguaglianze si vanno accentuando, visto che lo stipendio di un manager equivale a quello di 13.000 dipendenti. Presenti all’iniziativa anche Beppe Spadaro, numero uno della Cgil Campania, Alfredo Garzi, leader della Cgil Napoli, e Susi Esposito, segretaria generale della Fisac Campania, con Nadia Corradetti, segretaria della Fisac di Napoli, Sergio Verla, responsabile della Fisac di Caserta.

Nelle sue conclusioni, Susanna Camusso ha ricordato che “il primo obiettivo che ci proponiamo con la Carta si chiama riunificazione del mondo del lavoro, ampiamente diviso negli anni, cancellando l’ipocrisia che fa apparire la legislazione come una sottrazione dei diritti dei singoli. Un processo che avviene in due modi: voi lavoratori Mps, con contratto a tempo indeterminato, siete tutti tutelati dall’articolo 18, ma chi entra oggi, lo fa con una condizione differente. Sono persone che fanno il vostro stesso lavoro e hanno le stesse vostre caratteristiche, ma con la discriminazione di avere una condizione differente: sono licenziabili senza giusta causa. Frantumare il mondo del lavoro è stata una deliberata scelta degli ultimi governi. Il nostro torto è che tale processo in atto l’abbiamo visto troppo tardi: è stata una destrutturazione progressiva, sempre più consistente, giocata sulla riduzione dei costi. Ed è diventata invasiva nei processi lavorativi tradizionali”.

“Ci siamo chiesti, allora – ha proseguito la leader Cgil –, cosa deve fare un sindacato di fronte a un mondo del lavoro sempre più debole e disarticolato? In che modo la contrattazione può includere i lavoratori privi di diritti e tutele? Ma se non hai una cornice di riferimento diventa tutto complicato, abbiamo pensato. Da qui, l’idea della costruzione di una proposta di legge. I 97 articoli della Carta sono figli della scelta di non mettere altri ‘cerotti’ a un processo legislativo fatto di vent’anni di destrutturazioni. Se il mondo del lavoro lo segmenti, quei lavoratori non avranno più la forza di conquistare una condizione migliore. E troppo spesso anche le nostre discussioni riguardano una parte di noi e non l’insieme del mondo del lavoro. I giovani che entrano oggi nel mondo del lavoro sono altra cosa dai loro colleghi più anziani. Dunque, bisogna ripensare tutta la struttura. Non ci serve, però, tornare indietro, ricostruire un mondo che non c’è più. Noi non vogliamo questo, perchè dobbiamo includere. In quanto persone che lavorano, tutti devono avere gli stessi diritti. Perciò, riunifichiamo il mondo del lavoro per ripartire tutti assieme con gli stessi diritti”.

“Ma quali sono i diritti imprescindibili oggi? – si è chiesta la dirigente sindacale – Ad esempio, il diritto alla formazione, in un mondo del lavoro che cambia continuamente con l’utilizzo di nuove tecnologie. I lavoratori sono produttori di creazione, e quindi riconoscerne la professionalità attraverso l’equo compenso significa ridare dignità professionale alle persone. Tutto il contrario dei demansionamenti introdotti con il Jobs act. L’operazione della Carta punta a ricostruire il diritto del lavoro nel Paese, destrutturato su due versanti: sul valore dell’universalità della contrattazione e dal lato legislativo. Dobbiamo essere noi sindacato a rimettere insieme il diritto, perché abbiamo l’ambizione di rappresentare il mondo del lavoro nel suo complesso. Fino a poco tempo fa, i lavoratori del credito erano visti come dei lavoratori che stavano meglio, dal lato normativo e salariale. Oggi sappiamo che non è più così. Le loro condizioni di lavoro sono peggiorate drasticamente: la qualità del lavoro si è ridimensionata, al pari dei diritti, e questo diminuisce la dignità delle persone”.

“Diritti universali vuol dire che riguardano tutti indistintamente – ha proseguito la numero uno Cgil –. Dunque, compreso il pubblico impiego, dove la contrattazione è di fatto preclusa. Per ripartire, dobbiamo ricostruire il primato della contrattazione, per far sì che abbia un valore universale, con più attenzione ai lavoratori precari, a quelli in appalto per esempio, ricostruendo legami di solidarietà che sono venuti meno. Il che vuol dire rimettere in ordine il tema della rappresentanza, con al centro il contratto nazionale di lavoro. L’ultima parte della Carta riguarda le forme contrattuali, e anche lì un po’ di riordino va fatto: i voucher sono uno scandalo; noi pensiamo che quella forma di lavoro non debba proprio esserci, perché ‘immerge’ il lavoro anziché farlo emergere dall’illegalità”.

“Ci abbiamo messo quasi un anno ad elaborare la nostra proposta di legge, coinvolgendo tanti giuristi ed esperti – ha osservato ancora la sindacalista –. Ci obiettano: non c’è più il lavoro e voi pensate ai diritti. La risposta da dare è che c’è un tempo in cui bisogna tirare una riga e fare un bilancio. Le politiche fatte hanno dato dei risultati oppure no? Abbiamo tolto l’articolo 18, le rigidità contrattuali, e sono ormai vent’anni che si dice che l’intervento deregolatorio avrebbe dato degli straordinari risultati. Ma aver dequalificato il lavoro è parte della crisi, non delle ragioni della crisi. Oggi non siamo più in grado di competere, perchè non c’è più un intervento formativo all’altezza, ma solo uno svilimento, dettato dal ritorno alle forme più bieche di sfruttamento e c’è la logica imperante del risparmio sul costo del lavoro. Ritornare ai diritti del lavoro, significa dare anche una risposta all’occupazione, altrimenti è un’infinita rincorsa verso il basso. Ripartiamo da qui, cambiamo verso, sì, ma decidendo di cambiare politica, perché quella fatta di maggiori profitti e peggiori condizioni di lavoro non ha funzionato. Ripartiamo dal riconoscimento del valore del lavoro, inteso come ricchezza per il Paese”.

“La nostra è più di una vertenza – ha aggiunto l’esponente Cgil –. Perciò, ci vuole un grande coinvolgimento sulla nostra proposta. Da qui, il senso della consultazione straordinaria: mobilitiamoci tutti,  affinchè questa cosa si faccia. Rimettere al centro il valore del lavoro attraverso la riaffermazione dei diritti universali. Ma una legge d’iniziativa popolare, se non ha un sostegno più che adeguato, finisce nel cassetto. Costruire un livello di partecipazione è la logica conseguenza di un’organizzazione che ha quasi sei milioni di iscritti ed ha una straordinaria capacità di mobilitazione. Partendo dai luoghi di lavoro, vogliamo parlare al resto del mondo. E già che ci siamo - abbiamo pensato -, facciamo anche qualche quesito abrogativo di accompagnamento, perché il nostro obiettivo non è cancellare una norma o un pezzettino, ma cambiare la filosofia fondamentale del diritto. E qui il tema non è solo il Jobs act. Il tema della rappresentanza del lavoro dobbiamo esercitarlo noi, altrimenti sarà difficile immaginare una diversa condizione del lavoro e il mondo del lavoro sarà sempre più debole. Perciò, la scelta della consultazione straordinaria sulla Carta è una scelta collettiva di responsabilità, e indica che bisogna voltare pagina sulle iniziative da fare. È il momento di cambiare stagione, di avere una partecipazione diversa, riunificando un mondo del lavoro che, se si rimette assieme, può essere davvero punto di cambiamento nel Paese”.  

“La parola che sento pronunciare di più dal governo è licenziamenti – ha concluso il segretario generale Cgil –, applicata soprattutto al mondo del credito, assieme all’altro mantra, il posto fisso non c’è più. È questo il nuovo sistema bancario? Il nodo fondamentale è quello dei licenziamenti? Un messaggio due volte preoccupante, perché, da un lato, non si pensa all’enorme disoccupazione giovanile esistente, e, dall’altro, si dà il via libera ai peggiori istinti delle imprese. E quando vedo in giro qualche delegato sindacale licenziato, capisco che quel messaggio è arrivato in qualche modo. Per finire, sottolineo due cose: la prima, con quali regole della contrattazione andiamo avanti? Consideriamo archiviata la stagione degli accordi separati, e ci fa ben sperare la proposta unitaria sul nuovo modello contrattuale presentata con Cisl e Uil, dove anche l’Abi si è detta favorevole. La seconda, è l’altra battaglia da fare per cambiare la legge sulle pensioni. Anche qui, positiva è la piattaforma unitaria sulla previdenza, e presto daremo il via alla mobilitazione, perché la ‘Fornero’ non va bene, ed ha, fra le tante, un’ingiustizia in più: se dobbiamo stare tutti al lavoro fino a settant’anni, i giovani come e quando entreranno nel mondo del lavoro?”