“In Italia purtroppo, nonostante i miglioramenti degli ultimi anni, continuiamo a registrare il più alto numero di morti sul lavoro tra i paesi dell’Unione europea: nel 2010, al netto degli incidenti nel percorso casa-lavoro-casa (cosiddetti in itinere), in Italia sono state 718 le vittime, contro le 557 della Germania, 550 della Francia, 338 della Spagna". E' quanto sottolinea Franco Bettoni, presidente dell’Anmil, facendo riferimento alle notizie sui dati Eurostat, che hanno nuovamente sollevato la questione del confronto tra il fenomeno infortunistico in ambito europeo.

Un confronto che la stessa associazione aveva già presentato all’inizio del 2008 al Presidente della Repubblica e portato dunque all’attenzione dell’opinione pubblica. "Di certo - afferma Bettoni - tali cifre vanno lette anche in relazione al numero degli occupati e delle ore lavorate, con un’analisi che tenga conto allo stesso tempo della diversa struttura produttiva. Ma anche guardando a questi aspetti siamo ben lontani da quello che può essere per noi un punto di riferimento: in Germania il tasso di infortuni mortali, rispetto a 100.000 occupati, nel 2010 era pari allo 0,8, mentre in Italia all’1,6”.

“Situazione diversa, invece – prosegue il presidente dell’Anmil –, se si guarda agli incidenti non mortali per cui il numero più alto, sempre rispetto al 2010, si registra in Germania, con 930.447 casi, mentre sono 493.789 in Spagna, 437.821 in Italia e 358.205 in Francia. Numeri, però, che sono influenzati anche dalla regolarità dei rapporti di lavoro: nel nostro paese l’Inail stima siano circa 165.000 gli infortuni non denunciati, di cui sono vittima i lavoratori in nero, senza contare che l’appesantimento dei premi assicurativi, in caso di infortuni, è spesso causa di mancata denuncia di incidenti di minore gravità. Da noi, dunque, abbiamo un gravissimo problema di sottodenuncia degli infortuni con esiti meno gravi, altrimenti non si spiegherebbe, d’altra parte, la contraddizione evidente osservando gli altri paesi, al cui confronto abbiamo un numero sproporzionato di incidenti sul lavoro rispetto ai casi mortali”.

“Guardando invece all’anno appena trascorso, in Italia i dati sull’aumento della disoccupazione e delle ore di cassa integrazione diffusi nei giorni scorsi dalla Cgia di Mestre, letti insieme a quelli raccolti dalla Fillea Cgil sul calo dell’occupazione nel comparto dell’edilizia (uno dei più rischiosi in termini di sicurezza sul lavoro) – sottolinea ancora l’Anmil –, gettano ulteriore preoccupazione sui dati dichiarati lo scorso 19 novembre dal ministro Fornero rispetto agli incidenti sul lavoro: 850 morti e 750.000 infortuni, numeri che, a fronte del calo occupazionale, lasciano pensare a un rallentamento, se non addirittura a un’inversione di tendenza, del trend positivo registrato negli ultimi anni (nel 2010 erano stati 920 i morti e 725.000 gli infortuni”.

“Dunque, rivolgiamo ai candidati premier un forte appello – conclude Bettoni –, affinché i rispettivi programmi di governo prevedano impegni forti nelle politiche sulla sicurezza nei luoghi di lavoro e per la tutela delle vittime del lavoro, rispetto ai gravi problemi ancora sul tappeto, tra cui la mancata completa emanazione di tutti i provvedimenti di attuazione del Testo Unico a quattro anni dalla sua entrata in vigore; l’insoddisfacente coordinamento delle attività ispettive e di vigilanza sul territorio nazionale, per carenza di personale e per applicazione disomogenea della normativa di riferimento; la mancata previsione di norme di tutela ad hoc per alcuni settori molto importanti, come ad esempio i trasporti e l’agricoltura; l’inadeguatezza della normativa sull’assicurazione delle vittime del lavoro, regolata ancora da una normativa del 1965, che non può tenere conto dei cambiamenti sociali intervenuti in quasi cinquant’anni”.