Lavori fermi, cantieri chiusi, tutti i lavoratori a casa. E' questa la situazione a Roma per i dipendenti del Consorzio Metro C, il gruppo che dovrebbe, o avrebbe dovuto, completare la nuova linea metropolitana della capitale. I lavoratori, questa mattina (8 febbraio), sono scesi in piazza a Roma, nel campo base del cantiere di via Gordiani, per un'assemblea, una conferenza stampa e un presidio contro i licenziamenti.

Sono in effetti oltre 500 gli operai che sono rimasti a casa, a cui si aggiungono i 117 dipendenti del Consorzio che ora rischiano di perdere il posto di lavoro. Intanto i sindacati chiedono la convocazione di un tavolo con il prefetto Franco Gabrielli per parlare della situazione e, in caso di un rifiuto, hanno annunciano una manifestazione per il 15 febbraio sotto la prefettura.

I cantieri sono fermi dallo scorso 15 dicembre, Fillea, Filca, Feneal fanno sapere che il consorzio ha ormai ufficializzato la chiusura. La scorsa settimana, infatti, per tutti i lavoratori di Metro C, operai, amministrativi, progettisti, architetti e capi cantiere che ormai da quasi dieci anni lavorano alla grande opera romana, è stata aperta la procedura di licenziamento collettivo. Il contraente generale dell'opera sostiene che all'appello mancano oltre 200 milioni di euro di finanziamenti da parte di Comune e Roma Metropolitane. Se i debiti non verranno pagati, la chiusura dei cantieri e il licenziamento di tutti i dipendenti resta per il consorzio la strada più semplice. E il rischio è che non ci sarebbe nemmeno la possibilità di accedere ad ammortizzatori sociali come la cassa integrazione.

Secondo alcuni, però, si tratta esclusivamente di una strategia messa in atto per fare pressione sulle istituzioni locali. Non è infatti la prima volta che Metro C, Comune e Roma Metropolitane arrivano ai ferri corti. A dicembre, subito dopo l'annuncio della chiusura dei cantieri, il commissario straordinario Tronca aveva convocato un tavolo presso il ministero delle Infrastrutture e chiesto l'apertura di un confronto duraturo. Da parte sua, il ministero si era dichiarato disponibile. Sul tavolo, però, pesavano e pesano ancora i mancati pagamenti e il futuro di un'opera che non è stata ancora finanziata per intero. Un braccio di ferro insomma, in cui però a pagare per ora sono i lavoratori.