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ll pagamento delle spese fisse per la casa (imposte, affitti, mutuo, utenze) continua a gravare pesantemente sui bilanci delle famiglie italiane, costrette a utilizzare quote crescenti del proprio reddito per farvi fronte, con punte che, in alcuni territori, superano il 50%. È quanto emerge da uno studio sui costi dell’abitare realizzato dalla Cgil nazionale.
Secondo lo studio (qui in versione integrale in pdf) le spese dei nuclei che vivono in case di proprietà e hanno contratto un mutuo (circa il 70% di quelli che hanno acquistato un'abitazione negli ultimi anni) incidono mediamente sul reddito familiare dal 31,53 (Torino) al 47,46% (Napoli). Percentuali superiori al 40% si registrano a Roma, Bari e Palermo. Più leggero, seppur consistente, il peso su chi non ha crediti verso le banche: si va da un minimo dell’11,81% del capoluogo piemontese, a un massimo del 17,44% della città partenopea.
Analizzando la situazione delle famiglie che vivono in affitto, il quadro è ancora più drammatico. Se il contratto sottoscritto tra proprietario e inquilino è a canone concordato, le incidenze sui redditi familiari si attestano sul 25,66% a Genova e superano il 30% in tutti gli altri casi, raggiungendo il 38,43% a Roma e il 38,61% a Bari. Se invece il contratto è a canone libero, le percentuali salgono ulteriormente, con una forbice che va dal 30,12% del capoluogo ligure al 50,04% della capitale.
In generale, la Cgil ha recentemente stimato che per oltre 3 milioni di famiglie l'incidenza sul reddito delle spese legate alla casa supera il 40%, e va quindi oltre la soglia critica per la tenuta dei bilanci familiari. Un quadro che ha spinto la confederazione a denunciare l’iniquità dell’imposizione fiscale, che ricade maggiormente sui redditi più bassi e che non verrebbe intaccata dalle misure annunciate dal governo Renzi in merito all’abolizione di tutte le imposte sulla prima casa. Tale operazione, infatti, produrrebbe risparmi molto variabili per le famiglie, con il paradosso di favorire i possessori di case di maggior pregio e penalizzare gli affittuari.
Per questo la Cgil ribadisce la necessità di inserire la tassazione immobiliare in un piano più ampio e progressivo che riguardi i grandi patrimoni. Per tutelare i redditi più bassi di lavoratori e pensionati la tassa sulla prima casa deve essere abolita per chi possiede una sola abitazione con rendite catastali al di sotto di una certa soglia, ma per i proprietari di immobili di maggior pregio l'obbligo di versamento deve essere mantenuto.