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Pubblichiamo un estratto dal libro di Riccardo Valsecchi, Io viaggio verso est, un reportage nei Paesi dell'ex Unione Sovietica, tra le macerie del socialismo reale e un presente di sfruttamento e povertà.
Un ritaglio di giornale, l'angolo in basso a destra ingiallito dal tempo, l'impressione di un'epoca sfuggita alla logica della storia.
«Nessuna storia, solo realtà» stridula una voce invisibile nell'orecchio storno.
Marina era una meravigliosa ragazza madre di Bălţi, una ridente cittadina a nord di Chişinău, sulle rive del fiume Răut. Alta, formosa, bionda, occhi smeraldo, la sua vita era un'illusione di felicità. Quella sensazione di gioia semplice, povera che, anche di fronte alle difficoltà – un padre mai conosciuto, una figlia, Nadja, cresciuta con il solo aiuto della madre – trova la forza d'esistere nelle piccole soddisfazioni, nei fantastici sogni di principi azzurri, di castelli, di ricchezza e prosperità, sui quali, la sera, la giovane Marina intesseva favole per la figlia, anelandovi, sotto sotto, anche un po' per se stessa. Ma un giorno il sogno si scontra con la realtà e il mondo di cristallo della piccola famiglia di Bălţi si frantuma in mille schegge. Tutto cominciò quando la madre si ammalò gravemente. Marina è disperata, deve sostenere le ingenti spese per le cure dell'anziana donna e per l'educazione della figlia. Ha smesso di sperare per se stessa una vita migliore, desidera solo conservarne il desiderio per il futuro di sua figlia.
«Come è lecito che sia» le dice anche Galina, una donna così affabile che ha conosciuto nel parco, mentre aspettava la piccola Nadja che stava giocando con le amiche. Le stringe le mani dolcemente fra le sue, l'amica Galina, e, con un respiro caldo che le accarezza il volto, la rassicura: «Non preoccuparti, c'è sempre una soluzione a tutto».
Galina è straniera, viene da un Paese dell'Ovest, dove dirige un centro per anziani. Almeno così dice. Propone a Marina di seguirla: «Puoi guadagnare abbastanza per tua madre, per tua figlia, per te stessa… e se sei brava, mettere via anche qualche cosa».
Marina è sprovvista di documenti e, in Moldavia, avere il permesso di viaggiare costa: passaporto, visto, assicurazione sanitaria e, per ognuno di essi, una o più mazzette a seconda di quanti ufficiali bisogna corrompere. Galina le offre un prestito di 3000 dollari: «Siamo amiche, no?».
Dal primo giorno di lavoro, Marina capisce che non si tratta proprio di un centro per anziani. In un ospizio, per intenderci, le infermiere non girano senza le mutandine e con i seni fuori. Il lavoro della giovane e prosperosa moldava non è apprezzato. I clienti si lamentano della bella bionda che non sorride.
«Con tutto quello che ho fatto per te» sono le ultime parole dell'ex amica Galina prima di sbatterla in mezzo alla strada, sola, straniera con un debito di 3000 dollari da saldare "al più presto", le ha ricordato la maitresse.
Il destino, però, sotto sembianze femminili, le viene in soccorso ancora una volta. Conosce un'altra donna, la quale, impietosita, la invita a casa e le prepara una succulenta cena. Poi, al dessert, dopo qualche bicchiere di vino, le porge una domanda indiscreta: «Mi venderesti il tuo rene?».
Marina la guarda un po' stranita, non ha ben capito, è un po' stordita dall'alcool.
«Non mi guardare così» le ripete la donna «sono molto malata, ne ho assolutamente bisogno, altrimenti muoio. Te lo pagherò molto bene. In fondo che cosa te ne fai di due, no?».
Il ricordo della madre, della figlia sola, il desiderio di scappare da questo mondo e tornare nella sua povera felicità, la inducono ad accettare. E poi, perché no, perché non aiutare una persona che sta male?
Arriva il giorno dell'operazione. La giovane moldava si sdraia sul lettino della sala operatoria allestita in un'abitazione privata nel centro di una grande città, di quelle su cui aveva fantasticato guardando la televisione e che ora le sembrano così orribili e incivili. Attende l'effetto dell'anestetico fino al sopraggiungere del torpore, del sonno clinico. Chissà che cosa ha sognato la dolce Marina su quel lettino sottratto furtivamente a qualche ospedale? Un bacio alla figlia, l'abbraccio con l'anziana madre, il colore della sua povera terra, chissà. Non lo sapremo mai.
Il chirurgo osserva la meravigliosa creatura di fronte.
«Tutto questo ben di Dio» esclama eccitato «perché lasciarlo in questo corpo senza futuro?». E via con l'altro rene, poi il fegato, il cuore, i due polmoni, il pancreas, l'intestino «e la cornea? Ci facciamo pure la cornea?».
L'involucro vuoto del corpo abbandonato in una discarica fu tutto ciò che la polizia poté recuperare della povera Marina.