A due mesi e mezzo dal suo insediamento al vertice della Camera del Lavoro di Bologna, Maurizio Lunghi delinea un bilancio ragionato della contrattazione a Bologna. Si parte da quella difensiva. Non è, per lui, un argomento nuovo: per quattro anni è stato il responsabile della contrattazione per la segreteria confederale e nel corso della sua esperienza sindacale ha seguito situazioni difficili come la crisi aziendale della Fochi (da cui proveniva) o settoriali come la realtà dei trasporti bolognesi e i cambiamenti nel sistema degli appalti, dalle imprese (anche cooperative) che praticano il dumping sociale e contrattuale a quelle che, esternalizzando, provano a raggirare i contratti nazionali, a scomporre il ciclo, a dividere i lavoratori.

Lunghi pone quindi un’attenzione particolare alla necessità di un contrasto assoluto a ogni forma di illegalità e l’ossessiva sottolineatura come “primo obiettivo della contrattazione di secondo livello, quello di definire una cornice certa di diritti e tutele per tutti i lavoratori”. Passaggi obbligati, per il leader della Cgil bolognese, sono la capacità di ricomporre la filiera produttiva. E, soprattutto, “la necessità di puntare a una maggiore inclusività della contrattazione che, con accordi specifici con le committenze pubbliche e private, estenda la rappresentanza, impedisca il ricorso al massimo ribasso, tuteli l’occupazione, scoraggi gli effetti negativi delle esternalizzazioni”. Sono obiettivi ambiziosi ma, per il segretario, “si può provare a invertire la tendenza negativa”.

E cita un caso: il contratto con l'azienda del trasporto pubblica bolognese (Tper) dove 80 lavoratori, da un'azienda in appalto, sono stati reinternalizzati dall'azienda pubblica. Ci sono alcune leve fondamentali, per Lunghi, per dare sostanza a tali obiettivi. In primo luogo “l’integrazione tra azione rivendicativa e l’insieme degli ammortizzatori sociali, con particolare attenzione ai contratti di solidarietà”. Questo “specialmente nelle piccole e medie imprese, per meglio sostenere gli strumenti di cassa integrazione. Ma non escludendo interventi in aziende più grandi e titolate”. La priorità, in definitiva, è “evitare che imprese, anche simboliche del territorio bolognese, chiudano con conseguenze non recuperabili per la base occupazionale”.

Non mancano gli esempi, anche a questo riguardo, che dimostrano che anche questo “si può fare”. E’ in questa maniera che, per Lunghi, “si è evitata la chiusura o il ridimensionamento de La Perla, 700 dipendenti del settore tessile, della Mape (140 dipendenti) e della Kemet (700 dipendenti) entrambe metalmeccaniche, della Cantelli Rotoweb (80 dipendenti) nel settore grafico, della Tecnoform (150 dipendenti) e della Coop. Costruzioni (400 dipendenti) nel settore delle costruzioni, del Consorzio Agrario dell’Emilia (200 dipendenti) e dell’Alcisa nell’agroalimentare”.

E, anche in aziende, in cui la pratica della contrattazione è più recente, si pensi alla Feltrinelli, seguita dalla Filcams, i contratti di solidarietà sono serviti a salvare l'occupazione. Poi c'è una versione anche “espansiva” della solidarietà: l'autoriduzione degli orari per estendere tutele e certezze professionali a chi ne ha più bisogno. Un caso per tutti: all'Isola Verde, comparto erboristeria, anch'essa seguita dalla Filcams: settanta associati in partecipazione sono passati a tempo indeterminato grazie alla solidarietà di alcune decine di dipendenti che si sono ridotti l'orario.