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A maggio 2012 (ultimo dato disponibile) le insolvenze bancarie in capo alle imprese italiane hanno sfiorato gli 84 miliardi di euro (precisamente 83,691 miliardi). Rispetto all’inizio dell’estate 2011, periodo in cui la speculazione finanziaria ha iniziato ad “aggredire” il nostro Paese, le sofferenze sono aumentate del +13,8% (in termini assoluti pari a +10,1 miliardi di euro). Ne dà notizia la Cgia di Mestre dopo il monito lanciato dalla Banca centrale europea riguardo al rischio insolvenza delle imprese italiane.
“Probabilmente – sottolinea l’associazione veneta - questa situazione ha indotto moltissime banche italiane a ridurre progressivamente gli impieghi: infatti, sempre nello stesso periodo, l’erogazione dei prestiti è scesa del 2% (pari a -20,25 miliardi di euro), mentre l’inflazione è cresciuta del +3,1%”.
“La crescita delle sofferenze bancarie – dichiara Giuseppe Bortolussi segretario della Cgia - è la manifestazione più evidente della difficoltà del momento. La cronica mancanza di liquidità e il calo del fatturato sono tra le cause che hanno fatto esplodere l’insolvibilità. Inoltre – prosegue Bortolussi - in questi ultimi 5 anni di difficoltà economica si sono ulteriormente allungati i tempi di pagamento nei rapporti commerciali tra le imprese e tra le imprese e la pubblica amministrazione. Per questo ci appelliamo al Premier Monti – prosegue Bortolussi - affinché intervenga in tempi rapidissimi e recepisca la Direttiva europea contro i ritardi dei pagamenti. Dobbiamo mettere fine a questo malcostume tutto italiano che sta gettando sul lastrico tantissimi piccoli imprenditori che si trovano a corto di liquidità anche perché non riescono a recuperare i propri crediti”.
La Cgia segnala inoltre che, nonostante le due operazioni di rifinanziamento a lungo termine effettuate dalle Bce nel dicembre 2011 e nel febbraio di quest’anno, i prestiti bancari alle famiglie ed alle imprese italiane sono diminuiti complessivamente di 9,2 miliardi di euro, mentre l’acquisto dei titoli di Stato da parte dei nostri istituti di credito ha subito un vero e proprio boom: + 92,89 miliardi di euro. Insomma, buona parte dei prestiti giunti da Francoforte non è finita nei portafogli di famiglie ed imprese, ma sono stati investiti in Bot, Cct ed in Btp.
“Sia chiaro – conclude Bortolussi - ciò non vuol dire che questa tendenza rappresenta l’unica spiegazione della mancata concessione del credito al settore privato italiano. Tuttavia, si vuole porre l’accento sul fatto che, in una determinata situazione come quella che si è venuta a creare verso la fine del 2011, le banche italiane hanno preferito investire sul sicuro, anziché rischiare assieme soprattutto con le imprese. Tuttavia, se le banche italiane hanno acquistato i nostri titoli di Stato in maniera cosi massiccia, non possiamo disconoscere che ciò ha contribuito a immettere una forte dose di liquidità nel sistema salvando il Paese dalla bancarotta”.