“Non ci dormiamo la notte, siamo disposte a tutto: abbiamo lavorato onestamente per quasi 40 anni e ora non ci vogliono dare la pensione”. Sono letteralmente disperate, sono un gruppo di lavoratrici ex Perugina Nestlè che vive, come molti altri lavoratori in Italia, nel limbo degli esodati, senza reddito né prospettive per il futuro. A raccogliere è la Cgil dell'Umbria.

Queste donne hanno siglato, insieme ad altri 80 lavoratori, un accordo per l'uscita dall'attività produttiva il 18 maggio 2007. Si tratta di un accordo voluto dall'azienda, che prevedeva alcuni anni di mobilità e poi la collocazione in pensione, con i requisiti dell'epoca, ovvero 57 anni di età e 35 di contributi. Ma, prima la riforma Sacconi e poi quella Fornero hanno cambiato tutte le carte in tavola, con il risultato che ad oggi queste lavoratrici sono nella più totale incertezza e soprattutto, in diversi casi, già senza reddito da alcuni mesi.

Allo stato attuale, l'unica via d'uscita possibile per queste donne, sarebbe quella di optare per il regime speciale contributivo, rinunciando così però ad una cospicua quota di pensione, pari a circa il 30% dell'importo e accentando quindi di “sopravvivere” con pensioni da 7-800 euro. L'alternativa, sarebbe quella di aspettare i 66 o 67 anni di età, ma le donne in questione oggi non ne hanno ancora compiuti 60.

“Dopo tutti questi anni di lavoro in fabbrica, con sacrifici e sforzi enormi, ora siamo penalizzate in maniera incredibile, e vorrebbero ridurci ancora di più pensioni che sono già da fame – dicono le ex lavoratrici - Siamo disposte a tutto per avere quello che ci spetta”.

“E' una situazione grottesca e drammatica al tempo stesso – commenta Roberto Panico dell'Inca Cgil di Perugia – perché come al solito, con la fretta di legiferare per ragioni economiche, si sono lasciate fuori tutta una serie di casistiche importanti. Benché ci sia la disponibilità da parte dell'Inps ad affrontare il problema – prosegue Panico – ad oggi non ci sono strumenti normativi chiari che permettano di affrontare situazioni come queste che, purtroppo, i patronati si trovano ad affrontare quotidianamente”.

La Cgil e l'Inca, ritenendo insostenibile questa situazione, auspicano al più presto un intervento normativo che faccia chiarezza e offra risposte immediate alle lavoratrici e ai lavoratori che al momento “non sanno di che morte devono morire”. L'obiettivo è naturalmente quello di “trovare dei sistemi che riescano ad accompagnare alla pensione questi lavoratori”, e si tratta di un obiettivo “non più rinviabile”.