Sciopero oggi (venerdì 11 novembre) dei lavoratori della Mazal Global Solutions di Milano, società in amministrazione controllata con 128 licenziamenti in atto su un totale di 400 dipendenti. Si tratta di una tipica "storia italiana". La Mazal è la società di riscossione dei tributi nata sulle ceneri di Aipa SpA. Entrambe le società, che gestiscono i soldi dei contribuenti per conto dei Comuni, sono state interessate da provvedimenti giudiziari che hanno portato all’arresto, si legge in una nota di Filcams, Fisascat e Uiltucs, "prima del proprietario di Aipa e successivamente dell’A.U. di Mazal. Gli scandali nati nei mesi scorsi sono stati oggetto di diverse inchieste giornalistiche". 

Oggi la società è in amministrazione straordinaria e le lavoratrici ed i lavoratori stanno pagando un prezzo altissimo. Oltre ai licenziamenti, da registrare, denunciano i sindacati, reiterati ritardati pagamenti degli stipendi, la mancata erogazione di ulteriori spettanze (ticket restaurant e rateo della quattordicesima mensilità), nonché il mancato pagamento dello stipendio di ottobre.

Per i suddetti motivi, le lavoratrici e i lavoratori della sede di Milano scendono in sciopero oggi 11 novembre "per denunciare, ancora una volta, la grave situazione di sofferenza che non permette loro nemmeno di anticipare le spese necessarie per poter continuare ad erogare la prestazione lavorativa". I sindacati lamentano anche la mancanza assoluta di interesse da parte dei ministeri coinvolti: "Prima il ministero delle Finanze ha concesso la possibilità di operare alla neonata Mazal sulla base di un capitale sociale inesistente. Poi il ministero dello Sviluppo economico ha autorizzato l’amministrazione straordinaria, ma ancora oggi non svolge nessun ruolo attivo nel controllo della procedura che potrebbe, forse e con ben altro impegno, portare al recupero di parte dei soldi dei Comuni e soprattutto alla salvaguardia dei posti di lavoro".

Quanto al ministero del Lavoro, "non ha dato nessuna disponibilità alla salvaguardia dei posti di lavoro non concedendo la cassa integrazione in deroga, anche a causa dell’opposizione manifestata dallapProcedura riguardo alla possibile concessione della cassa integrazione in deroga su base regionale. Il suddetto strumento di tutela avrebbe potuto anche permettere di verificare l’esistenza di eventuali compratori che, a fronte di un piano di rilancio, avrebbero potuto salvare i posti di lavoro".

Per questi motivi, conclude la nota, "le lavoratrici e i lavoratori si sentono abbandonati dalle istituzioni che dovrebbero tutelare i loro diritti, rilevando inoltre l’assoluto disinteresse della politica su una questione che dovrebbe essere al centro della propria iniziativa, e cioè la gestione delle tasse e dei tributi.