In settimana Camera e Senato hanno dato il via libera alla risoluzione di Lega e 5 Stelle sul Documento di economia e finanza, un provvedimento “che va assolutamente nella direzione sbagliata. D'altra parte, come era stato redatto dal governo uscente così è uscito dalla risoluzione del Parlamento”. Questo il commento di Riccardo Sanna, coordinatore del dipartimento politiche di sviluppo della Cgil, ai microfoni di RadioArticolo1 nella puntata settimanale di Economisti erranti.

“Stupisce in effetti il tratto di continuità nonostante gli annunci – prosegue Sanna –. L'unica distinzione sta nella dichiarazione di voler individuare le misure utili a realizzare gli interventi prioritari per dare attuazione al famoso Contratto giallo-verde, ma di queste misure non c'è traccia”.

 

Sanna individua “una oggettiva presa in carico di responsabilità sul disinnesco delle clausole di salvaguardia, ma ce l'aspettavamo ed è anche questo in grande continuità col governo precedente, non si parla di rivederle, ma semplicemente di sterilizzarle, quindi di impedire gli aumenti dell'Iva e delle accise, esattamente come previsto, e in più c'è una chiara dichiarazione di rispetto degli impegni europei sui saldi dei conti pubblici per il triennio che verrà, quindi pure ricalcolandoli e riconsiderandoli stiamo dentro una linea di contenimento, una linea di austerità leggera”.

Quello che emerge con chiarezza dalle parole del ministro dell’Economia Tria è che la fine della crisi non è così vicina, anzi gli indicatori economici sembrano peggiorare: “Tutto il primo trimestre del 2018 ci dice che i segnali di rallentamento dell'economia italiana sono fortissimi – conferma Sanna –, di nuovo siamo in coda alla pur contenuta ma evidente crescita europea. Oltre a rallentare la variazione del Prodotto interno lordo, ad avere consumi stagnanti, ad avere produzione, fatturato e ordinativi in calo abbiamo purtroppo una forte prevalenza di contratti a termine, una bassa qualità del lavoro che si crea e un tasso di disoccupazione ancora altissimo che è difficile con questo quadro di finanza pubblica ridurre drasticamente. Peggiora anche l'indice di fiducia di famiglie e imprese. Le istituzioni nazionali e internazionali, oltre che la Cgil e le altre parti sociali, avevano espresso tutte le loro perplessità sulle previsioni ottimistiche del governo uscente. Con la risoluzione del 21 giugno anche il governo Conte sembra prendere in carico quella analisi e quelle previsioni”.

Tria ha detto in aula che non si può fare più debito pubblico, anzi che occorre contenerlo. Per Sanna “l'approccio che intende stabilire il nuovo ministro è quello di contenere il debito dal lato della crescita, e questa è una cosa positiva. Però la prima cosa che ha inteso fare è tranquillizzare le istituzioni europee. Tria è un ministro molto più europeista di quanto ci si aspettasse. D'altra parte la stessa formazione del governo, altrimenti disattesa, non sarebbe potuta avvenire se non ci fosse stata evidentemente una presa in carico degli impegni e in primis quelli legati al fiscal compact, cioè quelli che stabiliscono la formazione continua di avanzi primari crescenti, ossia tagli alla spesa e aumento delle imposte, che comprimono tutti gli spazi di crescita, allo stesso tempo però portano a quell'obiettivo di riduzione del debito al 2021 attorno al 122-120%”.

“Non mi sembra – aggiunge Sanna – che ci sia discontinuità, capisco che è necessario tranquillizzare i mercati perché già lo spread ci fa pagare tassi e interessi più alti e questi andranno contabilizzati. Ricordo che la stessa Commissione europea ha già stimato un peggioramento nella discesa del nostro debito pubblico in rapporto al Pil e chiede una manovra di aggiustamento, ancora la attende, pari a circa tre decimali di Pil, solo quest'anno sono 4-5 miliardi”.

Quanto alla temuta flat tax, l’economista della Cgil ricorda “che l'introduzione per le persone o per le imprese è la stessa cosa di una imposta piatta: produce sempre iniquità, ingiustizie, regressione e anche un po' di recessione, anche un po' di peggioramento dell'economia. Va ricordato che negli ultimi quattro anni le imprese hanno beneficiato di circa 55 miliardi di euro di incentivo e agevolazione e abbassamento delle tasse, di cui in termini strutturali, cioè per sempre, circa 12 miliardi. La famosa flat tax per imprese in pratica già esiste – conclude Sanna –, perché è stata abbattuta l'Ires e anche l'Irap già negli anni precedenti, quindi in questo senso speriamo che non lo facciano mai, speriamo che proprio i vincoli di bilancio impediscano una ulteriore ingiustizia”.